La Corte costituzionale austriaca (VfGH), con sentenza dell’8 marzo 2016 - E 1477/2015, ha dichiarato che la mancata autorizzazione alla costituzione di un’associazione non rappresenta violazione di diritti costituzionalmente garantiti laddove lo scopo della stessa costituisca una condotta penalmente sanzionata.
Austria - Verfassungsgerichtshof - sent. 8 marzo 2016: la mancata autorizzazione per la costituzione di un’associazione di aiuto al suicidio non rappresenta violazione di diritti costituzionalmente garantiti
8 marzo 2016
La vicenda de qua trae origine dalla richiesta di autorizzazione alla costituzione dell’associazione “Letzte Hilfe - Verein für selbstbestimmtes Sterben” – “Ultimo aiuto - Associazione per l’autodeterminazione nella morte”, presentata all’organo competente in Vienna, il quale - letto lo statuto, ove risulta lo scopo di prestare, nel caso sussistano determinati requisiti, sostegno ed aiuto al suicidio ai propri membri - chiedeva su tale punto parere del Ministero della Giustizia. Quest’ultimo sollevava dei dubbi di legittimità in merito alle condotte previste nello statuto dell’associazione ed in particolare con riferimento alla violazione del § 78 Strafgesetzbuch (StGB, Codice Penale) - rubricato “aiuto al suicidio”. Sulla base di tale parere e dopo aver invano invitato la costituenda associazione ad una modifica dello statuto, l’organo respingeva la richiesta presentata e, successivamente, il Tribunale amministrativo rigettava il ricorso presentato dalla “Letzte Hilfe”, che ricorreva dunque al VfGH.
La Corte, nella propria decisione, richiama il § 12 della legge in materia di associazioni (2002), il quale - con rinvio alla riserva di legge di cui all’art. 11 comma 2 della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo - statuisce l’obbligo di diniego dell’autorizzazione alla costituzione di un’associazione, qualora questa sia contraria alla legge per quanto concerne lo scopo, la denominazione o l’organizzazione. Un tale diniego costituisce, tuttavia, una limitazione della libertà di associazione, motivo per cui esso viene ammesso soltanto laddove sia necessario al conseguimento degli scopi ex art. 11 comma 2 CEDU e spetta al VfGH verificarne la conformità al suddetto § 12.
Al fine di meglio qualificare lo scopo dell’associazione de qua in relazione al § 78 StGB, la Corte ritiene necessario ripercorrere le valutazioni del Tribunale amministrativo, verificando l’interpretazione data a quanto previsto nello statuto ed in particolare all’inquadramento delle condotte ivi descritte alla luce del divieto di aiuto al suicidio sancito dal § 78 StGB. Il ricorrente, precisa la Corte, non contestava quanto così dedotto né forniva chiarimenti sulle condotte previste - che avrebbe potuto definire come “socialmente” adeguate - né si adoperava alla modifica dello statuto. La Corte conclude quindi qualificando lo scopo dell’associazione di assistenza al suicidio come fattispecie integrante il reato di cui al § 78 StGB.
Ancora, nel valutare la gravità di un reato e nel commisurare la pena inflitta nel caso in cui venga commesso, la Corte riconosce in capo al legislatore un’ampia discrezionalità di valutazione politica e, nel caso di specie, di tale discrezionalità non si è abusato. Quanto disciplinato al § 78, inoltre, non viola né il rispetto della vita privata (art. 8 CEDU) né il divieto di discriminazione (art. 14 CEDU). Nemmeno la Corte europea dei Diritti dell’Uomo, nel caso Pretty, ha espresso perplessità circa il divieto generale di assistenza al suicidio; un’eventuale limitazione di tale divieto spetterebbe in primo luogo agli stessi Paesi membri, e ciò rappresenta un altro argomento a favore della discrezionalità politica del legislatore nazionale.
In conclusione, la Corte rigetta il ricorso e dichiara che non vi è stata alcuna violazione di diritti costituzionalmente garantiti nel negare l’autorizzazione di costituzione dell’associazione “Letzte Hilfe”.
Il testo completo della sentenza è disponibile - in lingua tedesca - a questo link ; il comunicato stampa a questo link.