La Corte di Cassazione ha riconosciuto che il costo delle prestazioni socio-assistenziali che siano strettamente legate a quelle sanitarie svolte nei confronti di soggetti affetti dal morbo di Alzheimer debbano essere considerate a carico del Sistema Sanitario Nazionale (SSN).
Corte di Cassazione – sez. III civ. – ord. 26943/2024 – Morbo di Alzheimer e gratuità delle prestazioni assistenziali
17 ottobre 2024
Con atto di citazione del giugno 2017, l’attrice conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Milano, la ASL e la Regione Lombardia ASST Rhodense chiedendo l’accertamento della nullità (ex art. 1418 cc) dell’impegno da lei assunto in merito al pagamento della retta di ricovero della madre affetta da morbo di Alzheimer presso la R.S.A. lombarda. Il Tribunale di Milano con sentenza n. 37241/2017 rigettava la domanda condannando l’attrice al pagamento della quota da lei dovuta alla R.S.A.
Avverso la sentenza di primo grado, l’attrice proponeva ricorso in Corte d’Appello dove veniva comunque rigettata l’impugnazione vista l’insussistenza dei requisiti necessari per avere diritto alla gratuità delle prestazioni assistenziali ai sensi dell’art. 3 comma 1 DPCM 14 febbraio 2001. Sul punto, secondo l’interpretazione data dalla Corte, la gratuità delle prestazioni era prevista solo in due casi: quello di prestazioni sanitarie a rilevanza sociale e quello di prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria.
A tal proposito, la Corte d’Appello, alla luce dell’analisi della documentazione fornita (relazioni sanitarie, dichiarazioni dell’attrice, accordo di degenza) inseriva il caso riguardante il paziente anziano affetto da morbo di Alzheimer all’interno della categoria delle prestazioni di lungoassistenza per le quali non si prevede la gratuità completa della prestazione ma la ripartizione complessiva del costo tra Sistema Sanitario Nazionale e Comune, con la partecipazione dell’utente. La Corte d’Appello, dunque, rilevava la necessità di operare un’analisi casistica volta a stabilire la prevalenza delle prestazioni sanitarie rispetto a quelle assistenziali per determinare se si trattasse o meno di prestazioni da rendere gratuitamente. A tal proposito, laddove le prestazioni assistenziali fossero risultate prevalenti, i suddetti servizi sarebbero dovuti essere prestati a titolo oneroso, con la ripartizione delle spese tra il SSN e l’utente.
Alla luce di questa interpretazione, la corte d’Appello affermava come le prestazioni sanitarie destinate a persone anziane affette da malattie croniche e degenerative fossero da considerarsi prestazioni di lungoassistenza e quindi come prestazioni che presuppongono la ripartizione forfettaria del costo complessivo a carico del SNN, del comune e dell’utente.
Avverso tale sentenza, l’attrice proponeva ricorso in Cassazione richiamando la giurisprudenza della stessa ed in particolare le sent. n. 28321/2018 e 16409/2021. All’interno di questi precedenti si sosteneva che, per rientrare nella categoria che beneficia della gratuità delle attività assistenziali, fosse sufficiente che al paziente venissero fornite prestazioni sanitarie strettamente collegate a quelle assistenziali, senza che fosse necessario dimostrare la prevalenza delle cosiddette prestazioni ad elevata integrazione sanitaria. Inoltre, la citata sent. n.2038/2023 ha affermato che, affinché i costi siano interamente a carico del SSN, sia sufficiente che al malato di Alzheimer vengano fornite prestazioni sanitarie connesse a quelle assistenziali.
La Cassazione dunque accoglie il ricorso dell'attrice e stabilisce che, in generale, le prestazioni socio-assistenziali strettamente legate a quelle sanitarie devono essere considerate come parte di quelle a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). In particolare, con riferimento ai soggetti affetti da Alzheimer la Corte ha affermato che l’attività svolta in relazione a tali pazienti sia da considerarsi come sanitaria in quanto risulterebbe essere particolarmente gravoso scindere le quote di natura assistenziale da quelle di natura sanitaria vista la loro stretta correlazione. La Cassazione fornisce poi l’interpretazione dell’art. 30 L. n. 730/1983 affermando come laddove siano svolte prestazioni socio-assistenziali assieme a prestazioni sanitarie, queste ultime siano di maggior rilievo e siano dunque a carico del SSN.
In conclusione, nell'ordinanza si afferma che per risolvere la questione del riparto dei costi (se a carico completo del SSN o se ripartiti tra SSN ed utente) occorra adoperare il criterio del nesso di strumentalità necessaria tra prestazioni di natura alberghiera e prestazioni sanitarie. Laddove questi due tipi di attività siano particolarmente correlati e si evidenzi l’inscindibile ed unitaria coesistenza dei due aspetti, la prestazione è da considerare rientrante nella categoria delle prestazioni socio sanitarie ad elevata integrazione e dunque ne è prevista l’erogazione a titolo gratuito per l’utente.
Il testo completo dell'ordinanza è disponibile nel box download.