Nel corso del 2023 veniva presentata in Danimarca una proposta di legge ad iniziativa popolare “Legalisering af aktiv dødshjælp” (Legalizzazione dell’eutanasia attiva) che ha riscosso molto successo, raccogliendo 50.000 firme. A seguito della stessa, dunque, il Parlamento danese ha invitato il Consiglio etico nazionale a prendere posizione su tale tema rilasciando un parere da utilizzare nelle future discussioni del Parlamento sulla proposta dei cittadini.
Danimarca – Det Etiske Råd (Consiglio nazionale etico danese) – il Consiglio prende posizione sulla possibilità di legalizzare l’eutanasia
Anno 2023
Nello strutturare il parere, il Consiglio prende in considerazione le più significative argomentazioni a favore e contro l’eutanasia, analizzando poi comparativamente due modelli – l’Oregon e l’Olanda.
Dopo una breve introduzione sul metodo di lavoro utilizzato, nella prima sezione il Consiglio esprime subito la sua posizione sul tema. Si afferma che nel dibattito generale non sono infrequenti gli esempi di pazienti che descrivono la propria vita come sofferente e senza speranza e che appaiono lucidi e ben ponderati. La realtà, però, è costituita anche da un gran numero di casi limite, in cui la sofferenza e la capacità di prendere decisioni sono difficilmente determinabili con precisione e possono variare anche nel tempo. Se si vuole consentire l’eutanasia, è necessaria una normativa che non solo possa occuparsi di casi così chiari e inequivocabili, ma anche di molti casi più limite e che riesca a proteggere tutti i cittadini senza eccezioni.
Ciò premesso, nella raccomandazione n. 1, la maggior parte dei membri del Consiglio raccomanda che l’eutanasia non venga legalizzata in Danimarca in quanto ritiene impossibile sviluppare una normativa capace di funzionare adeguatamente e di tutelare i “casi limite”. Secondo gli stessi, la nazionalizzazione dell’eutanasia rischia di mettere a repentaglio il principio secondo cui abbiamo lo stesso diritto al rispetto e alla dignità indipendentemente da quanto soffriamo e da quanto alta sia valutata la qualità della vita. Se offriamo l’eutanasia, ciò significa, direttamente o indirettamente, che alcune vite non valgono la pena di essere vissute.
Nella raccomandazione n. 2, un solo membro del Consiglio esprime una posizione differente, dicendosi convinto che in linea di principio potrebbe essere possibile stabilire una regolamentazione adeguata dell'eutanasia e pertanto raccomanda che venga avviata un'indagine approfondita al fine di indagarne la necessità e se è possibile istituire un sistema che possa funzionare adeguatamente tenendo conto sia dei valori sociali fondamentali sia del diritto all'autodeterminazione per le persone che, secondo loro, vivono una vita di sofferenza insopportabile e desiderano una fine dignitosa.
In un’altra raccomandazione, infine, si sottolinea la necessità di intervenire sul Codice penale in modo che l'omicidio su richiesta (§ 239) e il favoreggiamento al suicidio (§ 240), a determinate condizioni specifiche, possa essere effettuato senza penalità.
Sulla scia di queste raccomandazioni, congiuntamente si sottolineano tre questioni:
- A prescindere dalle diverse posizioni sull’eutanasia, bisogna intervenire per garantire il giusto supporto vitaleai soggetti con bisogni difficili;
- I pazienti non devono essere mantenuti in vita con trattamenti di sostegno eccessivamente prolungati e che non facciano altro che prolungare la sofferenza;
- Il dibattito sull’eutanasia è fortemente condizionato da due deficit, ovvero la mancanza adeguata di cure palliative e la mancata conoscenza della possibilità di accesso alle stesse.
Oltre a presentare le sue raccomandazioni, il Consiglio ha posto cinque questioni che dovrebbero, a suo parere, essere presenti in un futuro tentativo di discussione per giungere alla normazione dell’eutanasia:
- Aiuto al suicidio o eutanasia?
- Tale possibilità dovrebbe essere offerta solo a coloro che stanno morendo o anche a coloro che non stanno morendo?
- Dovrebbe essere offerto a coloro che soffrono di malattie somatiche e/o a quelli che soffrono di malattie mentali?
- L’eutanasia dovrebbe essere praticata dai medici e dalla sanità?
- Quali conseguenze avrà l’esistenza dell’eutanasia sulla valutazione della qualità della vita?
Nelle sezioni successive, il Consiglio spiega cosa si intende per eutanasia e l’utilizzo del linguaggio ad essa connesso, riepiloga la situazione giuridica danese, passando poi al confronto tra due esperienze straniere, l’Oregon e l’Olanda.
Il motivo per cui il Consiglio ritiene importante rapportarsi concretamente ai diversi modelli di altri Paesi è perché non si possono realmente comprendere le conseguenze della legalizzazione dell'eutanasia senza specificare di quale modello si sta parlando.
Pertanto, il Consiglio dimostra che nei Paesi Bassi, che consentono l’eutanasia e non prevedono alcuna malattia terminale, il numero di persone che muoiono attraverso la morte assistita è 10 volte maggiore rispetto all’Oregon, che consente solo il suicidio assistito e richiede la malattia terminale. Differenze appaiono, ad esempio, anche nella questione su cosa spinge le persone a desiderare l'eutanasia nei diversi modelli. In Oregon, il motivo dominante è la paura di perdere qualità di vita e indipendenza alla fine della vita. Nei Paesi Bassi, la sofferenza senza speranza di guarigione è il motivo principale.
Dopo tale analisi, tuttavia, i membri del Consiglio Etico non si schierano né a favore dell’uno né dell’altro modello, ritenendo che entrambi non siano sufficientemente chiari nelle loro delineazioni, equi nelle loro giustificazioni per l'accesso, o validi in termini di meccanismi di controllo.
Infine, le ultime due sezioni sono dedicate all’enunciazione delle argomentazioni, etiche e politiche, a favore e contro l’eutanasia.
Il parere è disponibile al seguente link e nel box download in versione originale.
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