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Corte Europea dei Diritti dell'Uomo - S.H.H. v. Regno Unito: richiedenti asilo e diritto a ricevere cure mediche nello Stato ospitante
29 gennaio 2013

La Corte di Strasburgo ha escluso, con quattro voti contro tre, la violazione dell'art. 3 CEDU da parte del Regno Unito per l'espulsione di un cittadino afghano disabile, che sosteneva di non poter avere accesso ad adeguate cure mediche nel Paese d'origine.

Numero
ric. n. 60367/10
Anno
2013

Nel box download il testo completo della sentenza.

S.H.H., cittadino afgano, aveva richiesto, senza ottenerlo, asilo politico nel Regno Unito: arrivato in Gran Bretagna nel 2010, richiedeva protezione perché al suo rientro in Afghanistan avrebbe rischiato o di essere arrestato e ucciso dalle autorità, oppure di essere costretto a porre in essere un attentato suicida. Aggiungeva inoltre che la propria salute era stata seriamente compromessa quattro anni prima in seguito ad un bombardamento e che era rimasto gravemente disabile.

Le autorità britanniche rifiutarono la sua richiesta d'asilo, ritenendo non fondate e non provate le istanze di S.H.H. Con riguardo al suo stato di salute, le autorità britanniche, pur dichiarando che la gravità della situazione non abbisognava di ulteriori prove mediche (all'uomo era stata amputata una gamba ed altri arti erano seriamente compromessi), motivarono il rifiuto sulla base della non impossibilità per lo stesso di accedere all'assistenza sanitaria nel Paese d'origine, tenendo anche in considerazione il fatto che i familiari superstiti dell'uomo si trovavano ancora in Afghanistan. Per queste ragioni, le autorità britanniche ritennero non soddisfatta la soglia minima di gravità elaborata dalla Corte di Strasburgo nel caso N. v. the United Kingdom , n. 26565/05 (28 maggio 2008).

Anche il ricorso in appello di S.H.H. ebbe esito negativo.

Il ricorso dinanzi alla Corte di Strasburgo si basa quindi sulla pretesa violazione dell'art. 3 della Cedu da parte del Regno Unito, poiché il fatto di negare la protezione al ricorrente lo avrebbe esposto a trattamenti inumani e degradanti in Afghanistan, paese nel quale, inoltre, non avrebbe avuto accesso ad adeguate cure mediche: «He argued that, in the struggle for scarce accommodation and given the length of time that he had been outside of Afghanistan, there was a real risk he would be left seriously disadvantaged and in conditions analogous to those set out in M.S.S. v. Belgium and Greece [GC], no. 30696/09, § 263, 21 January 2011. Thus he contended that he would be left living in the street, without resources or access to sanitary facilities, and without any means of providing for his essential needs ». Il Governo resistente si difendeva affermando che il ricorrente non aveva fornito prove sufficienti a sostegno della propria posizione e che non si riscontravano le circostanze eccezionali richieste dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo a partire dal caso N. v. Regno Unito : «To the contrary, the Government argued that, so far as the applicant relied upon the general provision made for persons with disabilities in Afghanistan and the difficulties faced by those without family support there, the applicable standard was analogous to that applied in N. v. the United Kingdom, cited above. They therefore argued that, where the feared consequences of return were as a result of claimed deficiencies in health and social care, very exceptional circumstances would need to be established».

La Corte, pur ribadendo che l'espulsione di un cittadino di un Paese terzo può implicare la responsabilità di uno Stato sulla base della Convenzione e può sollevare questioni relative all'applicazione dell'art. 3 CEDU se nel Paese d'origine vi è il rischio che la persona subisca trattamenti inumani e degradanti, afferma che il rischio corso deve soddisfare il test del minimo livello di gravità.

Nell'applicare il principio generale al caso di specie, la Corte rileva che il ricorrente invocava la violazione dell'art. 3 da parte del Regno Unito per due ragioni: (i) il rischio di ulteriori lesioni, anche mortali, a causa del conflitto armato in Afghanistan; (ii) la mancanza di un adeguato supporto familiare lo avrebbe costretto a vivere in condizioni tanto disagiate da violare l'art. 3.

La Corte rigetta entrambi i motivi del ricorso:

(i) «In the absence of any contrary evidence, the Court therefore concludes that this claim has to be considered to be to a large extent speculative and does not accept that the applicant has demonstrated that, as a result of his disabilities, he would be subjected to an enhanced risk of indiscriminate violence in Afghanistan such as to engage Article 3 of the Convention ».

(ii) La Corte applica il precedente elaborato in N. v. Regno Unito : «The Court also stated that Article 3 did not place an obligation on the Contracting State to alleviate disparities in the availability of medical treatment between the Contracting State and the country of origin through the provision of free and unlimited health care to all aliens without a right to stay within its jurisdiction ». Viene escluso che il caso di S.H.H. soddisfi le circostanze eccezionali richieste dalla giurisprudenza della Corte per rilevare la violazione dell'art. 3 CEDU da parte dello Stato che procede all'espulsione, anche sulla base del fatto che il ricorrente ha ancora dei familiari viventi in Afghanistan e che, subito dopo l'incidente che ha causato la sua disabilità, ha ricevuto in loco cure mediche.

Nell'opinione dissenziente dei giudici Ziemele, David Thór Björgvinsson e De Gaetano si sottolinea che la Corte avrebbe dovuto verificare in modo concreto il livello di gravità della disabilità del ricorrente, applicando il test in modo maggiormente rigoroso, anche alla luce della Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dal Regno Unito nel 2009.

Lucia Busatta
Pubblicato il: Martedì, 29 Gennaio 2013 - Ultima modifica: Lunedì, 03 Giugno 2019
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