La Corte di cassazione ha accolto il ricorso presentato contro una decisione della Corte di appello che rigettava la richiesta di risarcimento del danno da responsabilità medica, rilevando che il diritto della paziente ad essere informata sullo stato di salute del feto include anche le diagnosi riconducibili a probabilità statistiche di errore.
Corte di cassazione – III sez. civ. – ordinanza n. 22996/2024: le probabilità statistiche di errore non esonerano dall’adempimento del principio di diligenza medica
21 agosto 2024
La vicenda scaturisce dalla nascita di una bambina con malformazioni agli arti inferiori che non erano state diagnosticate dai medici nelle ecografie di routine effettuate durante la gestazione.
I genitori, ritenendo che i medici durante l’ecografia avessero commesso un grave errore, agivano in giudizio in proprio e in qualità di esercenti la responsabilità genitoriale chiedendo il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti.
Il Tribunale di Torino rigettava tutte le istanze risarcitorie osservando che, alla luce delle perizie, le malformazioni erano difficilmente diagnosticabili e comunque non riconducibili ad inadempimento da parte del personale sanitario.
I genitori impugnavano la sentenza di prime cure presso la Corte d’Appello di Torino che accoglieva parzialmente l’appello con riferimento alle statuizioni sulle spese di lite, confermando quanto deciso in primo grado in merito alle richieste di risarcimento.
Gli stessi proponevano ricorso per Cassazione lamentando la non corretta interpretazione del canone della diligenza qualificata di cui all’art. 1176, secondo comma, c.c. in relazione alla natura dell’attività esercitata, alle modalità di esecuzione e al fine della prestazione. Infatti, i giudici di secondo grado avrebbero avvalorato il rigetto della domanda risarcitoria sulla base del fatto che l’eventuale inadempimento dei medici dovrebbe essere provato mediante una valutazione nel caso concreto dell’effettiva esigibilità di una diligenza differente e, di conseguenza, di un’elevata probabilità di accertamento ecografico diverso che nel caso di specie non è stata dimostrata.
La Corte ha anzitutto precisato che, trattandosi di inadempimento di obbligazione professionale, è onere del creditore provare che la condotta del professionista è stata la causa del danno lamentato mentre è onere del debitore dimostrare l'esatto adempimento o l'impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile.
Nel caso di specie, gli appellanti hanno dato prova del nesso di causalità tra l’intervento sanitario praticato alla paziente e il successivo evento con i due referti ecografici in cui i medici hanno attestato la visualizzazione con caratteristiche nella norma degli arti che nella realtà sono poi risultati malformati.
Invece, i medici non hanno provato di aver adempiuto, eseguendo le ecografie morfologiche in modo corretto secondo le regole tecniche proprie della professione esercitata e la Corte d’Appello avrebbe confermato il rigetto delle domande risarcitorie sulla considerazione del fatto che nel caso di specie le malformazioni non erano rilevabili facilmente e che in ogni caso la probabilità statistica di un esito errato della diagnosi era elevata.
Queste considerazioni, secondo la Corte di cassazione, non sono sufficienti a provare che abbiano agito con la diligenza loro richiesta dalla professione ma anzi “avrebbero eventualmente dovuto indurre i sanitari a darne conto alla paziente, ad attivarsi per un approfondimento della situazione, prospettando, se del caso, l'esigenza di sottoporsi ad ulteriori e più adeguati esami”. (punto 5, motivi della decisione).
Pertanto, la Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata.
Il testo completo della sentenza è disponibile nel box download.