Vai menu di sezione

Corte di Cassazione - sez. I civ. – ord. 24124/2024: questione di legittimità costituzionale della legge 833/2978 in merito ai Trattamenti sanitari obbligatori.
9 settembre 2024

La Corte di cassazione ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. artt. 33, 34, 35 della Legge n. 883/1978, con riferimento agli artt. 2, 3, 13, 24, 32, 111 Cost, nonché all’art. 117 Cost. in relazione agli artt. 6 e 13 CEDU, in quanto non consentirebbero un ricorso immediato ed efficace avverso i provvedimenti che dispongono un T.S.O. in regime di degenza ospedaliera.

Numero
24124
Anno
2024

Il 16/01/2021 il sindaco di Caltanissetta dispone l’effettuazione di un trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza nei confronti di A.A. il quale veniva convalidato dal giudice tutelare in data 18/01/2021. A.A., ai sensi dell’art. 35 della legge n° 883/1978, non conviene con la misura e, in data 19/02/2021, dopo essere stato dimesso, presenta opposizione avverso il decreto di convalida del giudice tutelare presso il tribunale di Caltanissetta.

Nel giudizio di primo grado, l’APS di Caltanissetta rimaneva contumace, mentre il comune chiedeva il rigetto del ricorso. Successivamente, in data 13/03/2021, la parte ricorrente estendeva la domanda alla Presidenza del Consiglio dei ministri, al Ministero della giustizia e al sindaco di Caltanissetta, nella qualità di ufficiale di governo.

Il tribunale di Caltanissetta dichiarava la mancanza di legittimazione passiva del Comune di Caltanissetta, della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministero della giustizia e respingeva il ricorso ritenendo che, il grave scompenso psichico e il comportamento oppositivo alle cure posto in essere dalla ricorrente fossero idonei ad integrare i presupposti ex artt. 33 e ss l. 883/1978.

A.A. e l’Avvocatura di stato, costituita per il sindaco di Caltanissetta, si rivolgevano dunque alla Corte d’Appello, la quale respingeva il gravame, ritenendo presenti le condizioni per il T.S.O.

Il provvedimento è stato poi impugnato da A.A. mentre l’avvocatura dello Stato si è costituita con controricorso.

Alla pubblica udienza del 14/06/2024, il P.M. ha concluso per il rigetto del ricorso e perché venga sollevata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 35 l. 883/1978 nella parte in cui, pur consentendo l’opposizione al T.S.O. da parte del soggetto sottopostovi, non ne prevede una tempestiva informazione indispensabile a consentirgli di effettuare opposizione in tempo utile.

La ricorrente, con un unico motivo, lamenta la violazione e la distorta applicazione degli artt. 70, 101, 115, 116 e 167 c.p.c., dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 33 e 34 della l. 883/1978 in relazione all’art. 360 c. 3 e 5 c.p.c.

In primo luogo, secondo la ricorrente la mancata notifica di tutti gli atti procedimentali del TSO non le ha permesso di conoscere nell’immediatezza quanto le stava accadendo. Le modalità di svolgimento della procedura hanno comportato un pregiudizio al suo diritto ad un ricorso tempestivo ed effettivo ex art. 13 CEDU. In particolare, essa non ha ricevuto copia del provvedimento del sindaco, con la conseguenza di impedirle di constatare la mancanza della relazione medica cui detto provvedimento faceva riferimento; non ha ricevuto la notifica dell’ordinanza di convalida alla quale dunque non ha potuto opporsi e non è stata sentita dal giudice tutelare prima della convalida, permettendo così a quest’ultimo di decidere sulla base di soli atti, peraltro incompleti.

In secondo luogo, la ricorrente rileva il difetto dei presupposti previsti dalla legge per l’imposizione del TSO, cui si aggiunge il fatto che, ove fossero state ammesse le prove da lei richieste, la lacunosità dei presupposti sarebbe stata dimostrata.

In terzo luogo, A.A. si oppone poi a due decisioni della Corte d’Appello: quella sul difetto di legittimazione della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministero della giustizia e quella sull’assenza di conflitto di interesse tra essa e il sindaco essendo A.A. una dipendente comunale.

A.A. chiede dunque che il provvedimento impugnato cessi la sua efficacia e che il TSO venga dichiarato nullo.

