Il 20 giugno 2024 il Comitato Nazionale per la Bioetica ha adottato un parere, pubblicato il 1 luglio, in cui ha inteso rispondere ad un quesito sottopostogli dal Comitato etico della Regione Umbria in merito ai criteri da utilizzare per distinguere un trattamento di sostegno vitale (TSV) da un trattamento sanitario ordinario ai fini della corretta applicazione della sent. n. 242/2019 della Corte costituzionale.
Comitato Nazionale per la Bioetica – Risposta al quesito del Comitato etico della Regione Umbria in merito alla corretta individuazione di un trattamento di sostegno vitale (TSV)
Anno 2024
Il parere nasce dal quesito posto dal Comitato etico della Regione Umbria (CER Umbria) in merito alla definizione di “trattamenti di sostegno vitale (TSV)” quale requisito necessario per applicare la procedura medicalizzata di assistenza al suicidio individuata dalla sent. n. 242/2019 della Corte costituzionale.
In particolare, viene chiesto un parere «circa i criteri da utilizzare per distinguere tra ciò che è un trattamento sanitario ordinario e ciò che debba essere considerato un trattamento sanitario di sostegno vitale, per permettere ai comitati etici territoriali la corretta applicazione in concreto dei dettami previsti dalla sentenza della Corte costituzionale n. 242/2019 e per permettere ai pazienti di avere riferimenti circa la congruenza delle istanze da inoltrare».
Il documento, approvato con 24 voti favorevoli, 4 contrari e 4 astenuti, si compone di una posizione di maggioranza, una posizione di minoranza e una dichiarazione di non partecipazione al voto a firma di un componente.
Nei paragrafi iniziali («Premessa» e «Considerazioni di carattere generale a partire dalla sentenza della Corte costituzionale») il CNB ricorda come la sentenza della Corte costituzionale n. 242/2019, nell’individuare una ristretta area di non punibilità dell’art. 580 c.p. nei casi di condotte di assistenza al suicidio, abbia richiesto la presenza contestuale di quattro requisiti sostanziali (oltre ad altri di natura procedurale), tra cui il fatto che il paziente richiedente la procedura in questione sia tenuto in vita da un trattamento di sostegno vitale.
Fa notare il CNB come, tuttavia, la Corte costituzionale non abbia dato, né nell’ordinanza n. 207/2018 né nella sentenza n. 242/2019, una definizione analitica e sistematica dei TSV e ad oggi non si trova nell’ordinamento giuridico una definizione di ciò che debba essere considerato con questa locuzione.
Pertanto, nel paragrafo successivo (“Considerazioni cliniche”), il CNB sottolinea l’importanza di fornire un criterio interpretativo che permetta di distinguere, prescindendo da mere elencazioni, tra le terapie di sostegno vitale e quelle ordinarie.
A tal fine, pertanto, individua tre criteri (pag. 8):
- «Finalità: i TSV sono indirizzati alla risposta a condizioni che mettono a rischio la vita, in un arco di tempo breve o addirittura brevissimo (quando si tratta non di un semplice “sostegno”, ma di una vera e propria “sostituzione” di una funzione vitale che l’organismo è ormai del tutto incapace di assicurare autonomamente).
- Intensità: i TSV impiegano spesso tecnologie avanzate e procedure specialistiche, e possono implicare una forte invasività e continuità nel tempo. Non vanno confusi con un trattamento o un farmaco salvavita (per esempio l’adrenalina per lo shock anafilattico).
- Sospensione: la sospensione di un TSV provoca conseguenze fatali immediate o comunque rapide, in relazione al tipo di trattamento e alle condizioni cliniche del paziente.»
Ciò premesso, il CNB fa presente le diverse posizioni dei suoi componenti in merito a tale definizione.
Per una posizione di maggioranza (19 componenti), il concetto di TSV deve essere applicato a quei trattamenti che non si limitano ad un semplice sostegno, ma costituiscono una vera e propria sostituzione di funzioni vitali; ciò implica che la morte del paziente, a seguito della loro sospensione, conseguirebbe in tempi molto brevi.
Altri (cinque) pensano che il "sostegno" possa avvenire anche tramite piani di assistenza complessi e che l’impatto sull’individuo e la sua percezione personale siano rilevanti.
Successivamente, viene fatta presente la posizione di minoranza (a firma di 7 componenti nonché anche di 4 componenti di diritto del CNB) la quale, discostandosi completamente da quella espressa dalla maggioranza, sottolinea come la questione relativa ai TSV all’interno di tale dibattito inaugurato dagli interventi della Corte costituzionale, non deve essere incentrata su una astratta categorizzazione medica delle tipologie di trattamento quanto sulla soggettività del paziente e questo «[...] sia riguardo alla tollerabilità del trattamento stesso sia rispetto a quanto la dipendenza da eventuali sostegni vitali entrasse in conflitto con la sua concezione della dignità del morire» (pag. 16 par. 4).
Sulla base di tale considerazione, si afferma, pertanto, richiamando il Parere del 2019 dello stesso CNB, che «la presenza di un trattamento di sostegno vitale è considerata una condizione aggiuntiva solo eventuale; ritenerla necessaria, infatti, creerebbe una discriminazione irragionevole e incostituzionale (ai sensi dell’art. 3 della Costituzione) fra quanti sono mantenuti in vita artificialmente e quanti, pur affetti da patologia anche gravissima e con forti sofferenze, non lo sono o non lo sono ancora. Si imporrebbe, inoltre, a questi ultimi di accettare un trattamento anche molto invasivo, come nutrizione e idratazione artificiali o ventilazione meccanica, al solo scopo di poter richiedere l’assistenza al suicidio, prospettando in questo modo un trattamento sanitario obbligatorio senza alcun motivo ragionevole».
Il documento si conclude con la dichiarazione di un componente di non partecipazione al voto.
Il testo del documento è disponibile nel box download e a questo link.
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