La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili le questioni di costituzionalità sollevate dal Giudice di Pace di Frosinone, in relazione agli artt. 1, 2, e 3 del d.l. n. 6 del 23 febbraio 2020 (Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19), e gli artt. 1, 2, e 4 del d.l. n. 19 del 25 marzo 2020 (Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da Covid-19), per presunto contrasto con gli artt. 76, 77, e 78 della Costituzione.
Corte costituzionale – sent. 198/2021: questioni di costituzionalità dei d.l. n. 6/2020 e n. 19/2020 in materia di gestione della crisi sanitaria da Covid-19
23 settembre 2021
Le questioni sono sollevate nell’ambito di una controversia tra E.I. e i Carabinieri di Trevi, ove il ricorrente si oppone a un verbale di contestazione che gli comminava una multa di euro 400, per la violazione del divieto di uscire dalla propria abitazione previsto dal d.P.C.m 22 marzo 2020 contenente ulteriori disposizioni attuative del d.l. 6/2020.
Il giudice a quo ritiene che la gestione della pandemia per mezzo dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri sia in contrasto con il principio di legalità delle sanzioni amministrative, e il principio di tipicità delle fonti normative, secondo cui “la funzione legislativa è affidata al Parlamento, che può delegarla solo con una legge-delega e comunque giammai ad atti amministrativi” (par. 1.2), non potendosi prospettare nemmeno l’unica eccezione prevista dalla Costituzione, cioè lo stato di guerra.
Quanto alla prima questione, la Corte stabilisce che un’eventuale dichiarazione di incostituzionalità del d.l. 6/2020 non avrebbe alcuna ripercussione concreta sul giudizio a quo, dal momento che esso non si applica al caso di specie. Poiché l’illecito amministrativo, avvenuto il 20 marzo 2020, non ricade nell’ambito applicativo del decreto in oggetto, abrogato prima del fatto, si dichiara inammissibile la questione di costituzionalità concernente gli artt. 1, 2, e 3 del d.l. n. 6/2020 in quanto non rilevante.
Per quanto concerne il d.l. 19/2020, la Corte reputa che non vi sia un trasferimento della competenza a legiferare, visto che il decreto provvede a tipizzare le misure di contenimento che il Governo può adottare, e prescrive il rispetto del requisito di temporaneità delle misure restrittive, e dei principi di proporzionalità e adeguatezza. Proprio su questo punto viene richiamato l’art. 2 comma 1 del decreto in questione, secondo cui “per i profili tecnico-scientifici e le valutazioni di adeguatezza e proporzionalità, i provvedimenti di cui al presente comma sono adottati sentito, di norma, il Comitato tecnico-scientifico” (par. 6.2), e ciò è evidentemente un principio tipico dell’esercizio della discrezionalità amministrativa e non compatibile con l’espletamento della funzione legislativa.
La Corte fa poi riferimento ad una precedente sentenza, la n. 37/2021, ove sottolinea che “«[…]il legislatore statale, se posto a confronto con un’emergenza sanitaria dai tratti del tutto peculiari, scelga di introdurre nuove risposte normative e provvedimentali tarate su quest’ultima», come appunto accaduto «a seguito della diffusione del COVID-19, il quale, a causa della rapidità e della imprevedibilità con cui il contagio si spande, ha imposto l’impiego di strumenti capaci di adattarsi alle pieghe di una situazione di crisi in costante divenire»” (par. 8.1.1).
Dato che il contenuto del decreto affida al Governo il compito di “dare esecuzione alla norma primaria mediante atti amministrativi sufficientemente tipizzati” (par. 9), la questione di costituzionalità inerente agli artt. 1, 2, e 4 del d.l. 19/2020 è ritenuta infondata.
Il testo della sentenza è disponibile nel box download.