La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha respinto il ricorso di due genitori che lamentavano l’illegittimità della sospensione dei trattamenti di sostegno vitale nei confronti della loro figlia minore, ritenendola invece legittima e compatibile con le norme della Convenzione.
Corte Europea dei Diritti dell’Uomo – Afiri e Biddarri v. Francia: legittima la decisione di sospendere le cure in caso di minore in stato vegetativo
25 gennaio 2018
I fatti di causa.
I ricorrenti, cittadini francesi, sono i genitori di una bambina di 14 anni affetta da una grave patologia autoimmune.
Il 22 giugno 2017, a seguito di una insufficienza cardio respiratoria acuta, si rendeva necessario che la bambina venisse collegata ad un ventilatore artificiale e l’equipe medica constatava alla stessa un gravissimo danno neurologico.
Il 7 luglio si teneva pertanto una consultazione multidisciplinare sul caso della bambina, a seguito della quale si riteneva di dover sospendere la ventilazione artificiale in quanto la sua prosecuzione avrebbe costituito soltanto un irragionevole accanimento.
Il 21 luglio 2017, considerato il mancato accordo con i genitori sulla sospensione delle cure, veniva avviata la procedura prevista dall'articolo L. 1110-5-1 del Code de la santé publique (così come modificato dalla LOI n. 2016-87) coinvolgendo l’intera équipe medica, paramedica e amministrativa, la quale giungeva alla stessa conclusione riguardo alla necessaria sospensione dei trattamenti.
L’11 settembre 2017 i ricorrenti presentavano al Tribunale amministrativo un ricorso urgente chiedendo la sospensione dell’esecuzione della decisione del 21 luglio 2017 di sospendere le cure.
Con ordinanza del 7 dicembre settembre 2017 il Tribunale amministrativo ha respinto la domanda dei ricorrenti, dopo aver interpellato un gruppo di esperti i quali hanno affermato che lo stato clinico della minore corrispondeva ad uno “stato vegetativo persistente”, con una “prognosi neurologica estremamente desolante”, in linea con quanto accertato dall'équipe ospedaliera e che la stessa era incapace di comunicare con quelli intorno a lei, oltre ad aver accertato il carattere irreversibile di alcune lesioni neurologiche e il peggioramento della diagnosi della paziente dopo il suo ricovero in ospedale.
La Corte ha infatti ritenuto che, nonostante le obiezioni dei genitori, la continuazione del trattamento avrebbe rappresentato un irragionevole accanimento e che la decisione del 21 luglio 2017 non aveva costituito una violazione grave e manifestamente illecita di una libertà fondamentale.
Il 20 dicembre 2017 i ricorrenti hanno presentato ricorso al Conseil d’État il quale, con ordinanza del 5 gennaio 2018, ha respinto il loro ricorso, ritenuto che, alla luce dei dati medici del caso di specie e nonostante l’opposizione dei genitori, la prosecuzione del trattamento potesse costituire un irragionevole accanimento ai sensi dell’art. L. 1110-5-1 del Code de la santé publique. Ha ritenuto dunque che la decisione di sospendere il trattamento fosse conforme ai requisiti di legge e ha confermato la conclusione del tribunale amministrativo secondo cui essa non aveva costituito una violazione grave e manifestamente illegittima di una libertà fondamentale.
La decisione della Corte.
I ricorrenti lamentavano violazione degli artt. 2 (right to life) e 8 (right to respect for private and family life) della CEDU in quanto sostenevano l’illegittimità del fatto che la decisione ultima di sospendere i trattamenti alla figlia spettasse ad un medico, nonostante la loro opposizione. Secondo i genitori, infatti, avrebbero dovuto avere un diritto di codecisione nell’ambito della procedura prevista dal Code de la santé publique, in quanto genitori e titolari della responsabilità genitoriale.
Si lamentava, inoltre, violazione dell’art. 13 (right to an effective remedy), in quanto secondo i ricorrenti il diritto interno non prevedeva alcun rimedio effettivo per i genitori contrari alla decisione di sospendere le cure nei confronti del loro figlio minore.
La Corte ha esaminato le questioni sollevate dai ricorrenti ai sensi dell’art. 2 e secondo i criteri stabiliti nelle decisioni Lambert e altri v. Francia e Gard e altri v. UK.
Quanto al quadro normativo, la Corte ha concluso che il modo in cui il diritto interno, come interpretato dal Conseil d’État, regolava le situazioni in cui i genitori si opponevano alla decisione di sospendere le cure nei confronti del loro figlio minore soddisfaceva i requisiti dell’articolo 2 della Convenzione.
Quanto invece alla correttezza del processo decisionale, contestata dai ricorrenti perché non ha previsto il coinvolgimento dei genitori nello stesso, viene invece confermata dalla Corte in quanto i genitori erano stati più volte consultati. Inoltre, la Corte ha ritenuto che il modo in cui era organizzato il processo decisionale, compresa la designazione della persona che ha assunto la decisione finale di sospendere il trattamento e le modalità che ne hanno disciplinato l’adozione rientrano nel margine di discrezionalità dello Stato.
La Corte ha ritenuto pertanto che, nonostante il fatto che i ricorrenti fossero stati in disaccordo con il suo esito, la procedura decisionale applicata aveva soddisfatto i requisiti derivanti dall'articolo 2 della Convenzione.
Quanto alla lamentata mancanza di adeguati mezzi di tutela giudiziaria, la Corte richiama la decisione del Conseil Constitutionnelle (Décision n. 2017-632 QPC du 2 juin 2017). In tale sede, infatti, si era stabilito, in primo luogo, che qualsiasi decisione di sospendere o limitare un trattamento di sostentamento vitale che avrebbe provocato la morte di una persona incapace di esprimere la propria volontà doveva essere comunicata alle persone consultate dal medico per accertare la volontà del paziente, in modo tale da consentire loro di esercitare un rimedio in tempo utile; in secondo luogo, qualsiasi decisione di questo tipo doveva essere impugnabile al fine di ottenere una sospensione dell'esecuzione e il ricorso doveva essere esaminato senza indugio dal tribunale competente.
Nel caso di specie le prescrizioni di tale sentenza sono state rispettate in quanto i ricorrenti avevano presentato una domanda urgente al tribunale amministrativo per la tutela di una libertà fondamentale e il giudice non si era limitato a valutare la necessità di sospendere l'esecuzione della decisione del medico, ma aveva anche effettuato un approfondito esame della legittimità di tale decisione, dopo aver disposto una perizia medica.
La Corte ha dunque ritenuto che il diritto francese avesse previsto rimedi giurisdizionali conformi ai requisiti dell’articolo 2.
Ne consegue che le doglianze dei ricorrenti erano manifestamente infondate e dovevano essere respinte ai sensi dell’articolo 35 §§ 3, lettera a) e 4 della Convenzione.
Quanto all’asserita violazione dell’art. 6.2 della Convenzione di Oviedo, la Corte ancora una volta dichiara di non aver giurisdizione in merito alla violazione di altri strumenti internazionali.
Il testo della sentenza è disponibile solo in lingua originale a questo link e nel box download.