La Corte di Cassazione ha affermato che il medico di base non è titolare dell’obbligo di visita domiciliare, anche qualora i pazienti versino in condizioni tali da non potersi presentare in ambulatorio.
Corte di Cassazione – sez. VI pen. – sent. 24722/2024: non sussiste un obbligo di visita domiciliare per il medico di base
21 giugno 2024
La vicenda.
A.A. è un medico di assistenza primaria che, nonostante le continue richieste dei familiari, aveva omesso di effettuare una visita domiciliare ad un assistito che lamentava forti dolori dovuti a una caduta accidentale. L’assistito è una persona anziana affetta da diverse patologie, condizioni che gli impedivano di recarsi presso l'ambulatorio. Il medico, condannato in primo grado per il reato di rifiuto di atti d'ufficio, viene poi assolto dalla Corte d’Appello di Palermo.
Avverso la sentenza di secondo grado ha presentato ricorso il Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Palermo lamentando due motivi. Il primo concerne l’errata applicazione di norme giuridiche di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale e, in particolare, la violazione dell’art. 47 dell'Accordo Collettivo Nazionale che sancisce uno specifico obbligo per i medici di base di effettuare la visita domiciliare al paziente nel caso di non trasferibilità dell'ammalato, norma non tenuta in considerazione dalla Corte di Appello. Il secondo motivo di ricorso attiene al vizio di motivazione, dato che, secondo il ricorrente, nella sentenza di secondo grado non sono state argomentate in modo dettagliato le ragioni del ribaltamento della decisione in primo grado.
La decisione della Corte.
Per quanto riguarda la violazione dell’art. 47 dell’Accordo Collettivo Nazionale, anche se la norma non risulta espressamente citata nella decisione della Corte di Appello, secondo la Cassazione essa viene comunque valutata ai fini della decisione. Infatti, la trasferibilità del paziente, requisito richiesto dalla norma in esame per poter ritener sussistente l’obbligo di visita è condizione differente dall'urgenza della prestazione richiesta. Poiché nel caso di specie ciò che rileva non è la trasferibilità o meno del paziente quanto più l’urgenza della visita, non si può dunque considerare violato l’Accordo Nazionale.
La Corte di Cassazione, in linea con i Giudici di Appello, ha dunque confermato che, data l’urgenza della prestazione, la competenza ad intervenire verso l’assistito non fosse del medico di base, bensì dei medici del 118. Tale distinzione di ruoli è rilevante non solo per la punibilità o meno dell’imputato, ma anche per circoscrivere i compiti di ciascun membro del sistema sanitario, in modo da garantire una maggior efficienza ed evitare ritardi e confusioni negli interventi. Questa presa di posizione da parte della Corte di Cassazione non contrasta con la consolidata giurisprudenza in materia, la quale riconosce un obbligo di intervento in capo al solo medico di guardia. A questa figura professionale, gli Accordi Nazionali hanno sempre assegnato un obbligo di pronta reperibilità e dunque una funzione di intervento d’urgenza, onere che, invece, non è previsto per il medico di assistenza primaria. La Corte di Cassazione rigetta dunque il ricorso, confermando così la decisione della Corte di Appello.
Il testo della decisione è disponibile al seguente link e nel box download.