La Corte di Cassazione ritorna a valutare la possibilità di trascrivere un provvedimento straniero che riconosce il legame di filiazione tra genitore intenzionale e minore nato in seguito a maternità surrogata. Per la Corte, la soluzione ostativa fornita precedentemente dalle Sezioni Unite (sentenza n. 12193/19) solleva profili di incostituzionalità in relazione agli art. 2, 3, 30, 31 e 117 della Costituzione, discriminando i minori in relazione alle circostanze della nascita e alle modalità di gestazione.
Corte di Cassazione- Prima Sezione Civile- Ordinanza n. 8325/2020: questione di legittimità costituzionale in relazione all'impossibilità di riconoscimento del legame di filiazione tra genitore di intenzione e minore a seguito di GPA
29 aprile 2020
Nel caso di specie, due cittadini italiani coniugati in Canada, con matrimonio trascritto nel registro delle unioni civili, chiedevano all’ufficiale di stato civile del Comune di Verona di trascrivere l’atto di nascita del minore loro figlio. Il bambino era nato in Canada in seguito alla fecondazione avvenuta tra un ovocita di una donatrice anonima e il gamete di uno dei due genitori, con successivo impianto nell’utero di una diversa donna, secondo le modalità tipiche delle gestazioni per altri (maternità surrogata), legalmente ammessa in Canada.
In seguito al rifiuto dell’ufficiale di stato civile, i ricorrenti proponevano ricorso ex 702bis c.p.c. alla Corte di Appello di Venezia al fine di ottenere l’esecutorietà in Italia della sentenza dalla Supreme Court della British Columbia emessa precedentemente, nella quale si dichiarava che entrambi erano genitori del minore. A fronte dell’accoglimento da parte della Corte di Appello, l’Avvocatura dello Stato proponeva ricorso in cassazione.
Nell’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione riconosce innanzitutto che un precedente rilevante in materia è costituito dalla sentenza n. 12193/2019, ove le Sezioni Unite avevano affermato che il divieto di maternità surrogata di cui all’art. 12 c. 6 della legge n. 40/2004, in quanto espressivo di un superiore principio di ordine pubblico, osta al riconoscimento dell’efficacia di un provvedimento giurisdizionale straniero con il quale si accerti il rapporto di filiazione tra minore nato in seguito a maternità surrogata e genitore di intenzione (ossia il genitore non biologico).
La Corte ritiene tuttavia necessario rivedere tale orientamento delle Sezioni Unite alla luce del parere del 10 aprile 2019 della Grand Chambre della Corte EDU. In particolare, la Corte EDU ha chiarito che il margine di apprezzamento degli Stati, in relazione alla possibilità di riconoscere un legame di filiazione tra un bambino nato all’estero mediante maternità surrogata e genitore di intenzione, è particolarmente ristretto tenuto conto dell’art. 8 CEDU e dell’interesse superiore del minore. Maggiore è invece la discrezionalità degli Stati con riferimento alle modalità concrete per garantire tale riconoscimento, purché queste ne assicurino l’effettività e la celerità.
A fronte di quanto affermato dalla Corte EDU, la Corte di Cassazione ravvede una situazione di conflitto con il diritto vivente in Italia e solleva «questione di legittimità costituzionale degli art. 12, comma 6, della legge n. 40 del 2004, 64, comma 1, della legge n.218 del 1995, nonché dell’art. 18 del d.p.r. n.396/2000 se interpretati, come attualmente nel diritto vivente, come impeditivi, in via generale e senza valutazione concreta dell’interesse superiore del minore, della trascrizione dell’atto di nascita legalmente costituito all’estero di un bambino nato mediante gestazione per altri nella parte in cui esso attesta la filiazione del genitore intenzionale non biologico, specie se coniugato con il genitore intenzionale biologico».
Secondo la Corte, il diritto vivente in Italia, formatosi in seguito alla decisione delle Sezioni Unite, attribuendo al divieto di maternità surrogata «lo statuto di principio di ordine pubblico internazionale prevalente a priori sull’interesse del minore», confligge con l’art. 117 c. 1 della Costituzione, in relazione ai parametri interposti costituiti dall’art. 8 CEDU, dagli articoli 2, 3, 7, 9, 10 e 18 della Convenzione di New York del 1989 e dall’art. 24 della Carta di Nizza. Non sarebbe infatti possibile un’interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente conforme delle norme sospettate di incostituzionalità, senza contraddire l’autorevole sentenza delle Sezioni Unite.
