La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso proposto dalle parti civili avverso la sentenza resa dalla Corte d'appello di Catania che aveva assolto l'imputato, accusato di aver cagionato, eseguendo in maniera inappropriata una manovra nel corso del parto, il distacco della placenta e conseguenti gravi lesioni riportate dal neonato.
Corte di Cassazione - sez. IV pen. - sent. 9695/2014: responsabilità per manovra inappropriata durante il parto
12 febbraio 2014
Secondo la Corte d'appello di Catania si doveva dare per acquisito che le lesioni riportate dal bambino erano causa diretta del distacco intempestivo della placenta, che la manovra (consistente in spinte sull'addome) era effettivamente stata eseguita dall'imputato prima del momento opportuno e che la partoriente non presentava fattori di rischio che possono causare il distacco della placenta. Ciò nonostante il fatto era da ritenersi insussistente poiché, esistendo comunque uno 0,5% di possibilità che si verifichi un intempestivo distacco della placenta anche in assenza di specifici fattori di rischio, non si poteva stabilire con certezza che in difetto della condotta dell'imputato il distacco non si sarebbe comunque verificato.
I giudici d'appello notavano che “la probabilità che a seguito di tale intervento fosse possibile il verificarsi di un distacco intempestivo della placenta si attestava intorno allo 0,5%” e che pertanto “non potendo stabilirsi con un grado di certezza ma soltanto con un elevato grado di probabilità logica che, in difetto di esercizio della pressione sull'addome della partoriente da parte dell'imputato, il distacco di placenta non si sarebbe verificato, non poteva affermarsi al di là di ogni ragionevole dubbio la responsabilità penale dell'imputato per il reato oggetto di contestazione”.
Secondo la Corte di Cassazione l'esclusione del nesso di causalità deriva da un errore concettuale.
Infatti, “ai fini della prova giudiziaria della causalità, decisivo non è il coefficiente percentuale più o meno elevato (…) di probabilità frequentistica desumibile dalla legge di copertura utilizzata; ciò che conta è potere ragionevolmente confidare nel fatto che la legge statistica in questione trovi applicazione anche nel caso concreto oggetto del giudizio, stante l'alta probabilità logica che siano da escludere fattori causali alternativi (...)”.
L'errore della corte territoriale starebbe dunque “nell'aver supposto che il criterio di elevata probabilità logica (…) possa o debba esprimersi in termini percentuali e, correlativamente, (…) nell'aver riferito ad esso (…) la percentuale di frequenza statistica assegnata ad altri fattori in astratto ipotizzabili”.
Nelle parole della suprema Corte: “Insomma le percentuali statistiche possono valere a delimitare l'ambito di applicazione della legge scientifica e possono essere utili come punto di partenza per quanto riguarda l'applicazione della legge al caso concreto. Avendo peraltro esse un'efficacia esclusivamente prognostica, porle a base o a contenuto del ragionamento probatorio circa la sussistenza del nesso causale nel caso concreto rischia di trasformare tale giudizio in una valutazione ex ante, mentre la causalità va sempre accertata ex post con riferimento all'evento concretamente verificatosi”.
La Corte cita autorevole dottrina in riferimento al concetto di “verità”: “la pretesa di conseguire una verità totale o assoluta (…) è fuori delle reali e concrete possibilità umane […]. La verità alla quale l'uomo può aspirare e della quale vive, come verità umana, appunto, è di necessità parziale e (o) relativa […]. E dentro tale limite si mantiene sia che si tratti di verità scientifica, empirica o storica”.
E' evidente dunque che “nella specie null'altro o nulla di più poteva pretendersi (…) se non proprio quel giudizio di elevata probabilità logica che la Corte d'appello ha chiaramente espresso e che pertanto di per sé ben poteva portare (…) all'affermazione della responsabilità dell'imputato”.
“Essendo l'unico antecedente accertato all'evento dannoso l'esecuzione della detta errata manovra ostetrica, in presenza di una legge di copertura che certamente la indica come idonea a cagionare l'evento in forza di una elevata probabilità statistica, una volta accertata la mancanza nel caso concreto di altri fattori causali noti nella letteratura e ragionevolmente ipotizzabile, congruo e logicamente persuasivo (…) è il ragionamento che coordinando tali evidenze e rapportandole alla detta legge di copertura conduce al risultato dell'affermazione (della prova) della responsabilità penale dell'imputato”.
Erroneo risulterebbe anche il richiamo al principio dell'oltre ogni ragionevole dubbio: questo “segna il limite del ragionamento probatorio, non il requisito di validità della legge scientifica di copertura”. Il ragionamento mediante il quale il giudice ricollega il fatto concreto alla ipotizzata spiegazione causale “può ritenersi dotato di elevato grado di probabilità logica (…) in quanto non permanga un dubbio ragionevole (ossia, non meramente congetturale) che l'evento possa essere stato determinato da una causa diversa”.
Invocare il principio dell'oltre il ragionevole dubbio per determinare la validità della legge di copertura significherebbe confondere il piano processuale con quello sostanziale.
Nel box download il testo della sentenza..