La Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 21-ter, comma 1, del d.l. n. 113/2016 per incompatibilità con l’art. 3 della Costituzione. L’articolo è illegittimo nella parte in cui stabilisce che l’indennizzo previsto per i soggetti nati nel 1958 e nel 1966 per le malattie provocate dalla somministrazione del farmaco talidomide decorra dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del 2016, anziché della legge n. 244/2007, come stabilito per i soggetti nati tra il 1959 e il 1965.
Corte Costituzionale – sent. 55/2019: indennizzo a favore di soggetti danneggiati dall’assunzione di farmaci
20 marzo 2019
La Corte ha ritenuto fondata la questione di legittimità sollevata con ordinanza del 2016 dal Tribunale di Bergamo, nell’ambito di un processo instaurato nei confronti del Ministero della salute da un soggetto affetto da sindrome da talidomide, malattia congenita risultante dall’assunzione da parte della madre dell’omonimo farmaco nel corso della gravidanza. Il giudice a quo rileva una disparità di trattamento ingiustificata nei confronti dei soggetti nati nel 1958 e nel 1966, per i quali la data di decorrenza dell’indennizzo differisce rispetto a quella stabilita per i nati tra il 1959 e il 1965.
Preliminarmente, la Corte ha esaminato il contesto normativo di riferimento e constatato che la legge n. 244/2007 riconosce ai soggetti affetti da sindrome da talidomide l’indennizzo di cui all’art. 1 della legge n. 229/2005 (Disposizioni in materia di indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie). Tale beneficio è circoscritto ai nati negli anni tra il 1959 e il 1965 e decorre dalla data di entrata in vigore della già citata legge, cioè dal 1° gennaio 2008. Lo stesso indennizzo è stato poi esteso dal sopravvenuto d.l. n. 113/2016, poi convertito in legge, anche ai soggetti nati negli anni 1958 e 1966, benché con decorrenza 21 agosto 2016.
Soffermandosi sulla natura del beneficio, la Corte precisa che esso non è un equo indennizzo attribuito in «conseguenza dell’adempimento di un obbligo legale (come ad esempio la sottoposizione a una vaccinazione obbligatoria), o di un trattamento, pur non obbligatorio, ma promosso dalle autorità sanitarie […]», bensì «una misura di sostegno economico fondata sulla solidarietà collettiva garantita ai cittadini, alla stregua dei citati artt. 2 e 38 Cost., a fronte di eventi che hanno generato una situazione di bisogno» (par. 4). In questo contesto il legislatore è titolato a esercitare il suo potere discrezionale circa il contenuto e le modalità di erogazione della misura, ma nel contempo dovrebbe astenersi dell’effettuare scelte che siano di manifesta arbitrarietà, tali da risultare in contrasto con il principio della parità di trattamento.
Sulla base di queste considerazioni, la Corte ha ritenuto che vi sia omogeneità tra i due gruppi di soggetti a cui è stato garantito l’indennizzo. In primo luogo ha sottolineato che, pur essendo attribuito per mezzo di disposizioni differenti, l’indennizzo risulta essere il medesimo. In seguito ha escluso l’argomentazione avanzata dall’Avvocatura generale a sostegno della diversa decorrenza temporale della misura, la cui ratio sarebbe la diversa responsabilità imputabile allo Stato. Secondo quanto affermato dall’Avvocatura, per i soggetti nati tra il 1959 e il 1965, l’autorità sanitaria sarebbe responsabile di aver autorizzato il commercio del farmaco talidomide senza aver precedentemente verificato gli effetti dello stesso. Diversamente, per i nati negli anni 1958 e 1966, il legislatore avrebbe ritenuto opportuno estendere l’indennizzo per una mera ragione solidaristica. La Consulta tuttavia ha replicato a questa osservazione che la scelta di limitare temporalmente il periodo di decorrenza sia di pura natura finanziaria, determinata dalla necessità di bilanciare il diritto all’assistenza economica con la gestione delle risorse finanziarie dello Stato.
Per questi motivi la Corte Costituzionale non ha posto in discussione la scelta di stabilire la decorrenza dal 1° gennaio 2008, ma ha censurato la decisione del legislatore del 2016 che «decide di estendere l’indennizzo ai soggetti nati nel 1958 e nel 1966, riconoscendo ad essi i medesimi presupposti di tutela, ma impone loro, al tempo stesso, una decorrenza del beneficio diversa e ben più penalizzante. Ciò determina una differenza di trattamento priva di giustificazione, e perciò lesiva dell’art. 3 Cost.» (par. 5.3)
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