La Corte di Cassazione rigetta il ricorso presentato da un medico che non aveva mai diagnosticato a una donna un linfoma di Hodgkin, nonostante la paziente avesse rifiutato volontariamente qualunque cura negli ultimi mesi di vita.
Corte di Cassazione - sez. IV pen. - sent. 17801/2014: nessun “rifiuto di cure” se la diagnosi non è completa
28 aprile 2014
Il ricorso era stato presentato avverso la decisione di appello che confermava la condanna per omicidio colposo, pur riducendo la pena da anni uno a mesi otto di reclusione.
In primo grado e in appello la difesa si era incentrata sul fatto che negli ultimi mesi di vita la donna avesse volontariamente evitato qualunque terapia. Secondo i giudici della Corte d’Appello di Firenze, però, di rifiuto di cure si potrebbe parlare solo nel caso in cui il medico abbia fatto una corretta ipotesi diagnostica e ciò nonostante il paziente si sia sottratto alla prescrizione degli accertamenti e delle terapie.
La Corte di Appello aveva invece evidenziato che la donna fosse convinta che la sintomatologia che la affliggeva non avesse una "base organica", reputando esatta la valutazione del caso fatto dal medico curante, che ripetutamente le aveva dato indicazioni della derivazione psicologica delle sue condizioni.
La Corte di Cassazione avalla l’interpretazione fornita dai giudici di secondo grado, affermando che «in tema di colpa medica, il 'rifiuto di cure mediche' consiste nel consapevole e volontario comportamento del paziente, il quale manifesti in forma espressa, senza possibilità di fraintendimenti, la deliberata ed informata scelta di sottrarsi al trattamento medico. Consapevolezza che può ritenersi sussistente solo ove le sue condizioni di salute gli siano state rappresentate per quel che effettivamente sono, quanto meno sotto il profilo della loro gravità».
Nel box download il testo della sentenza.
M.T.