Con la sentenza n. 89/2024 la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale proposta dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, avverso gli artt. 1, 2 e 3 della Legge Regione Puglia 15 giugno 2023, n. 12 (Prestazioni odontoiatriche per pazienti fragili erogate in strutture pubbliche territoriali) la quale impegna le aziende sanitarie della Regione ad erogare prestazioni odontoiatriche a invasività minore, media e maggiore, in favore di pazienti fragili con disabilità psicomotoria o con disturbi del comportamento a condizione che il periodo di osservazione per complicanze post-intervento non sia superiore a ventiquattro ore dal termine della procedura.
Corte Costituzionale – sent. 89/2024: L. 12/2023 Regione Puglia “Prestazioni odontoiatriche per pazienti fragili erogate in strutture pubbliche territoriali” e piani di rientro del disavanzo finanziario
20 marzo 2024
Con ricorso depositato in data 9 agosto 2023, il Presidente del Consiglio dei ministri, ha promosso questione di legittimità costituzionale avverso gli artt. 1, 2, e 3 della legge della Regione Puglia 15 giugno 2023, n. 12 (Prestazioni odontoiatriche per pazienti fragili erogate in strutture pubbliche territoriali) in quanto questi non sarebbero conformi al principio costituzionale del necessario coordinamento della finanza pubblica ex art. 117, terzo comma della Costituzione.
Secondo il ricorrente, la normativa statale in tema di assistenza odontoiatrica – individuata dallo stesso nelle previsioni ex d.l. 30 dicembre 1992, n. 502 – limita gli interventi di assistenza odontoiatrica coperti dal SSN ai soli programmi di tutela della salute nell’età evolutiva nonché all’assistenza odontoiatrica e protesica in favore di determinate categorie di soggetti in condizioni di particolare vulnerabilità sanitaria o sociale (come presentate all’interno del allegato 4C del decreto del Presidente del Consigli dei ministri del 12 gennaio 2017 “Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502”). Secondo l’Avvocatura dello Stato l’art. 1 della legge regionale introdurrebbe, a carico del Servizio sanitario regionale, prestazioni sanitarie ulteriori rispetto ai livelli essenziali di assistenza fissati dalle norme statali. Ciò, sia sotto il profilo soggettivo, a causa dell’ampliamento della platea dei beneficiari, sia da punto di vista oggettivo, con riferimento alla tipologia di prestazioni garantite. Tale estensione comporterebbe l’utilizzo di risorse proprie o «afferenti alla quota indistinta del Fondo Sanitario Nazionale», con ulteriore criticità relativa all’adeguata copertura della spesa pubblica «in quanto l’impiego delle risorse per prestazioni non essenziali verrebbe a ridurre le risorse per le prestazioni essenziali» (punto 3).
Si costituisce in giudizio la Regione Puglia chiedendo la dichiarazione di inammissibilità e/o la non fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale. Essa, infatti, sostiene che le cesure sollevate dall’Avvocatura di Stato, non siano idonee a dimostrare in modo sufficientemente preciso come L.R. n. 12/2023 sia suscettibile di pregiudicare il conseguimento degli obiettivi di risparmio previsti dal piano di rientro cui la Regione Puglia è sottoposta.
Secondo la Corte l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla regione Puglia è non meritevole di accoglimento Inquanto, gli artt. 2 e 3 della legge reg. Puglia n. 12 del 2023 che introducono rispettivamente l’ampliamento delle strutture autorizzate e del personale. All’attuazione delle disposizioni in oggetto consegue sic et simpliciter un aumento della spesa e dunque un vulnus per gli obiettivi di risparmio previsti coinvolgendo esse «due macroaree notoriamente regolate dai piani di rientro dal disavanzo sanitario» (punto 3).
La Corte procede poi alla ricostruzione del quadro normativo di riferimento chiarendo sin da subito cosa si intenda con il termine particolare vulnerabilità.
Secondo la Corte tale definizione, deve essere ricercata all’interno dell’allegato 4C del d.P.C.m. 12 gennaio 2017, il quale rappresenta il parametro di riferimento nazionale per stabilire quali prestazioni di assistenza odontoiatrica siano oggettivamente e soggettivamente ricomprese nei LEA.
Secondo l’allegato si può parlare alternativamente di c.d. vulnerabilità sanitaria, riferita a «condizioni di tipo sanitario che rendono indispensabili o necessarie le cure odontoiatriche» con l’ulteriore precisazione che «date le premesse e la gravità delle patologie stesse, ai soggetti così indicati […] devono essere garantite tutte le prestazioni odontoiatriche incluse nel nomenclatore dell’assistenza specialistica ambulatoriale, con l’esclusione dei manufatti protesici e degli interventi di tipo estetico»; e di “vulnerabilità sociale” che consente l’accesso alle prestazioni a coloro che si trovano in «condizioni di svantaggio sociale ed economico che impediscono l’accesso alle cure odontoiatriche a pagamento per gli elevati costi presenti nelle strutture private» specificando che «devono essere almeno garantite talune specifiche prestazioni che vengono elencate, con apposita numerazione, alla fine del paragrafo 3 allegato 4C» (punto 2).
