Nella causa C-158/96, la Corte di Giustizia, pronunciandosi su una questione pregiudiziale relativa all'interpretazione degli artt. 22 e 36 del Regolamento n. 1408/1971 (applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità) ha stabilito che un assicurato autorizzato dall'istituzione competente a recarsi in un altro Stato membro per cure mediche, ha diritto (a) a riceverle come se fosse iscritto all'istituzione erogante e (b) al rimborso da parte dell'istituzione d'appartenenza delle spese sostenute.
Corte di Giustizia UE – Vanbraekel: rimborso cure mediche ricevute in un altro Stato membro
12 luglio 2001
Nel box download il testo completo della sentenza.
La questione sorge nell'ambito di una controversia belga tra Vanbreaekel e figli (eredi della sig.ra Descamps) e l'Alliance nationale del mutualités chrétienne (ANMC), vertente sul diniego di quest'ultima al rimborso delle spese per il ricovero ospedaliero sostenute dalla sig.ra Descamps in Francia.
Sofferente di un'artrosi deformante bilaterale del ginocchio, la sig.ra Descamps, cittadina belga residente in Belgio e iscritta all'ANMC, chiedeva a quest'ultima, nel febbraio 1990, l'autorizzazione a sottoporsi in Francia, a carico dell'ANMC, ad un intervento di chirurgia ortopedica. L'ANMC rifiutava l'autorizzazione sostenendo che la domanda era insufficientemente motivata e che sarebbe servito anche il parere di un medico che fosse professore universitario.
La signora si sottoponeva comunque all'intervento e, in seguito, citava in giudizio l'ANMC per ottenere il rimborso delle spese mediche sostenute. In primo grado il ricorso veniva rigettato, mentre in secondo grado la Cour du Travail de Mons dichiarava che la richiesta di tale parere era sproporzionata; inoltre, un perito incaricato dalla Corte depositava in giudizio una relazione nelle cui conclusioni sosteneva che per la guarigione della signora era necessario un ricovero ospedaliero che poteva avvenire in condizioni più favorevoli all'estero. La Corte dichiarava che l'ANMC sarebbe stata condannata al rimborso delle spese, ma che – al fine della determinazione dell'importo – era necessario sollevare una questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia: «Qualora, nell'ambito di una controversia dinanzi ad esso pendente, il giudice nazionale abbia riconosciuto la necessità di un ricovero ospedaliero in uno Stato membro diverso da quello dell'istituzione competente - e l'autorizzazione previa di cui all'art. 22 del regolamento n. 1408/71 sia stata negata -:
a) se il rimborso delle spese relative al ricovero ospedaliero vada effettuato secondo il regime dello Stato dell'istituzione competente o secondo quello dello Stato nel territorio del quale ha luogo detto ricovero;
b) se sia lecita, ai sensi dell'art. 36 del regolamento 1408/71, una limitazione dell'importo del rimborso, limitazione prevista dalla legge dello Stato dell'istituzione competente, mentre la suddetta norma prevede un rimborso integrale».
Sulla prima questione pregiudiziale:
La questione concerne l'interpretazione dell'art. 22 del regolamento 1408/71: una volta dimostrato il carattere infondato del diniego opposto dall'istituzione competente all'autorizzazione al rimborso delle spese sanitarie sostenute all'estero, il giudice nazionale si chiede se per quantificare il rimborso si debba guardare alla disciplina dello Stato d'iscrizione o a quella dello Stato membro in cui le cure sono state prestate. La Corte, interpretando le disposizioni del Regolamento alla luce del Trattato, afferma che la persona (titolare di un'autorizzazione) che si reca in un altro Stato membro per fruire di prestazioni sanitarie ha diritto a beneficiare delle prestazioni erogate secondo le disposizioni della normativa dello Stato ospitante come se fosse iscritto all'istituzione competente di tale Stato. Tale principio vale anche qualora un assicurato abbia ricevuto un diniego, poi dichiarato infondato, da parte dell'istituzione competente dello Stato di propria iscrizione: «tale assicurato ha diritto di ottenere direttamente a carico dell'istituzione competente il rimborso di un importo pari a quello che sarebbe stato normalmente preso a carico se l'autorizzazione fosse stata debitamente concessa fin dall'inizio».
Nel caso di specie, la disciplina del rimborso differiva sensibilmente a seconda dell'applicazione del regime belga o di quello francese. A tale proposito la Corte ricorda che l'art. 22 del Regolamento «non ha l'effetto di impedire un rimborso complementare a quello risultante dall'applicazione del regime dello Stato membro di dimora qualora il regime applicato nello Stato membro di iscrizione si riveli più vantaggioso, tale norma non ha tuttavia neppure l'effetto di prescrivere tale rimborso complementare»; i giudici si chiedono quindi se tale obbligo possa discendere dal Trattato. Il fatto che un assicurato benefici di un livello di copertura meno vantaggioso quando riceve un trattamento ospedaliero in un altro Stato membro (rispetto a quanto goduto nello Stato di iscrizione) costituisce un ostacolo alla libera prestazione di servizi.
Nel valutare se tale ostacolo possa essere considerato obiettivamente giustificato, la Corte ricorda di aver precedentemente dichiarato (sentenza Kohll) che non possa comunque escludersi un rischio di alterazione dell'equilibrio finanziario del sistema previdenziale, e che tale rischio possa costituire un motivo imperativo di interesse generale. Inoltre, l'obiettivo di conservare un servizio medico-ospedaliero equilibrato e accessibile a tutti può essere considerato una deroga giustificata da ragioni di sanità pubblica, come previsto dall'art. 56 del Trattato. Tuttavia, «Per quanto riguarda la fattispecie in esame nell'ambito della controversia nella causa principale, è tuttavia giocoforza ammettere che nessuno degli imperativi citati ai punti 47-49 della presente sentenza può giustificare l'ostacolo controverso nella causa principale. […] non si può sostenere che il versamento di un rimborso complementare corrispondente alla differenza esistente tra il regime di intervento previsto dalla normativa dello Stato membro di iscrizione e quello applicato dallo Stato membro di dimora, qualora il primo sia più favorevole rispetto al secondo, sia tale da mettere a repentaglio la conservazione, nello Stato membro di iscrizione, di un servizio medico-ospedaliero equilibrato ed accessibile a tutti o la conservazione di un sistema sanitario o di una competenza medica nel territorio nazionale». Pertanto la Corte dichiara che, in applicazione dell'art. 22 del Regolamento 1408/71, l'assicurato che si reca in un altro Stato membro per ottenere delle cure, una volta ottenuta l'autorizzazione (o qualora sia stato dimostrato il carattere infondato del diniego della stessa), ha diritto di ottenere a carico dell'istituzione competente il rimborso di un importo parti a quello che sarebbe stato preso a carico dall'istituzione del luogo di dimora.
Sulla seconda questione pregiudiziale
«L'art. 36 del regolamento n. 1408/71, nella sua versione modificata e aggiornata dal regolamento n. 2001/83, non può essere interpretato nel senso che da tale norma risulti che un assicurato, che abbia presentato una domanda di autorizzazione sulla base dell'art. 22, n. 1, lett. c), di tale regolamento e che abbia ricevuto un diniego da parte dell'istituzione competente, ha diritto al rimborso della totalità delle spese mediche da lui sostenute nello Stato membro in cui le cure gli sono state praticate, una volta dimostrato che il rigetto della sua domanda di autorizzazione era infondato».