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Corte costituzionale - ord. 196/2012: interruzione volontaria di gravidanza
20 giugno 2012

Pubblicata l'ordinanza n. 196 del 2012 della Corte costituzionale, con cui la Corte ha dichiarato la manifesta inammissibilità per irrilevanza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 4 della legge 22 maggio 1978, n. 194 (Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza), nella parte in cui prevede la facoltà della donna, in presenza delle condizioni ivi stabilite, di procedere volontariamente alla interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni dal concepimento, sollevata, in riferimento agli articoli 2, 32, primo comma, 11 e 117 della Costituzione, dal Giudice tutelare del Tribunale ordinario di Spoleto.

Il giudice a quo aveva basato la questione sulla definizione di embrione proposta dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea nella sentenza Brüstle.

Numero
196
Anno
2012

 Di seguito, riportiamo parte della motivazione della Corte (pdf. completo nel box download - fonte: www.cortecostituzionale.it):

Considerato che la riferita questione di costituzionalità è stata sollevata nel corso, come detto, di un procedimento di volontaria giurisdizione ex articolo 12 della citata legge n. 194 del 1978;

che – a riguardo del provvedimento di “autorizzazione a decidere” che, in tal procedura, è chiesto al giudice tutelare di pronunciare – già nella sentenza n. 196 del 1987 questa Corte ha precisato che esso ha contenuto «unicamente di integrazione, della volontà della minorenne, per i vincoli gravanti sulla sua capacità d’agire», rimanendo quindi «esterno alla procedura di riscontro, nel concreto, dei parametri previsti dal legislatore per potersi procedere all’interruzione gravidica»; sicché, «una volta che i disposti accertamenti siansi identificati quale antefatto specifico e presupposto di carattere tecnico, al magistrato non sarebbe possibile discostarsene; intervenendo egli, come si è chiarito, nella sola generica sfera della capacità (o incapacità) del soggetto, tal quale viene a verificarsi per altre consimili fattispecie (per gli interdicendi, ad esempio, ai sensi dell’articolo 414 cod. civ.)»;

che le medesime considerazioni si trovano ribadite nelle ordinanze n. 463 del 1988 e n. 293 del 1993;

che, anche di recente, è stato ancora una volta riaffermato, nella ordinanza n. 126 del 2012, come, conformemente alla sopra identificata funzione del procedimento dinanzi al giudice tutelare, sia «attribuito a tale giudice – in tutti i casi in cui l’assenso dei genitori o degli esercenti la tutela non sia o non possa essere espresso – il compito di “autorizzazione a decidere”, un compito che (alla stregua della stessa espressione usata per indicarlo dall’art. 12, secondo comma, della legge n. 194 del 1978) non può configurarsi come potestà co-decisionale, la decisione essendo rimessa – alle condizioni ivi previste – soltanto alla responsabilità della donna» (ordinanza n. 76 del 1996); e che «il provvedimento del giudice tutelare risponde ad una funzione di verifica in ordine alla esistenza delle condizioni nelle quali la decisione della minore possa essere presa in piena libertà morale» (ordinanza n. 514 del 2002);

che, pertanto, non essendo il rimettente chiamato a decidere, o a codecidere, sull’an della interruzione della gravidanza, la denunciata norma dell’art. 4 della legge n. 194 del 1978, che tale interruzione consente, non viene in applicazione del giudizio a quo;

che la correlativa questione di legittimità costituzionale è manifestamente, quindi, inammissibile per irrilevanza, assorbita rimanendo ogni altra eccezione dell’Avvocatura.

Ricordiamo che è ancora aperta la possibilità di inviare un articolo di commento a questo caso, rispondendo alla call for papers "Le Corti e l'inizio della vita".

Pubblicato il: Mercoledì, 20 Giugno 2012 - Ultima modifica: Lunedì, 17 Giugno 2019
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