La Corte di Giustizia Europea si è espressa sull’interpretazione di alcuni articoli del Regolamento Dublino III riguardo al trasferimento dei ricorrenti, una cittadina siriana e un cittadino egiziano, dalla Slovenia alla Croazia. Le norme sul trasferimento vanno, infatti, interpretate in conformità con la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea; quindi un trasferimento del genere può avvenire soltanto quando non risulti in un rischio di subire trattamenti disumani o degradanti.
Corte di Giustizia UE – PPU: richiesta d’asilo e proibizione di trattamenti disumani e degradanti
16 febbraio 2017
I ricorrenti, una donna incinta di nazionalità siriana e il suo compagno egiziano, dopo essere entrati in Croazia provvisti di un visto valido, sono stati ammessi ad un centro di accoglienza per i richiedenti asilo di Lubiana (Slovenia), dove hanno presentato richiesta di asilo. Secondo l’articolo 12(2) del Regolamento Dublino III, la Croazia, in quanto Paese di primo arrivo, è lo Stato competente a valutare la loro domanda di asilo. Le autorità slovene disponevano quindi il trasferimento dei due ricorrenti in Croazia.
La corte amministrativa della Slovenia ha tuttavia annullato la decisione di trasferimento e ha imposto una ulteriore valutazione della richiesta, per ottenere assicurazione dalla Croazia che i ricorrenti e il neonato avrebbero avuto accesso ad un servizio sanitario adeguato. A seguito di queste ulteriori verifiche le autorità slovene adottavano un nuovo provvedimento di trasferimento verso la Croazia.
Con un nuovo ricorso, i due richiedenti lamentavano che il loro trasferimento avrebbe avuto conseguenze negative sullo stato di salute della donna, tali da incidere anche sul benessere del figlio neonato, in quanto essa aveva avuto una gravidanza a rischio e soffriva, dal parto, di difficoltà psichiatriche, principalmente causate dall'incertezza legata al suo status.
Il tribunale amministrativo ha annullato la decisione di trasferimento, nuovamente contestata dal Ministero dell'Interno di fronte alla Corte Suprema slovena. Quest'ultima confermava la decisione di trasferimento, perché, secondo le informazioni a sua disposizione, il sistema di accoglienza della Croazia è conforme a ricevere i ricorrenti, essendo oltretutto dotato di un centro adibito specificamente alle persone in condizioni di vulnerabilità simili a quella della ricorrente.
La coppia ha dunque presentato un ulteriore ricorso alla Corte Costituzionale della Slovenia, la quale ha dichiarato che le autorità competenti avrebbero dovuto valutare tutte le circostanze significative, compreso quindi lo stato di salute degli interessati e i potenziali effetti di un trasferimento su questo, per osservare il principio di non-refoulement (art. 33, Convenzione di Ginevra). La Corte Costituzionale ha dunque rimesso nuovamente la causa alla Corte Suprema perché prendesse una nuova decisione.
La Corte Suprema ha invece posto una domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE, che ha accolto la richiesta e ha proceduto con un procedimento pregiudiziale d’urgenza.
La Corte di Lussemburgo ha risposto alle due principali questioni pregiudiziali, postale dalla Corte Suprema slovena in questo modo:
1) Riguardo all'interpretazione dell’articolo 17(1) del Regolamento Dublino III, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una richiesta di asilo, che esso va interpretato non solo alla luce del diritto nazionale e dell’opinione del giudice costituzionale, ma costituisce anche una questione di interpretazione del diritto dell’unione (art. 267 TFUE);
2) Riguardo all'interpretazione di questo articolo ai sensi dell’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (Proibizione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti), che esso vada interpretato nel senso che il trasferimento potrà essere effettuato solo in condizioni in cui sia escluso che esso comporti un rischio reale che l’interessato subisca trattamenti inumani o degradanti. In circostanze nelle quali il trasferimento di un ricorrente, affetto da disturbo mentale o fisico, comporterebbe l’aggravarsi del suo stato di salute, esso, infatti, costituirebbe un trattamento inumano e degradante. Infine, tenuto conto della particolare gravità del disturbo del richiedente asilo interessato, se l’adozione di precauzioni da parte dello Stato membro incaricato di procedere al trasferimento non sia sufficiente a garantire che questo non comporti il rischio di un aggravamento del suo stato di salute, spetta alle autorità dello Stato membro di sospendere l’esecuzione del trasferimento dell’interessato ed eventualmente procedere esso stesso all'esame della domanda, facendo uso della clausola discrezionale prevista dall'articolo 17.
La Corte conclude, dunque, dichiarando che "l’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento n. 604/2013, letto alla luce dell’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, non può essere interpretato nel senso che obbliga tale Stato membro, in circostanze come quelle oggetto della causa principale, ad applicare detta clausola".
Il testo della sentenza è disponibile al link e nel box download.