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Corte Costituzionale - sent. 152/2020: incremento della pensione di inabilità
20 luglio 2020

La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 38, comma 4, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2002)”, nella parte in cui disponeva, per gli invalidi civili totali, che gli incrementi di cui al comma 1 alla pensione di inabilità fossero concessi “ai soggetti di età pari o superiore a sessanta anni” anziché “ai soggetti di età superiore a diciotto anni”.

Numero
152
Anno
2020

Nel corso del giudizio principale una donna di anni 47, rappresentata dal padre, suo tutore, affetta da tetraplegia spastica prenatale e del tutto invalida al lavoro, lamentava l’insufficienza della pensione di inabilità percepita; l’importo della pensione, calcolato ai sensi dell’art. 12 della legge n. 118/1971, ammontava a circa 280 euro mensili, cifra che non le permetteva di soddisfare le minime esigenze vitali. La donna lamentava inoltre il mancato incremento della propria pensione, non applicatole sulla base dell’art. 38 comma 4 della legge n. 448/2001.

La Corte d’Appello di Torino ha quindi sollevato due questioni di legittimità costituzionale relative a tali norme, che è opportuno trattare separatamente, in quanto la Corte affrontandole è giunta a conclusioni differenti.

La prima questione, riguardo l’art. 12 della legge n. 118/1971, sollevata per violazione degli articoli 3 e 38 comma 1, 10 comma 1 e 117 comma 1 della Costituzione, è stata ritenuta inammissibile dalla Corte. Pur riconosciuta la manifesta inadeguatezza dell’importo corrisposto a far fronte alle esigenze primarie della quotidianità, la Corte ritiene inammissibile la questione in quanto non potrebbe determinare in maniera diretta ed autonoma l’importo adeguato, nemmeno richiamando istituti simili. Infatti, nonostante l’innegabile violazione del nucleo essenziale del diritto al mantenimento, la Corte con un intervento manipolativo invaderebbe l’ambito di discrezionalità riservato al legislatore in materia.

La Corte ha invece accolto la seconda questione, riguardo l’art. 38 co. 4 della legge n. 448/2001, sollevata per violazione degli articoli 3 e 38 della Costituzione. La norma censurata stabiliva un incremento della pensione di inabilità per gli invalidi civili totali, al di sotto di un determinato reddito, a partire dai sessanta anni di età. La Corte ha ritenuto irragionevole tale requisito di anzianità, dal momento che i titolari di pensione di inabilità si trovano in una condizione di precarietà e bisogno, determinata dalla totale incapacità al lavoro, che prescinde dall’età, discendendo da una condizione patologica intrinseca. Per questo motivo la Corte ha censurato la norma e disposto che l’incremento, al ricorrere dei requisiti reddituali richiesti, si abbia a partire dal momento in cui si inizi a percepire la pensione di inabilità, quindi dai diciotto anni di età.

Al termine della sentenza, la Corte ha dichiarato che gli effetti della stessa, e i conseguenti incrementi pensionistici, debbano decorrere dalla sua entrata in vigore e non, come usuale, anche retroattivamente, per salvaguardare il principio del pareggio di bilancio, che altrimenti risulterebbe eccessivamente compromesso a causa dell’ingente esborso richiesto per il pagamento degli incrementi stabiliti.

Il testo della sentenza è disponibile nel box download e a questo link.

Beatrice Carminati
Pubblicato il: Lunedì, 20 Luglio 2020 - Ultima modifica: Giovedì, 24 Ottobre 2024
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