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Corte di Cassazione – sez. III civ. – ord. 14245/2024: risarcimento del danno non patrimoniale per lesione del diritto all’autodeterminazione
22 maggio 2024

Con l’ordinanza n. 14245 del 22 maggio 2024 la Corte di Cassazione rigetta il ricorso proposto da un medico, confermando così la decisione della Corte d’Appello di Firenze con cui veniva condannato lo stesso al pagamento di una somma a titolo di danno non patrimoniale a favore degli eredi di un paziente oncologico al quale aveva prescritto una cura alternativa alla chemioterapia. Tale terapia aveva poi causato il decesso del malato. 

Numero
14245
Anno
2024

Nell’ottobre del 2005 fu diagnosticato al signor E.E. un tumore polmonare grave e incurabile. Per tale ragione, venne subito sottoposto a cicli di chemioterapia e trattamento con morfina. I familiari di E.E. decisero inoltre di rivolgersi ad A.A., il quale propose loro una cura alternativa a quella tradizionale, da svolgersi interrompendo la chemioterapia. Nonostante fosse stata assicurata la piena guarigione del malato, E.E. non ebbe alcun miglioramento e morì.

I figli e la moglie di E.E. agirono quindi in giudizio e chiesero il risarcimento sia del danno patrimoniale derivato dall’acquisto del farmaco rivelatosi inefficace, sia del danno non patrimoniale subito a causa del dolore e della sofferenza che il comportamento di A.A. aveva loro cagionato. Nel novembre 2016 il Tribunale di Firenze accolse le domande e condannò A.A. al pagamento delle somme dovute a titolo di risarcimento del danno. Nel 2021 la Corte d’Appello di Firenze confermò la sentenza di primo grado. A.A. ha pertanto presentato ricorso in Cassazione avverso la decisione della Corte d’Appello. 

In primo luogo il ricorrente afferma che il giudice d’Appello ha illegittimamente riconosciuto la responsabilità a suo carico. Era stata esclusa, infatti, la sussistenza di un nesso causale tra la condotta di A.A. e il decesso di E.E.  La Corte dichiara infondata tale doglianza. È da evidenziare, anzitutto, come l’interpretazione relativa al contenuto della domanda risarcitoria sia attività riservata al giudice di merito e sindacabile in Cassazione solamente in alcune specifiche ipotesi, tra le quali non rientra quella prospettata da A.A. Va altresì sottolineato che, nel caso in esame, la situazione giuridica tutelata è il diritto all’autodeterminazione, cioè quello a compiere scelte in modo libero e consapevole. Ciò considerato, ai familiari di E.E. spetta il risarcimento poiché A.A. ha leso tale diritto, approfittando gravemente della loro vulnerabilità emotiva e attuando condotte sempre più subdole con il passare del tempo. 

In secondo luogo, A.A. rileva come la Corte d’Appello abbia erroneamente rigettato la richiesta di ammissione di mezzi di prova tramite testimoni, non fornendo peraltro valide spiegazioni a riguardo. La Cassazione ritiene inammissibile tale motivo di ricorso. A ben vedere, il giudice di secondo grado si è correttamente pronunciato in merito all’accertamento probatorio richiesto e ha adeguatamente motivato la scelta. 

Il ricorrente lamenta altresì la violazione o falsa applicazione di norme di diritto in quanto la Corte d’Appello avrebbe illegittimamente fondato il giudizio relativo alla responsabilità civile su prove acquisite nel corso del giudizio penale svoltosi in riferimento agli stessi fatti e conclusosi con un patteggiamento. Anche tale doglianza è infondata. Il giudice d’appello, infatti, si è limitato a richiamare nel giudizio civile prove acquisite nel giudizio penale inserendole poi all’interno di un più ampio giudizio di responsabilità, corredato anche dalle dichiarazioni rese in sede civile. 

In conclusione, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso proposto da A.A.

Il testo della decisione è disponibile nel box download. 

Emma Pivato
Pubblicato il: Mercoledì, 22 Maggio 2024 - Ultima modifica: Sabato, 14 Dicembre 2024
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