Con riferimento alla c.d. vulnerabilità sanitaria, si può poi parlare di “criterio ascendente” (che «prende in considerazione le malattie e le condizioni alle quali sono frequentemente o sempre associate complicanze di natura odontoiatrica») e di “criterio discendente” (che «prende in considerazione le malattie e le condizioni nelle quali le condizioni di salute potrebbero risultare aggravate o pregiudicate da patologie odontoiatriche concomitanti»). Per ciascuno di questi l’allegato individua la tipologia delle prestazioni odontoiatriche che devono considerarsi comprese nei LEA.
Secondo la Corte, le questioni di legittimità costituzionale sono inammissibili, infatti, la ricostruzione della normativa statale proposta dal ricorrente è affetta da omissioni che ridondano di una non adeguata motivazione del vizio di legittimità costituzionale dedotto.
Il ricorrente, infatti, parte dall’implicito presupposto secondo cui l’elenco degli stati patologici pregressi che permettono l’accesso alle prestazioni odontoiatriche sulla base della sola “vulnerabilità sanitaria” (e contenuti alla terza pagina dell’allegato 4C al d.P.C.m. 12 gennaio 2017) costituisca catalogo chiuso. Tuttavia, manca di illustrare adeguatamente tale affermazione. Il ricorrente infatti, «ha l’onere non soltanto di individuare le disposizioni impugnate e i parametri costituzionali di cui denuncia la violazione, ma anche di suffragare le ragioni del dedotto contrasto sviluppando un’argomentazione non meramente assertiva, sufficientemente chiara e completa» (sentenza n. 112 del 2023) (punto 4.1.3.). Onere che, secondo la corte, nel presente giudizio non è stato assolto dal ricorrente.
La Corte estende i medesimi rilievi di inammissibilità alle cesure riferite alla tipologia di prestazione odontoiatriche che vengono fatte rientrare nei LEA. Il ricorrente sostiene, infatti, che le prestazioni ammesse dalla legge regionale pugliese esorbitino le sette specifiche prestazioni mediche rientranti nei LEA riferibili ai soggetti in condizioni di vulnerabilità sociale. Tuttavia, secondo la Corte, il ricorrente manca di considerare che l’elenco richiamato si riferisce «alla sola situazione dei pazienti che si trovino in condizioni di vulnerabilità sociale, e non anche alla diversa cornice, presa in considerazione dalla legge pugliese impugnata, di pazienti che presentino bisogni correlati alla vulnerabilità sanitaria. Per questi ultimi, lo stesso Allegato 4C, al paragrafo 3, nella sezione specificamente dedicata individua un diverso gruppo di prestazioni odontoiatriche, cioè quelle «incluse nel nomenclatore dell’assistenza specialistica ambulatoriale, con l’esclusione dei manufatti protesici e degli interventi di tipo estetico» (nomenclatore riportato nell’Allegato 4 al d.P.C.m. 12 gennaio 2017)» (punto 4.2.1).
A ciò si aggiunge quanto presentato all’interno dello stesso Allegato 4C, in tema di vulnerabilità sanitaria discendente, il quale conferisce rilevanza alle patologie e alle condizioni nelle quali la qualità della salute potrebbe risultare pregiudicata da patologie odontoiatriche concomitanti. Per questo motivo, secondo la Cote, il successivo elenco delle patologie pregresse può acquisire una più ampia e non tassativa concezione, e ciò in funzione dell’obiettivo di curare, o di non far aggravare, lo stato pregresso. Da qui la determinazione della Regione Puglia nel considerare i pazienti con «disabilità psicomotoria o con disturbi del comportamento come ricompresi nei soggetti affetti da gravi patologie, le cui condizioni di salute possono essere gravemente pregiudicate da una patologia odontoiatrica concomitante, categoria cui il richiamato Allegato 4C garantisce l’accesso alle prestazioni odontoiatriche» (punto 4.1.2.).
Inoltre, secondo la Corte, «il ricorso avverso una norma regionale, recante pregiudizio alle attribuzioni statali, deve essere adeguatamente motivato e, a supporto delle censure prospettate, deve chiarire il meccanismo attraverso cui si realizzerebbe il vulnus lamentato» e in secondo luogo perchè «quando il vizio sia prospettato in relazione a norme interposte specificamente richiamate, è necessario evidenziare la pertinenza e la coerenza di tale richiamo rispetto al parametro evocato» e ciò, secondo la Corte, nella fattispecie in oggetto non è avvenuto.
Per questi motivi la Corte dichiara l’inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art 1 della legge reg. Puglia n. 12 del 2003 dalla quale discende l’inammissibilità anche di quelle relative agli artt. 2 e 3 che sono meramente attuative di quanto disposto nel predetto art. 1.
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