Vai menu di sezione

Corte Europea dei Diritti dell'Uomo - R.R. v. Polonia: accesso all'interruzione volontaria di gravidanza
26 maggio 2011

La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha rilevato, sei voti a uno, la violazione degli artt. 3 e 8 CEDU da parte della Polonia nel caso R.R. v. Polonia, in materia di accesso all'interruzione volontaria di gravidanza, dichiarando assorbite le altre questioni sollevate nel ricorso.

Numero
ric. n. 27617/04
Anno
2011

R.R., sposata e madre di due figli all'epoca dei fatti, durante le visite di controllo svolte all'inizio della gravidanza venne informata del rischio che il feto fosse affetto da malformazioni e le vennero consigliati ulteriori indagini genetiche, tra cui l'amniocentesi.

La donna si rivolse a numerosi ospedali e cliniche in tutto il Paese, informando i medici della propria intenzione di interrompere la gravidanza qualora dalle analisi fosse emersa un'effettiva anomalia del feto. Nonostante le molteplici visite a cui la donna si sottopose, l'amniocentesi fu effettuata soltanto alla ventitreesima settimana di gravidanza; i risultati evidenziarono che il feto era affetto dalla sindrome di Turner. Alla sua richiesta di sottoporsi all'interruzione di gravidanza, l'ospedale oppose un diniego fondato sul fatto che ormai erano scaduti i termini previsti dalla legge.

In seguito alla nascita della bambina, affetta dalla sindrome di Turner, la ricorrente agì in giudizio, al fine di accertare la responsabilità penale del personale sanitario che aveva omesso i tutelare i suoi diritti e interessi garantiti dalla legge. Il procedimento si concluse con l'assoluzione dei medici. La donna si rivolse dunque al giudice civile per chiedere il risarcimento dei danni provocati dall'impossibilità di ottenere in tempo utile le analisi necessarie a determinare lo stato di salute del feto. L'ospedale aveva inoltre rivelato le generalità della donna alla stampa. Quest'ultima doglianza venne accolta, mentre le altre furono tutte rigettate. Al termine della lunga vicenda giudiziaria fu infine riconosciuto a R.R. un risarcimento per il ritardo con cui fu sottoposta agli esami genetici che le erano stati prescritti.

Riportiamo si seguito alcuni passaggi della sentenza (.pdf completo nel box download - fonte: HUDOC).

Sulla violazione dell'art. 3 CEDU

La ricorrente lamenta una violazione del divieto di tortura e di trattamenti inumani e degradanti da parte della Polonia per l'incapacità di garantire le prestazioni sanitarie necessarie nel caso di specie e per essere stata trattata dai medici in modo sprezzante e sdegnoso al momento della richiesta di ottenere un aborto.

La Corte rileva che, tenute in considerazione le circostanze del fatto, c'è stata una violazione dell'art. 3 CEDU: «The Court notes that the applicant was in a situation of great vulnerability. Like any other pregnant woman in her situation, she was deeply distressed by information that the foetus could be affected with some malformation. It was therefore natural that she wanted to obtain as much information as possible so as to find out whether the initial diagnosis was correct, and if so, what was the exact nature of the ailment. She also wanted to find out about the options available to her. As a result of the procrastination of the health professionals as described above, she had to endure weeks of painful uncertainty concerning the health of the foetus, her own and her family’s future and the prospect of raising a child suffering from an incurable ailment. […] She obtained the results of the tests when it was already too late for her to make an informed decision on whether to continue the pregnancy or to have recourse to legal abortion as the time limit provided for by section 4 (a) paragraph 2 had already expired. 160.  The Court is further of the view that the applicant’s suffering, both before the results of the tests became known and after that date, could be said to have been aggravated by the fact that the diagnostic services which she had requested early on were at all times available and that she was entitled as a matter of domestic law to avail herself of them».

Sulla violazione dell'art. 8 CEDU

«The significance of timely access to information concerning one’s condition applies with particular force to situations where rapid developments in the individual’s condition occur and his or her capacity to take relevant decisions is thereby reduced. In the same vein, in the context of pregnancy, the effective access to relevant information on the mother’s and foetus’ health, where legislation allows for abortion in certain situations, is directly relevant for the exercise of personal autonomy. […] The Court observes that the nature of the issues involved in a woman’s decision to terminate a pregnancy is such that the time factor is of critical importance. The procedures in place should therefore ensure that such decisions are taken in good time. The Court is of the view that there was ample time between week 18 of the pregnancy, when the suspicions first arose, and week 22, the stage of pregnancy at which it is generally accepted that the foetus is capable of surviving outside the mother’s body and regarded as time-limit for legal abortion, to carry out genetic testing. […] 211.  Having regard to the circumstances of the case as a whole, it cannot therefore be said that, by putting in place legal procedures which make it possible to vindicate her rights, the Polish State complied with its positive obligations to safeguard the applicant’s right to respect for her private life in the context of controversy over whether she should have had access to, firstly, prenatal genetic tests and subsequently, an abortion, had the applicant chosen this option for her».

Pubblicato il: Giovedì, 26 Maggio 2011 - Ultima modifica: Lunedì, 24 Giugno 2019
torna all'inizio