La Corte di Cassazione riconosce che il rimborso delle cure effettuate all’estero e conseguenti a danni causati da una struttura ospedaliera italiana rientra nell’assistenza dovuta dal servizio sanitario nazionale e non può essere oggetto di rinuncia da parte del soggetto beneficiante in quanto diritto garantito dall’art. 32 Cost.
Corte di Cassazione – sez. lav – ord. 11354/2019: rimborso cure all’estero
29 aprile 2019
Il fatto
La vicenda riguarda una bambina nata negli Stati Uniti d’America, la quale, al momento del parto, risultava affetta da una gravissima patologia imputabile ai medici di una ASL italiana. I genitori della bimba avevano così agito in primo grado per ottenere il rimborso delle spese mediche affrontate negli USA per curare la piccola e, risultanti soccombenti, avevano poi adito la Corte d’Appello di Firenze. Quest’ultima aveva ritenuto rimborsabili le spese per i trattamenti eseguiti all’estero, dichiarando non preclusiva del rimborso la previa transazione intervenuta tra le parti nel giudizio civile risarcitorio, il quale era stato precedentemente instaurato dai primi nei confronti della ASL e dei medici ritenuti responsabili delle condizioni di salute della piccola. La ASL ha in seguito proposto ricorso in Cassazione, con la partecipazione incidentale della Regione Toscana.
Il giudizio in Corte di Cassazione
In sintesi, innanzi alla Suprema Corte, la ASL e la Regione Toscana presentano i seguenti motivi di ricorso: in primo luogo lamentano l’erronea interpretazione, effettuata dalla Corte d’appello, circa la previa transazione avvenuta tra le parti. Quest’ultima, secondo le ricorrenti, avrebbe dovuto essere valutata anche ai fini del diritto al rimborso delle spese mediche sostenute all’estero, includendo queste ultime nell’accordo e considerando pertanto rinunciata qualsiasi altra pretesa derivante dall’evento dannoso. In secondo luogo, viene contestata la prova della sussistenza dei presupposti per la fruizione delle terapie nel centro specializzato statunitense.
Relativamente alla prima doglianza, la Corte di Cassazione dichiara i motivi inammissibili. Quest’ultima argomenta affermando che «si deducono violazioni dei criteri di ermeneutica contrattuale senza che la Corte di merito abbia operato alcuna operazione interpretativa della volontà negoziale» (§ 15). In aggiunta le parti non indicano specificamente tempi e modi di produzione in giudizio dell’atto transattivo, né il suo contenuto.
Ciò che maggiormente rileva è il fatto che la Corte ritenga la questione estranea al fulcro della decisione impugnata, in quanto la ratio decidendi da seguire risiede «tutta nel rilievo per cui [la] rinuncia [– tramite transazione – al sistema di assistenza sanitaria] non competa al cittadino in ragione della responsabilità delle strutture preposte e ciò perché il sistema sanitario assiste la persona in ragione del diritto garantito dall’art 32 della Costituzione e la legge lo assegna ad ogni cittadino, e non cittadino che abbia titolo di residenza nello Stato e che ne abbia bisogno» (§ 16). A tal proposito, la Corte evidenzia come la Corte d’appello abbia correttamente rilevato che «l’autorizzazione della cura all’estero, benché si risolva in un esborso e non nella mera prestazione del servizio, in nulla differisce dall’assistenza comunque dovuta dal servizio sanitario» (§ 17). Pertanto, una volta ricondotto il rimborso in questione – seppur di natura risarcitoria – all’alveo dell’assistenza sanitaria dovuta, viene conseguentemente riconosciuto il relativo obbligo in capo alla ASL e l’impossibilità di una sua rinuncia da parte dei genitori della minore.
Circa la mancanza dei presupposti per la fruizione delle cure all’estero, si rileva infine come tale proposizione non sia stata fatta oggetto di censure con il doveroso rinvio agli atti difensivi dei gradi precedenti.
In conclusione, la Corte di Cassazione rigetta entrambi i ricorsi per infondatezza.
Il testo dell’ordinanza è disponibile nel box download.