La Prima Sezione Civile solleva questione di legittimità costituzionale anche in relazione ai principi di eguaglianza e di non discriminazione, in relazione alla nascita e al rapporto di filiazione, consacrati dalla Costituzione agli articoli 2, 3, 30, 31, ritenendo l’interpretazione delle Sez. Unite in contrasto con il diritto del minore alla propria identità, alla formazione e al consolidamento del rapporto di filiazione. Secondo la Corte, infatti, è stato realizzato un erroneo bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti, determinando «il sacrificio e la compressione dell’interesse superiore del minore […] in misura irrazionale e sproporzionata ed eccessiva».
La Corte considera, alla stregua di autorevole dottrina, che il riferimento all’ordine pubblico internazionale, pur richiamato dalle Sez. Unite, non possa mai giustificare la lesione di diritti fondamentali dell’individuo, non solo perché questi, in quanto manifestazione di valori supremi e vincolanti della nostra cultura giuridica, costituiscono un ordine pubblico gerarchicamente superiore (c.d costituzionale), ma anche perché l’interesse del minore, espressione del principio di inviolabilità della persona umana, non si contrappone all’ordine pubblico ma concorre alla sua formazione.
Inoltre, la Corte sottolinea come la legislazione e la giurisprudenza costituzionale siano arrivate progressivamente a sancire l’unità dello stato di figlio a prescindere dalle condizioni di nascita, e come lo stato di filiazione nel nostro ordinamento non sia legato al contributo biologico, stante l’esistenza dell’istituto dell’adozione e della procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo. Il riconoscimento della decisione straniera poi, secondo la Corte, non comporterebbe alcun riconoscimento o legittimazione del contratto di “maternità surrogata”, la cui illecita nell’ordinamento italiano non viene discussa, ma avrebbe il solo l’effetto di riconoscere l’identità personale, sociale e familiare del minore come già riconosciute dall’ordinamento canadese. Ciò permetterebbe inoltre di considerare la legislazione del paese in cui è avvenuta la nascita e il riconoscimento: a dire della Corte infatti, non è irrilevante la circostanza che la gestazione sia avvenuta nel pieno rispetto delle leggi di un ordinamento come quello canadese, che condivide valori riconosciuti anche dalla Costituzione italiana e legittima solo la “maternità surrogata” per scopi altruistici e senza corrispettivo.
La Corte rileva anche la violazione delle norme costituzionali che tutelano la vita familiare e l'espressione della personalità nelle formazioni sociali. Il disconoscimento del rapporto di filiazione, nei confronti di un genitore legalmente riconosciuto in un altro ordinamento, è destinato infatti ad avere «ripercussioni gravemente nocive nei confronti del minore che vede messa in discussione la unicità e inscindibilità della sua relazione genitoriale nello spazio e subisce un grave menomazione ex post delle relazione con il genitore intenzionale...». La prevalenza della pretesa sanzionatoria sull’interesse del bambino si scontra inoltre con la giurisprudenza costituzionale che, in relazione al reato di alterazione di stato o soppressione di stato, ha affermato che la condanna non comporta l’automatica decadenza della potestà genitoriale, sancendo il principio per cui il disvalore che la legge attribuisce alla condotta dei genitori non può riverberarsi sulla condizione giuridica dei figli.
Infine, questione di legittimità costituzionale viene sollevata anche in relazione «al deficit di istituti alternativi» che possano garantire, in modo equivalente alla trascrizione dell’atto di nascita e al riconoscimento del provvedimento giurisdizionale straniero che instaura il legame di filiazione, l’interesse superiore del minore. Infatti, diversamente dalle Sez. Unite del 2019, la Corte di Cassazione non ritiene adeguato l’istituto dell’adozione in casi particolari ex art. 44 lett. d. l. 184/1983, poiché tale forma di adozione crea solo una situazione affettiva non pienamente equiparabile alla filiazione. Inoltre tale istituto, prevedendo un iter lungo e complesso assoggettato alla volontà del genitore intenzionale di adire l’autorità giudiziaria nonché all’assenso da parte del genitore biologico, permetterebbe al genitore di intenzione di sottrarsi alle responsabilità assunte nel paese in cui il minore è nato. Secondo la Corte tale istituto potrebbe fornire una tutela adeguata solo «nei casi particolari in cui il pieno riconoscimento dello status filiationis non si dimostri concretamente rispondente all’interesse del minore».
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