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Corte di Cassazione – sez. III penale – sent. 40316/2024 - Responsabilità medica e applicazione delle linee guida: il chiarimento della Corte di Cassazione
24 settembre 2024

Il 24 settembre 2024, la Corte di Cassazione ha rigettato l’impugnazione di una sentenza della Corte d’Appello di Catania, presentata da un medico accusato di aver causato la morte di un neonato. La Corte ha sottolineato come il rispetto delle linee guida sulla responsabilità medica non esoneri automaticamente da colpa grave, soprattutto quando non si siano considerati adeguatamente i fattori di rischio specifici. La sentenza ha dunque ritenuto che, pur non essendo obbligatorio secondo le linee guida il monitoraggio cardiotocografico, nel caso di specie il medico avrebbe dovuto adottare misure di monitoraggio aggiuntive, data la complessità del quadro clinico della paziente, per prevenire l’esito fatale. Pertanto, la Corte ha confermato la condanna per imperizia non lieve.

Numero
40316
Anno
2024

La controversia in esame scaturisce dalla morte di un neonato durante il parto di una paziente con una storia medica complessa (due tagli cesarei precedenti e forti dolori pelvici). Il medico, alla luce di quanto sostenuto dalla Corte, aveva erroneamente valutato i segni clinici della paziente ed il rischio di complicazioni e, conseguentemente, non aveva effettuato il monitoraggio cardiotocografico e del travaglio. Secondo le linee guida mediche, queste misure aggiuntive non risultavano essere obbligatorie; tuttavia, se fossero state poste in essere, avrebbero potuto rilevare tempestivamente il pericolo e prevenire il decesso del neonato.

Nell’impugnazione della sentenza di secondo grado, la difesa chiedeva l'annullamento della condanna, sostenendo che la sentenza fosse contraddittoria riguardo l’obbligatorietà del monitoraggio cardiotocografico. In particolare, si evidenziava che la Corte d'Appello avesse da un lato qualificato tale monitoraggio come non obbligatorio in base alle linee guida, ma dall'altro avesse attribuito responsabilità al medico per non averlo effettuato. La difesa contestava inoltre l'interpretazione delle stesse linee guida, sottolineando che queste prevedono il monitoraggio continuo solo in caso di travaglio attivo, non era presente nel caso specifico, da ciò ne deriva che tale monitoraggio sarebbe stato una "preferenza" e non un obbligo per il medico. 

In merito al nesso di causalità, la difesa sosteneva che i giudici non avessero adeguatamente considerato la condotta del medico e il legame tra l'omissione del monitoraggio e la rottura dell'utero, un evento che potrebbe verificarsi in modo improvviso. A sostegno di tale tesi, si faceva riferimento alla possibilità che la rottura fosse dovuta a un comportamento della paziente, e non alla pressione del feto.

Per quanto riguarda la disciplina applicabile, la difesa invocava l’art. 3 del Decreto Balduzzi (D.L. 158/2012, convertito dalla Legge 189/2012), che prevede l’applicazione della normativa più favorevole all’imputato, escludendo la responsabilità penale per colpa lieve in caso di conformità alle linee guida e le buone pratiche scientifiche. Tuttavia, la Corte ha escluso l’applicazione di tale regime di favore, ritenendo che la colpa fosse qualificata come imperizia non lieve.

La Cassazione ha rigettato la richiesta di annullamento della sentenza, rilevando come i giudici avessero correttamente individuato la condotta omissiva (mancato controllo cardiotocografico e monitoraggio del travaglio). Infatti, pur non essendo indicato nelle linee guida un comportamento preciso per il caso in esame, la Corte ha sottolineato che le condizioni specifiche della paziente imponevano l'adattamento delle linee guida alle buone prassi mediche del 2012 e che il monitoraggio continuo, se adottato, avrebbe probabilmente avuto un effetto salvifico.

Nella sentenza si è poi ribadito che l'art. 3 del Decreto Balduzzi non si applica quando la colpa è qualificata come non lieve e si è sottolineata l’interpretazione secondo cui le linee guida sono da considerarsi come orientative e possano essere disattese laddove non adeguate al caso concreto. Questo principio, già affermato nella sentenza 7849/2012 e nella sentenza 8770/2018 (sent. Mariotti) ribadisce il principio per cui il rispetto delle raccomandazioni non esoneri il medico da responsabilità penale laddove esse non siano adeguate alla situazione clinica del paziente.

In conclusione, la Cassazione ha rigettato il ricorso, considerando come la condotta omissiva del medico, consistente nell'omissione del monitoraggio continuo, fosse da considerarsi colpa grave. Le specifiche condizioni della paziente - due tagli cesarei, algie pelviche e segnali premonitori del parto – rendevano per tanto necessario un monitoraggio costante, la cui omissione è stata giudicata come colpa grave.

Il testo completo della sentenza è disponibile nel box download.

Federica Carluccio
Pubblicato il: Martedì, 24 Settembre 2024 - Ultima modifica: Mercoledì, 19 Febbraio 2025
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