Vai menu di sezione

Belgio – Cour constitutionnelle – sent. 134/2022: incostituzionalità dell’art. 3 della Legge sull’eutanasia laddove si equipara la violazione di requisiti sostanziali alla violazione di requisiti procedurali
20 ottobre 2022

La Cour constitutionnelle del Belgio dichiara la parziale incostituzionalità dell’art. 3 della Legge sull’eutanasia, com’era applicabile prima della riforma del 2014, nella parte in cui la condotta del medico che viola i requisiti meramente procedurali di realizzazione dell’eutanasia è trattata, ai fini penali, allo stesso modo della condotta del medico che viola requisiti sostanziali.

Numero
134
Anno
2022

I fatti e le questioni di legittimità 

La sentenza della Cour constitutionnelle del Belgio si inserisce nella vicenda giudiziaria di Tine Nys, una donna di 38 anni che il 27 aprile 2010 ha ricevuto l’eutanasia a causa di gravi sofferenze psichiche, dopo diversi tentativi di suicidio e dopo che le era stata diagnosticata la Sindrome di Asperger, malattia ritenuta incurabile dai medici e dunque sufficiente per soddisfare i requisiti previsti dalla legge per accedere a tale pratica. La famiglia di Tine Nys intraprende una lunga battaglia giudiziaria sostenendo che i medici hanno realizzato l’eutanasia senza che venissero rispettati i requisiti previsti dalla legge.

La questione approda dinnanzi al giudice del Tribunal correctionnel Dendermonde il quale non si pronuncia e sottopone al vaglio della Cour constitutionnelle due questioni di legittimità costituzionale relativamente all’art. 3 della Legge del 28 maggio 2002 sull’eutanasia, così come era applicabile prima della modifica operata dalla Legge del 28 febbraio 2014, in materia di criminalizzazione dell’eutanasia quando il medico che esegue tale procedura non rispetta le condizioni sostanziali e procedurali prescritte dalla L. cit. 

L’art. 3 della Legge del 2002 prevede:

«§1. Il medico che pratica l’eutanasia non commette reato se ha assicurato che:

- il paziente sia adulto o minore emancipato, capace e cosciente al momento della richiesta;

- la richiesta sia formulata in modo volontario, ponderato e ripetuto e non sia frutto di pressioni esterne;

- il paziente si trova in una situazione medica senza speranza e riferisce continue ed insopportabili sofferenze fisiche o psichiche che non possono essere alleviate e che derivano da una condizione accidentale o patologica grave ed inguaribile;

e che rispetta le condizioni e le procedure prescritte da questa legge.» 

In particolare, dunque, si chiede alla Corte di esaminare le seguenti questioni:

  1. Se l’art. 3 L. cit. viola gli articoli 10 e 11 della Costituzione (principi di uguaglianza e non discriminazione) nella parte in cui prevede un trattamento sanzionatorio identico per la situazione del medico che non rispetta i requisiti sostanziali e per quello che non rispetta i requisiti procedurali previsti dalla legge per l’eutanasia;
  2. Se l’art. 3 L. cit. viola gli articoli 10 e 11 della Costituzione (principi di uguaglianza e non discriminazione) nella parte in cui prevede che la condotta del medico che provoca la morte su richiesta del soggetto, non rispettando tutte le condizioni sostanziali e procedurali previste dalla legge, sia equiparabile alla condotta di un qualsiasi soggetto che inietti una sostanza mortale per provocare la morte di un altro soggetto integrando il reato di cui all’art. 397 c.p. 

Le posizioni delle parti

Quanto alla prima questione, il Consiglio dei ministri e le parti civili sostengono che la previsione di un trattamento sanzionatorio identico per il medico che viola i presupposti materiali e quelli procedurali è giustificato in quanto in entrambi i casi si tratta di medici che praticano l’eutanasia senza rispettare le condizioni di legge e la legge non distingue tra condizioni materiali e condizioni procedurali. Tutte queste condizioni devono essere ritenute equivalenti per garantire il rispetto dei diritti e dei desideri del paziente e bisogna soddisfare ugualmente tutte le condizioni per non incorrere nel reato.

