La Corte di Cassazione ha affermato che sottoporre un minore ad un periodo di osservazione clinico-psicologica, senza il preventivo consenso dei genitori, viola la libertà psichica del minore e integra reato di violenza privata.
Corte di Cassazione – sez. V pen. – sent. 40291/2017: consenso informato– psicoterapia – libertà psichica – libertà morale – minori
5 settembre 2017
Il caso di specie riguarda lo svolgimento di un periodo di osservazione clinica di studenti della seconda elementare da parte della psicologa dell’Istituto. Tale attività era stata richiesta da due insegnanti della classe e autorizzata dal Dirigente scolastico, senza dare comunicazione alle famiglie e omettendo di chiedere il preventivo consenso ai genitori degli alunni interessati.
Su tali fatti si è pronunciato il GUP di Arezzo, che nella sentenza di proscioglimento, ha escluso la configurabilità del reato di violenza privata. Il giudice toscano, in particolare, ha ritenuto che la condotta della psicologa non avrebbe integrato atti impositivi sui minori e che il mancato consenso dei genitori non potesse essere equiparato al dissenso richiesto ex art. 610 c.p.
La Corte, su ricorso proposto dai genitori, ha annullato la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale competente.
L’analisi proposta dalla Cassazione si snoda attorno a due questioni principali:
a) se sia stata compressa la libertà dei minori;
b) se l’attività di osservazione psicologica sia da considerarsi impositiva o incisiva sulla sfera materiale e psichica dei bambini.
Quanto al primo profilo, la Cassazione ha anzitutto ribadito che il delitto di violenza privata tutela la libertà psichica dell'individuo. In tal senso, quindi, la violenza si sostanzia “in qualsiasi mezzo idoneo a comprimere la libertà di determinazione e di azione la parte offesa”.
Nel caso di specie si rileva come i genitori fossero all’oscuro dell’osservazione clinica e che non avessero prestato il loro consenso a che la stessa fosse posta in essere. Contrariamente a quanto affermato dal GUP nella sentenza impugnata, la Cassazione ha ritenuto che “l’assenza di un esplicito consenso da parte di chi sia legittimato a prestarlo – vale a dire i genitori del minore, nel nostro caso – integri certamente una compressione della libertà di autodeterminazione del soggetto passivo”.
Per quanto riguarda il secondo profilo, poi, la Corte sviluppa ulteriormente il concetto di libertà di determinazione, ancorandolo a quello di libertà morale.. Più precisamente, la libertà morale è quindi da intendersi come la “libertà di determinarsi spontaneamente secondo motivi propri, sicchè alla libertà morale va ricondotta sia la facoltà di formare liberamente la propria volontà, sia quella di orientare i propri comportamenti in conformità delle determinazioni liberamente prese” (cfr. Cass. pen. n. 11522/2009.).
Con riferimento al caso concreto, la quinta sezione penale ha rilevato l’impossibilità di trarre dagli atti di causa una chiara qualificazione dei fatti. Per questa ragione ha delineato due possibili scenari e le relative qualificazioni.
Nel caso in cui l’attività della psicologa fosse consistita nella sola osservazione dei comportamenti dei bambini al fine di suggerire un indirizzo pedagogico, allora questa avrebbe svolto mera consulenza. In questa prima ipotesi si è quindi escluso che l’attività di osservazione possa interferire con la sfera personale degli alunni, rendendo così superfluo il consenso dei genitori.
Diverso sarebbe invece il caso in cui l’osservazione fosse mirata a trarre elementi per formare una valutazione di alcuni specifici alunni sotto il profilo comportamentale e a prendere conseguenti ulteriori provvedimenti. Questa ipotesi, a parere della Corte, integra una invasione delle sfere personali degli alunni e, come tale, necessita di preventivo consenso.
Il testo integrale della sentenza è disponibile nel box download e a questo link.