La Divisional Court of Ontario ha dichiarato che le due disposizioni del CSPO (College of Physicians and Surgeons of Ontario) che prevedono l’obbligo per il medico obiettore di indirizzare in modo efficace e tempestivo il paziente ad un altro servizio sanitario e il dovere di provvedere al servizio richiesto in caso di emergenza non sono incostituzionali, ma pongono limiti ragionevoli alla libertà religiosa, e sono perciò giustificate in una società libera e democratica come quella canadese.
Canada - Ontario Divisional Court – The Christian Medical and Dental Society of Canada v. College of Physicians and Surgeons of Ontario: libertà religiosa e accesso ai servizi sanitari
31 gennaio 2018
Il caso è stato promosso dalla ‘Christian Medical & Dental Society of Canada’ (CMDSC) e da alcuni medici che chiedevano alla Corte di dichiarare l’incostituzionalità di due policies del CSPO (College of Physicians and Surgeons of Ontario, l’ordine dei medici dell’Ontario), la Effective Referral Provision of the Policies e la Emergency Referral Provision of the Human Rights Policy. I ricorrenti sostenevano che esse violassero la loro libertà di coscienza e di religione e il loro diritto all’eguaglianza previsti dagli articoli 1, 2.a e 15(1) della Carta dei Diritti e delle Libertà Canadese (Canadian Charter of Rights and Freedoms). La prima previsione (Effective Referral) impone ai medici che obiettano per motivi di coscienza o religione a trattamenti sanitari quali il suicidio assistito (MAID – medical assistance in dying), l’aborto e operazioni di rettificazione di genere di mettere in contatto il paziente con un servizio sanitario che sia disposto a provvedere al servizio richiesto, in modo efficace e tempestivo. La seconda policy (Emergency Referral) prevede che, in caso di emergenza, i medici, sebbene obiettino per motivi di coscienza o religione, debbano provvedere ai trattamenti richiesti per evitare danno ai pazienti (“Physicians must provide care in an emergency, where it is necessary to prevent imminent harm, even where that care conflicts with their conscience or religious beliefs.” [11]
La Divisional Court ha riscontrato che effettivamente queste disposizioni violano la libertà religiosa dei medici, secondo l’articolo 2.a della Carta dei Diritti Canadese, in quanto esse sono una ‘coercizione svolta per mezzo di un controllo indiretto che determina o limita la loro condotta nella pratica medica’ (coercion in the form of indirect control which determines or limits the courses of conduct available to them in their practice of medicine, [89]), forzando loro ad agire contro i loro principi religiosi e contro la loro coscienza.
Tuttavia, la Corte ha stabilito che questa violazione è ragionevole sulla base dell’articolo 1 della Charter: senza un sistema quale il rinvio efficace ad un altro medico disposto ad effettuare questi trattamenti, si presenta il rischio reale che ai pazienti non venga garantito un accesso egualitario ai servizi sanitari, in quanto potrebbero mancare loro le risorse, potrebbero non essere a conoscenza del funzionamento di tali servizi, o potrebbero fare parte di contesti marginalizzati o vivere in comunità rurali o remote.
Inoltre, la Corte, analizzando il rapporto costi-benefici della disposizione che impone ai medici, sebbene obiettino per coscienza o religione, di agire in caso di emergenza (la cosiddetta ‘emergency provision’), ha dichiarato che gli effetti positivi sono superiori a qualsiasi effetto negativo della violazione del diritto dei medici di praticare la medicina secondo la loro credenza religiosa (any deleterious effect in the form of infringement of the rights of the Individual Applicants to practice medicine in accordance with their religious beliefs [229]).
La Corte ha osservato che in un sistema sanitario pubblico, come quello canadese, basato sulla centralità del paziente, in caso di conflitto i medici devono porre gli interessi di questi prima dei loro interessi personali, aspetto fondamentale per la fiducia nel rapporto medico-paziente. Inoltre, i medici hanno il dovere di non abbandonare il paziente e di rispettare la loro autonomia.
Considerando tutto ciò, la Corte ha dichiarato che queste disposizioni del CSPO rappresentano un limite ragionevole alla libertà religiosa dei medici, giustificato in una società libera e democratica, e ha perciò rigettato il ricorso.
Il testo della sentenza è disponibile a questo link e nel box download.