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Corte Europea dei Diritti dell’Uomo – Mayboroda v. Ucraina: non tutelare il diritto al consenso informato di un paziente costituisce una violazione dell’art. 8 CEDU
13 aprile 2023

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha condannato l’Ucraina per violazione dell’articolo 8 CEDU, in quanto lo Stato ha mancato di tutelare il diritto al consenso informato del paziente. Nel caso in questione, a una donna fu asportato un rene senza preventivamente ottenere il suo consenso. La paziente, inoltre, non fu informata dell’accaduto nemmeno nella successiva fase post-operatoria. 

Numero
n. 14709/07
Anno
2023

Nel marzo del 2000, Lyudmyla Ivanivna Mayboroda acconsentì oralmente ad essere sottoposta ad una procedura chirurgica urgente, al fine di fermare un’emorragia. Durante l’intervento le fu asportato il rene sinistro. Tale eventualità, tuttavia, non le era stata paventata al momento dell’acquisizione del consenso all’operazione. La paziente fu poi dimessa. Nel certificato di dimissione, però, non venne menzionata la rimozione dell’organo. A maggio la donna ricevette una telefonata anonima secondo la quale «her left kidney “had been stolen”» (p. 2, § 11). Intervistato dalla stampa, il chirurgo M.P. sostenne che la verità era stata celata alla paziente per non crearle uno stato di apprensione e, perciò, per facilitarle la guarigione. Il dottore affermò inoltre che, già prima che il fatto fosse scoperto, si era stabilito di comunicare alla donna la notizia della rimozione dell’organo alla visita di controllo prevista per il settembre dello stesso anno. 

La signora Mayboroda agì in giudizio dinanzi alle Corti nazionali, in sede sia penale che civile. Dalle indagini svolte in sede penale emerse che l’intervento era stato compiuto nel rispetto degli standard professionali previsti: l’asportazione del rene si era resa necessaria per salvare la vita della donna. Qualsiasi altro metodo meno invasivo sarebbe stato futile e non avrebbe bloccato l’emorragia. Tenuto conto delle risultanze istruttorie, il caso venne archiviato. La paziente non appellò la decisione. 

In sede civile, la donna accusò i medici di aver violato i loro doveri poiché, anzitutto, non avevano ottenuto il consenso alla rimozione del rene e, in seguito, le avevano deliberatamente nascosto la verità. Nel dicembre 2005, la Corte distrettuale di Svalyava statuì che alla paziente spettavano 50.000 hryvni ucraine a titolo di danno non patrimoniale. Infatti il dottor I.P., collega di M.P., aveva violato i propri doveri in quanto, dopo l’intervento, non aveva comunicato né alla paziente né ai suoi familiari che il rene era stato asportato. Le altre doglianze vennero rigettate.

La donna presentò quindi un ricorso dinanzi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Lamentava che lo Stato ucraino non aveva tutelato, in primo luogo, il diritto al consenso informato e, in secondo luogo, quello a ottenere informazioni relative al proprio stato di salute (i chirurghi, infatti, non l’avevano messa a conoscenza della rimozione dell’organo nemmeno nel periodo post-operatorio). Evidenziava, inoltre, che le sue pretese non erano state adeguatamente soddisfatte sul piano nazionale. 

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha riconosciuto la fondatezza della prima doglianza, ossia quella concernente la mancata tutela del consenso informato. È stata rilevata, a tal proposito, una violazione dell’art. 8 CEDU. Benché, infatti, nel caso specifico la rimozione del rene fosse inevitabile per salvare la vita della paziente, vi sono alcuni elementi che devono essere evidenziati. In prima battuta, è necessario sottolineare che, quando la procedura chirurgica fu eseguita, non erano in vigore linee guida nazionali che specificassero i protocolli da seguire per documentare il consenso di un paziente. In seconda battuta, l’ospedale aveva richiesto il solo consenso orale della signora Mayboroda. Ciò aveva reso impossibile avere traccia di quali informazioni le fossero state fornite prima dell’intervento e per cosa avesse prestato il consenso. Sebbene la Corte riconosca in capo agli Stati l’esistenza di un margine di apprezzamento relativamente alle policies sanitarie, nella fattispecie in esame l’assenza di apposite linee guida ha determinato una violazione del diritto al consenso informato della paziente. 

Per quanto concerne invece la seconda doglianza, relativa alla mancata protezione del diritto a conoscere le informazioni sul proprio stato di salute, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha osservato come il sistema giudiziario interno avesse già concesso sufficiente soddisfazione alle pretese della ricorrente. Prevedendo la corresponsione di una somma a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, infatti, la Corte distrettuale di Svalyava aveva riconosciuto la responsabilità del dottor I.P. per aver violato il diritto della paziente. Il fatto che il dottor M.P., al contrario, non avesse subito alcuna condanna, non è stato ritenuto sintomo di mancata tutela da parte della giurisdizione statale. 

Considerando i motivi sopra indicati, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha condannato l’Ucraina a versare la somma di 4.500 euro alla ricorrente, da corrispondere entro i tre mesi decorrenti dalla data in cui la sentenza fosse divenuta definitiva. 

Il comunicato stampa rilasciato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, relativo al caso Mayboroda v. Ucraina, è disponibile a questo link.

Precedenti pronunce citate: 

Emma Pivato
Pubblicato il: Giovedì, 13 Aprile 2023 - Ultima modifica: Giovedì, 23 Maggio 2024
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