Al contrario, la difesa del medico coinvolto nel processo ritiene che le condizioni fissate dalla L. del 28 maggio 2002 possano essere suddivise in tre categorie: condizioni materiali, condizioni procedurali che garantiscono il rispetto delle condizioni materiali e condizioni procedurali meramente formali che non influiscono sulla realizzazione dell’eutanasia (es. obbligo ex post di informare la Commissione federale di controllo e di valutazione).

L’eventuale mancato rispetto di queste condizioni non può avere la stessa conseguenza sanzionatoria, in quanto trattasi di condizioni di tipo diverso, pur essendo tutte inscindibilmente connesse.

Quanto, invece, alla seconda questione, il Consiglio dei ministri e le parti civili ritengono che non vi sia violazione di disposizioni costituzionali in quanto l’equiparazione tra un qualunque soggetto che provoca la morte per avvelenamento e un medico che somministra una farmaco letale per provocare la morte di un soggetto che la richiede senza il rispetto delle condizioni previste dalla Legge sull’eutanasia è un’equiparazione ragionevole in quanto trattasi, in entrambi i casi, di persone che intenzionalmente tolgono la vita ad altri senza che la legge lo consenta.

La difesa del medico, al contrario, ritiene che non sia ragionevole assimilare l’omicidio per avvelenamento all’eutanasia effettuata in violazione dei requisiti previsti dalla legge del 2002. 

La decisione della Corte.

Con la prima questione pregiudiziale, la Corte è chiamata ad esaminare la costituzionalità dell’art. 3 l. cit. nella parte in cui prevede un identico trattamento per due condotte differenti, una condotta riguardando la violazione di una “condizione materiale” mentre l’altra di una “condizione procedurale”.

Dopo aver esaminato i lavori preparatori e le relazioni di accompagnamento alla legge, in cui espressamente si dice che “tutte le condizioni giuridiche sono essenziali e hanno lo stesso valore” (par. B13), la Corte rileva che il legislatore ha scelto consapevolmente di non prevedere una separata incriminazione in caso di mancato rispetto dei requisiti sostanziali e dei requisiti procedurali e tenuto conto dell’ampio potere discrezionale di cui il legislatore dispone in materia, anche alla luce della giurisprudenza convenzionale, non è irragionevole ritenere che qualsiasi violazione delle condizioni prescritte porti ad una sanzione penale.

Tuttavia, osserva la Corte, un simile sistema di incriminazione porta a conseguenze irragionevoli, in quanto le sanzioni previste dall’art. 397 c.p. risultano sproporzionate se applicate a casi in cui mancano alcune delle condizioni meramente formali/procedurali previste dall’art. 3 l. cit. Ad esempio, la necessaria dichiarazione alla Commissione federale di controllo e valutazione, che intende consentire un controllo a posteriori, può essere fatta per definizione solo dopo che l'eutanasia è stata eseguita e il paziente è quindi già deceduto. Di conseguenza, tale dichiarazione non ha in nessun caso alcuna incidenza diretta sul rispetto da parte del medico delle condizioni e delle procedure applicabili prima e durante l'eutanasia.

La Corte, pertanto, dichiara incostituzionale per violazione degli artt. 10 e 11 la locuzione dell’art. 3 § 1 «e che rispetta le condizioni e le procedure qui prescritte per legge», in quanto ai sensi di tale disposizione qualunque inosservanza delle procedure e delle condizioni della L. 28 maggio 2002 da parte del medico che pratica l’eutanasia dà luogo ad un’unica incriminazione punita dalle norme del codice penale.

Quanto alla risoluzione della seconda questione pregiudiziale, alla luce di quanto già detto per la prima questione, la Corte non ritiene rilevante esaminarla ai fini del caso di specie. 

La sentenza è disponibile al seguente link e nel box download in lingua originale.

La disciplina del fine vita in Europa

Rosa Signorella
Pubblicato il: Giovedì, 20 Ottobre 2022 - Ultima modifica: Venerdì, 17 Maggio 2024
torna all'inizio