Il Comitato Nazionale per la Bioetica, con il parere del 9 dicembre 2021, ha trattato il problema dell’accertamento della morte secondo il criterio cardiocircolatorio e della “donazione controllata” degli organi, valutandone gli aspetti etici più rilevanti come il rispetto della dignità del morente, la partecipazione al dolore dei familiari, il rispetto del corpo del defunto e la solidarietà verso le persone gravemente malate in attesa di trapianto.
Comitato Nazionale per la Bioetica – Parere: “Accertamento della morte secondo il criterio cardiocircolatorio e “donazione controllata”: aspetti etici e giuridici”
Anno 2021
Il Comitato ha ricostruito la normativa vigente in materia, in particolare la legge n. 91/1999, la quale prevede che la volontà alla donazione vada manifestata dal soggetto, in un momento antecedente alla perdita di coscienza, oppure possa essere negata dai familiari nel momento della morte, valendo in questo caso il criterio del silenzio-assenso.
Dal punto di vista medico, la morte si ha unicamente con la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo e i criteri clinicamente validi per l’accertamento dell’avvenuta morte sono quello neurologico e quello cardiocircolatorio. Il criterio cardiocircolatorio consiste nell’osservare assenza completa di battito cardiaco e circolazione sanguigna per un determinato periodo di tempo perché si abbia completa perdita delle funzioni encefaliche; dopo questo accertamento la donazione può avvenire in modalità “non controllata” o “inattesa” oppure in modalità “controllata” o “attesa”. Quest’ultima modalità riguarda i pazienti che muoiono in strutture di terapia intensiva a seguito della sospensione dei trattamenti di sostegno vitale.
La regola fondamentale per considerare legittima una donazione di organi è quella per cui il donatore deve essere dichiarato morto prima del prelievo degli organi (dead donor rule) e per cui la morte deve essere accertata con criteri validati scientificamente.
Per praticare la donazione controllata, è necessario inoltre eseguire alcune procedure prima della morte per preservare la funzionalità degli organi e prepararli alla donazione; questi interventi devono essere realizzati in modo prudente e proporzionato, per non causare sofferenza aggiuntiva al morente e non ledere la sua dignità.
Per rendere il minore possibile il rischio di danno agli organi, è importante stabilire un tempo adeguato per l’accertamento della morte del paziente: il nostro Paese, molto garantista, prevede l’effettuazione di un elettrocardiogramma privo di attività cardiaca per 20 minuti per accertare la perdita irreversibile delle funzioni dell’encefalo. Il termine previsto appare molto adatto ad assicurare la certezza della morte, tenendo conto del fatto che la scienza permette di preservare a lungo la funzionalità degli organi anche attraverso una perfusione successiva. Dopo la morte, infatti, avviene una procedura di perfusione e depurazione del sangue in circolazione extra-corporea in situ, quindi all’interno del cadavere.
Il CNB ritiene fondamentale che su tutto il territorio nazionale sia applicato omogeneamente un unico modello operativo, che garantisca, tra le altre cose, l’esclusione di conflitti di interesse attraverso la separazione totale tra le equipe delle varie fasi del processo di accertamento e prelievo.
Fondamentale, dal punto di vista etico, si rivela anche l’informazione e la comunicazione con la famiglia che deve avvenire con calma e attenzione alla delicatezza della situazione, in un momento separato rispetto alla decisione riguardo la sospensione dei trattamenti di sostegno vitale. L’informazione trasparente è importante anche nei confronti della collettività di cittadini, per evitare gli errori che ostacolano la donazione.
Il testo del parere è disponibile nel box download e a questo link.