Il Report, stilato sulla base dei dati raccolti nel 2020 da EpiPulse (portale europeo per la sorveglianza delle malattie infettive), si pone l’obiettivo di mappare le c.d. healthcare-associated infections (HAI) contratte durante il ricovero presso i reparti di terapia intensiva al fine di comprenderne le cause e adottare strategie volte a ridurne la diffusione.
European Center for Disease Prevention and Control – Healthcare-associated infections acquired in ICU
Anno 2024
L'European Center for Disease Prevention and Control ha pubblicato nel mese di marzo 2024 il Report "Healtcare-associated infections acquired in ICU", con lo scopo di divulgare i dati sulle healthcare-associated infections (HAI) contratte durante il ricovero presso i reparti di terapia intensiva. Alla raccolta dei dati svoltasi nell’anno 2020, hanno collaborato 10 networks provenienti da 9 stati (Austria, Estonia, Francia, Germania, Ungheria, Italia, Lituania, Portogallo e Spagna) per un totale di 1058 ospedali e 1378 unità di terapia intensiva coinvolte. E' bene notare come siano stati considerati solamente i dati provenienti da pazienti ricoverati presso un reparto di terapia intensiva per almeno due giorni.
I dati sono stati raccolti secondo due diversi ordini di protocolli alternativi tra loro: il c.d. patient-based (“standard”) protocol, secondo il quale è necessario raccogliere le informazioni provenienti da ciascun paziente indipendentemente dalla contrazione di una eventuale infezione e tiene in considerazione anche i fattori personali di rischio; e il c.d. unit-based (“light”) protocol secondo il quale vengono raccolti solamente i dati del paziente che abbia contratto una HAI senza tuttavia considerare i ricoveri totali. Va sottolineato come quasi la totalità dei paesi (eccezion fatta per la Germania) abbia optato per l’adozione del c.d. protocollo standard il quale, grazie alla maggior precisione, permette di svolgere più accurate valutazioni circa le modalità di prevenzione e diffusione delle infezioni.
Ciò che emerge dall’analisi è che di 87513 pazienti ricoverati in ICU per più di due giorni, 11124 di questi (12.7%) hanno sviluppato almeno una HAI oggetto di indagine (polmonite, infezione al sangue, o infezione alle vie urinarie). L’8% ha sviluppato una polmonite, il 6% una BSI e il 3% una infezione urinaria. La maggior parte delle infezioni è correlata all’utilizzo di dispositivi medici invasivi quali, a titolo di esempio, l’accesso venoso centrale, il catetere urinario o il tubo endotracheale.
La totalità delle infezioni di cui sopra è stato trattato con antibiotici. Tuttavia, dallo stesso emerge come l’uso di antibiotici sia stato “empirico” (senza sapere il preciso batterio o fungo causa dell’infezione) per il 51% dei DOTs (giorni di terapia), “diretto” (conoscendo lo specifico agente causa dell’infezione) per il 37% dei DOTs e in via di profilassi nel 10% dei DOTs. L’uso diffuso degli antibiotici utili a combattere le HAI incrementa notevolmente il rischio di c.d. antibiotico-resistenza. Si è infatti potuto notare come il 14% delle infezioni da Staphylococcus aureus fossero resistenti all’oxacillin e come il 16% delle infezioni da Enterococcus spp fossero resistenti ai glicopeptidi. Lo studio ha permesso di mappare anche la resistenza dei batteri alle cefalosorine di terza generazione e alla classe antibiotica dei carbapenemici.
Al presente link potete trovare la pagina web dedicata.
Nel box download il report completo