La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha accertato la violazione dell’art. 8 CEDU da parte della Russia, a seguito di un intervento di sterilizzazione effettuato su una giovane donna, avvenuto senza il suo espresso consenso.
Corte Europea dei Diritti dell’Uomo – Y.P. v. Russia: sterilizzazione senza il consenso del paziente
20 settembre 2022
Una donna russa di 28 anni, a seguito di complicazioni riscontrate nel corso della gravidanza, si sottopone ad un intervento cesareo durante il quale viene compiuta una procedura di sterilizzazione, al fine di evitare una futura nuova gravidanza considerata dai medici pericolosa per la vita stessa della donna.
Poiché tale procedura sarebbe stata effettuata senza consenso, la ricorrente si rivolge alla Corte EDU lamentando la violazione degli artt. 3 e 8 CEDU.
I giudici di Strasburgo richiamano l’esigenza di parametrare la soglia di gravità a elementi concreti del caso in questione: “the assessment of whether a particular form of ill-treatment reaches the threshold of severity capable of bringing it within the scope of Article 3 is relative and depends on all the circumstances of the case, such as the duration of the treatment, its physical and mental effects and, in some cases, the sex, age and state of health of the victim” (par. 35).
Richiamando un precedente orientamento sull’interpretazione dei concetti di “inumano” e “degradante”, la Corte EDU afferma che un trattamento è inumano quando “applied for hours at a stretch and caused either actual bodily injury or intense physical and mental suffering”, ed è degradante qualora “it was such as to arouse in its victims feelings of fear, anguish and inferiority capable of humiliating and debasing them and possibly breaking their physical or moral resistance, or when it was such as to drive the victim to act against his will or conscience” (par. 35).
Pur riconoscendo che la sterilizzazione è un intervento estremamente invasivo, la Corte EDU ritiene che i medici non abbiano agito in mala fede, ma nell’interesse della salute fisica della paziente. Non ricorrendo quindi i presupposti di cui sopra, non è possibile affermare che vi sia stata una violazione dell’art. 3 CEDU.
Per quanto concerne l’ambito applicativo dell’art. 8, si rammenta che tale disposizione prescrive agli stati non solo di imporre agli ospedali l’osservanza di procedure appropriate al fine di assicurare la protezione dell’integrità fisica e mentale dei pazienti, ma anche di porre in essere norme che garantiscano la possibilità di far valere in giudizio il proprio diritto ad un risarcimento in caso di negligenza medica.
Nel caso di specie i giudici di Strasburgo rilevano che la ricorrente aveva esplicitamente negato la volontà di essere sottoposta a qualsiasi intervento di sterilizzazione, e che la procedura non può nemmeno essere qualificata come una “life-saving medical intervention”, come prospettato dai medici, dal momento che la salute della paziente non era in uno stato di pericolo immediato, ma solo futuro e potenziale.
Viene respinto l’argomento avanzato dal Governo russo secondo cui il trattamento non avrebbe causato un danno alla salute della donna. Tenuta in considerazione la giovane età, e il fatto che l’intervento l’ha privata della naturale capacità riproduttiva, si può certamente affermare che si è verificato un danno concreto all’integrità fisica della ricorrente, e un’eccessiva intromissione nella sua vita privata e familiare.
L’azione dei medici e le decisioni delle corti nazionali non sono quindi conformi né alle norme interne, né a quelle internazionali, in particolare non aderiscono al principio fondamentale di libertà umana su cui si fonda la Convenzione.
Per questi motivi la Corte EDU accerta l’avvenuta violazione dell’art. 8 CEDU da parte della Russia.
Il testo della sentenza è disponibile nel box download.