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Corte Europea dei Diritti dell’Uomo – Mitrevska v. North Macedonia: la segretezza sulle informazioni relative alle proprie origini biologiche viola l’art. 8 della Convenzione
14 marzo 2024

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha condannato la Macedonia del Nord per violazione dell’articolo 8 CEDU, poiché lo Stato non ha correttamente valutato la possibilità di fornire a una donna, adottata durante l’infanzia, informazioni sanitarie relative ai propri genitori biologici. 

Numero
Ric. n. 20949/2021
Anno
2024

I fatti 

La ricorrente, Mirjana Mitrevska, adottata durante l’infanzia, nel 2014 ha ricevuto una diagnosi di disturbo ansioso-depressivo. A seguito di tale diagnosi si è rivolta alle autorità amministrative di Skopje per ottenere informazioni riguardanti le proprie origini biologiche e, conseguentemente, comprendere la propria storia clinica. Le autorità hanno tuttavia negato la richiesta in quanto, in base al Family Act, i dati relativi alle adozioni sono coperti da segreto (official secret), come ribadito nel 2019 dalla Corte costituzionale macedone. 

La donna perciò ha presentato ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, lamentando una violazione dell’articolo 8 CEDU: lo Stato, infatti, non rilasciando le informazioni richieste, aveva illegittimamente interferito con il diritto, riconosciuto ad ognuno, a veder rispettata la propria vita privata e familiare.  

La decisione della Corte

La Corte EDU offre in prima battuta un inquadramento dei princìpi generali sul punto, per poi applicarli al caso concreto oggetto della controversia. 

In primo luogo, la Corte sottolinea come l’articolo 8 CEDU imponga un duplice obbligo agli Stati. Se da un lato, infatti, lo scopo della previsione è proteggere l’individuo da ingerenze arbitrarie da parte della pubblica autorità, dall’altro la norma non impedisce qualsiasi forma di interferenza pubblica poiché fa sorgere il dovere, in capo allo Stato, di attuare misure concrete per garantire che la riservatezza della vita privata sia effettivamente rispettata. Individuare con precisione il giusto bilanciamento tra due esigenze appena descritte non è sicuramente agevole e pertanto gli Stati godono, in merito, di un certo margine di apprezzamento. 

In secondo luogo, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo evidenzia che la locuzione “everyone” contenuta nell’articolo 8 della Convenzione si applica sia ai figli che alla madre in caso di adozione (§ 46). Considerato che la tematica solleva delicate questioni morali ed etiche, sulla cui trattazione non vi è una posizione univoca condivisa da tutti gli Stati membri del Consiglio d’Europa, la Corte ribadisce che la regolazione della materia spetta alle autorità nazionali. Tuttavia, è necessario altresì considerare che la nozione di “vita privata” include il diritto di ognuno a conoscere i propri legami familiari. In alcuni casi, pertanto, il margine di apprezzamento statale dev’essere ridimensionato. 

Con riguardo al caso Mitrevska, la Corte EDU osserva che l’amministrazione macedone non ha esplicitato con chiarezza quale fosse l’interesse da opporre a quello della donna e così meritevole di tutela da giustificare il diniego all’accesso alle informazioni sulle sue origini biologiche. 

Inoltre, la Corte sottolinea che il sopracitato Family Act, posto a fondamento della decisione dello Stato, non opera alcuna distinzione tra le tipologie di dati concernenti l’adozione e, in particolare, non contempla la possibilità di ottenere informazioni anonime che non rivelino l’identità dei genitori biologici e non prende in considerazione le peculiarità connesse ai dati sanitari. 

Per questi motivi, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ritiene che le autorità nazionali macedoni non abbiano operato un corretto bilanciamento tra i differenti interessi in gioco. Di conseguenza, accoglie il ricorso della signora Mirjana Mitrevska riconoscendo come la stessa abbia subito, a causa delle condotte perpetrate dalle autorità statali macedoni, una violazione dell’articolo 8 CEDU e, conseguentemente, condanna lo Stato a corrisponderle un risarcimento del danno per un importo pari ad € 4.500,00 a titolo di danno non patrimoniale ed € 1.400, 00 a titolo di danno patrimoniale (spese e costi sostenuti).

Il testo della sentenza è disponibile in lingua inglese a questo link e nel box download. 

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Emma Pivato
Pubblicato il: Giovedì, 14 Marzo 2024 - Ultima modifica: Domenica, 16 Giugno 2024
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