La ricorrente invoca, poi, la violazione delle norme CEDU, e il P.M., nella persona del sostituto procuratore generale, esprime una condividibile riflessione sulla non conformità a Costituzione del sistema normativo vigente. La Procura Generale infatti dubita «che l'attuale sistema normativo in materia di trattamenti sanitari obbligatori in condizione di degenza ospedaliera[…], sia conforme agli artt. 2, 3,13, 24, 32 e 111 della Costituzione, nonché all'art. 117 della Costituzione in relazione agli artt. 6 e 13 CEDU, nella parte in cui non prevede che l'ordinanza con la quale il sindaco dispone il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera sia notificato all'interessato, o al suo eventuale legale rappresentante, con l'avviso che il provvedimento sarà sottoposto a convalida del giudice tutelare entro le 48 ore successive; nonché nella parte in cui non prevede che la ordinanza di convalida del giudice tutelare sia notificata all'interessato, o al suo eventuale legale rappresentante, con l'avviso che può presentare ricorso ai sensi dell'art. 35 della legge 833/1978» (punto 2).

Secondo la Corte di cassazione la questione proposta è rilevante in quanto nel caso di specie non è possibile derimere la controversia senza applicare gli att. 33, 34, 35 l. 883/1978 nelle parti in cui dette norme disciplinano la procedura del T.S.O. La questione della legittimità della procedura, dunque, è «preliminare e centrale, al fine di decidere se la ricorrente sia stata sottoposta legalmente al trattamento sanitario ovvero abbia subito una illegittima privazione della sua libertà e facoltà di autodeterminarsi» (punto 3.1) e tale nodo non appare risolvibile se non derimendo il dubbio di legittimità costituzionale di cui sopra.

Inoltre, sempre secondo la Corte di cassazione, nonostante sia previsto un controllo giurisdizionale e il diritto al ricorso avverso il provvedimento, è presente ugualmente un vulnus nel diritto ad un ricorso effettivo, con conseguente violazione degli att. 6 e 13 CEDU, in quanto la legislazione italiana non prevede la notificazione, alla persona interessata, del provvedimento del sindaco e dell’ordinanza che lo convalida, né prevede che l’interessato sia personalmente ascoltato dal giudice prima della convalida della misura. In merito, l’art. 35 l. 883/1978 prevede solamente che il giudice tutelare, entro 48 ore dalla notifica del provvedimento del sindaco, assunte le informazioni e gli eventuali accertamenti, provveda con decreto motivato a convalidare o non convalidare il provvedimento e che di ciò ne debba dare comunicazione al sindaco stesso. Manca tuttavia la previsione normativa di una qualsiasi comunicazione diretta al paziente finalizzata ad informare lo stesso dei trattamenti sanitari obbligatori e della possibilità di opporsi agli stessi. I giudici notano come, secondo la disciplina attuale, l’interessato può solo impugnare il provvedimento finale di convalida emesso dal Tribunale senza tuttavia essere reso partecipe degli atti che precedono la convalida.

La Corte nota poi come il deficit sopra descritto non sia colmabile con una lettura costituzionalmente orientata delle norme poiché gli adempimenti procedurali che si renderebbero necessari, in una materia come questa coperta da riserva di legge, , «non possono che essere previsti dalla legge stessa; e se non previsti, non può imporli il giudice creando il diritto al posto del legislatore» (punto 3.7).

Per queste ragioni, la Corte ritiene che «l'attuale sistema normativo in materia di trattamenti sanitari obbligatori in condizione di degenza ospedaliera, disegnato dagli artt. 33, 34 e 35 della legge n. 833/1978 non sia conforme agli artt. 2, 3,13,24, 32 e 111 della Costituzione, nonché all'art. 117 della Costituzione in relazione agli artt. 6 e 13 CEDU, per la mancata previsione, cui non può rimediarsi attraverso la via dell'interpretazione affidata al giudice, della notificazione dei provvedimenti, nonché di passaggi procedimentali a garanzia del diritto al contraddittorio, alla difesa e ad un ricorso tempestivo ed effettivo avverso decisioni che limitano il diritto di autodeterminarsi in materia di trattamenti sanitari e la libertà personale, compresa l'audizione del soggetto interessato» (punto 5.2).

La Corte, dunque, solleva questione di legittimità costituzionale degli artt. 33, 34, 35 della legge n° 883/1978 con riferimento agli artt. 2, 3, 13, 24, 32, 111 Cost, nonché all’art. 117 Cost., in relazione agli artt. 6 e 13 CEDU.

Il testo dell’ordinanza è disponibile nel box download.

Vanessa Lando
Pubblicato il: Lunedì, 09 Settembre 2024 - Ultima modifica: Martedì, 29 Ottobre 2024
torna all'inizio