La Corte di Cassazione (sentenza 15495 del 7 aprile 2014) ha escluso l’applicabilità dell’esclusione della responsabilità penale in caso di colpa lieve per il personale sanitario che si attenga alle linee guida e alle buone pratiche condivise dalla comunità scientifica, in un caso riguardante l’imputazione per omicidio colposo di un medico che non era ricorso tempestivamente al parto cesareo in presenza di brachicardia del feto.
Corte di Cassazione - sez. IV pen. - sent. 15495/2014: imputabilità del medico e grado della colpa (art. 3 l. n. 189/2012)
11 marzo 2014
Il caso sottoposto all’attenzione dei giudici di legittimità non può rientrare nell’ambito della abolitio criminis operata dalla novella del 2012, che restringe la punibilità ex art. 589 del codice penale. Il testo della sentenza è disponibile nel box download.
L’imputato, medico ginecologico, veniva condannato in primo grado per il delitto di omicidio colposo, per aver causato, al momento del parto, la morte di una bambina. Al medico si addebita di aver omesso di considerare i segni di sofferenza fetale indicati dal continuo monitoraggio al quale la paziente era stata sottoposta durante il travaglio e di aver omesso di intervenire per tempo con il taglio cesareo.
La Corte d’appello confermava la sentenza di primo grado, rilevando che il ginecologo aveva violato le leges artis che raccomandano di intervenire subito con cesareo in caso di brachicardia fetale e rilevava che il livello di colpa del medico non si poneva al livello minimo, per la gravità della imperizia e per la durata temporale della omissione.
Il ricorrente denuncia la violazione di legge ed il vizio motivazionale, in riferimento agli artt. 40 e 589 cod. pen. rispetto alle leges artis ed alla incidenza causale della infiammazione placentare. Rileva, inoltre, l’applicabilità al caso di giudizio degli artt. 2 e 43 cod. pen. e della L. 8 novembre 2012, n. 189, art. 3.
Il ricorrente richiama il contenuto delle linee guida nazionali nelle quali si afferma che un tracciato cardiotocografico anormale ha scarso valore predittivo di compromissione fetale, rappresentando un falso positivo nella maggioranza dei casi. A questo proposito, la parte ricorrente osserva che il giudice del merito non si è posto il problema di valutare, anche sulla base delle linee guida, il grado di consenso scientifico delle tesi esposte dall’imputato. La parte rileva, pertanto, che la condotta posta in essere dall’imputato rientra comunque nell’ambito applicativo della disposizione di cui alla L. 8 novembre 2012, n. 189, art. 3, poiché l’imputato ha rispettato gli approdi scientifici consacrati nelle linee guida.
Secondo la Corte di Cassazione: «Chiarito che il sapere scientifico costituisce un indispensabile strumento, posto al servizio del giudice di merito, deve rilevarsi che, non di rado, la soluzione del caso posto all’attenzione del giudicante, nei processi ove assume rilievo l’impiego della prova scientifica, viene a dipendere dall’affidabilità delle informazioni che, attraverso l’indagine di periti e consulenti, penetrano nel processo. Si tratta di questione di centrale rilevanza nell’indagine fattuale, giacché costituisce parte integrante del giudizio critico che il giudice di merito è chiamato ad esprimere sulle valutazioni di ordine extragiuridico compiute nel processo. Il giudice deve, pertanto, dar conto del controllo esercitato sull’affidabilità delle basi scientifiche del proprio ragionamento, soppesando l’imparzialità e l’autorevolezza scientifica dell’esperto che trasferisce nel processo conoscenze tecniche e saperi esperienziali».
Nella verifica dell’imputazione causale dell’evento, cioè, occorre dare corso ad un giudizio predittivo, sia pure riferito al passato: il giudice si interroga su ciò che sarebbe accaduto se l’agente avesse posto in essere la condotta che gli veniva richiesta.
La Corte di Cassazione esclude poi l’applicabilità dell’art. 3 della l. n. 189/2012, in base al quale l'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. Nel caso di specie, la condotta omissiva del professionista integrava uno specifico profilo di colpa per imperizia e il grado della colpa risultava di particolare gravità.