Nel caso McDonald v. the United Kingdom (ric. n. 4241/12) la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha deciso, all'unanimità, che la sospensione dell'assistenza notturna alla ricorrente, donna anziana e disabile, costituisce una violazione del suo diritto al rispetto della vita privata e familiare (art. 8 CEDU).
Corte Europea dei Diritti dell'Uomo - McDonald v. Regno Unito: sospensione assistenza notturna a donna disabile
20 maggio 2014
La ricorrente è una donna anziana con una mobilità limitata. Dal 2007 le era stato riconosciuto il diritto all'assistenza notturna. Nel 2008, però, l'assistenza sociale locale le comunicò di dover ridurre l'assistenza socio-sanitaria. Per tale ragione, alla donna, che a causa della propria situazione non poteva recarsi autonomamente in bagno di notte, vennero forniti ausili contro l'incontinenza.
La signora McDonald ricorse in giudizio contro la decisione dell'autorità sanitaria britannica, non rispondente ai suoi bisogni socio-sanitari, sostenendo che i sussidi sostitutivi dell’assistenza non rispondono ai suoi bisogni e costituiscono pertanto una violazione della sua dignità e del diritto al rispetto della vita privata e familiare. Il ricorso venne rigettato in primo grado.
Nel frattempo, in pendenza del ricorso, i servizi socio-assistenziali nel rivedere i piani assistenziali raggiunsero un compromesso con la ricorrente, garantendole assistenza notturna per quattro o cinque notti alla settimana. La Corte d'appello ha rilevato che nel periodo in cui era stata negata l'assistenza necessaria, si era verificata una violazione delle obbligazioni statali consistenti nella garanzia dell'assistenza necessaria. Tuttavia, tale violazione poteva ritenersi in parte risolta grazie all'accordo con la paziente, senza alcuna violazione dell'art. 8 CEDU. Anche la Suprema Court conferma la decisione della Corte d’Appello.
La signora McDonald presenta quindi ricorso alla Corte di Strasburgo, sostenendo che la sospensione dell’assistenza notturna costituisce un’interferenza non proporzionata con il suo diritto al rispetto della vita privata e familiare, in violazione della sua dignità.
La Corte, nel valutare l’applicabilità dell’art. 8 CEDU al caso di specie, si richiama al precedente Pretty v. the United Kingdom e si interroga sul rapporto tra diritto al rispetto della vita privata e dignità umana: «Although the facts of the present case differ significantly from those of Pretty, insofar as the present applicant believed that the level of care offered by the local authority would have undignified and distressing consequences, she too was faced with the possibility of living in a manner which “conflicted with [her] strongly held ideas of self and personal identity”».
Nonostante la Corte riconosca la presenza di un ampio margine d’apprezzamento nelle valutazioni che gli Stati devono compiono in merito alla garanzia di prestazioni socio-sanitarie e assistenziali, il periodo in cui tale assistenza è stata negate costituisce, secondo la Corte un’indebita interferenza da parte del Regno Unito nella vita privata della ricorrente: «In conducting the balancing act required by Article 8 § 2 the Court has to have regard to the wide margin of appreciation afforded to States in issues of general policy, including social, economic and health-care policies. The margin is particularly wide when, as in the present case, the issues involve an assessment of priorities in the context of the allocation of limited State. In view of their familiarity with the demands made on the health care system as well as with the funds available to meet those demands, the national authorities are in a better position to carry out this assessment than an international court».
Risulta invece infondato il ricorso circa la riduzione dell’assistenza nel periodo successivo all’accordo tra le autorità sanitarie e la ricorrente.
Nel box download il testo completo della sentenza.