La Corte di cassazione accoglie un ricorso di opposizione alla richiesta di assegnazione di amministratore di sostegno presentata dal figlio del ricorrente, che lamenta l’erronea applicazione del principio per cui la tutela dell’amministrato deve avvenire limitando il meno possibile la sua capacità d’agire.
Corte di cassazione – Sez. I Civ. – sent. n. 24878/2024: finalità di tutela dell’istituto dell’amministrazione di sostegno
12 luglio 2024
Il ricorso in Cassazione trae origine dalla richiesta di nomina di un amministratore di sostegno presentata da un uomo, nei confronti del proprio padre.
Il ricorrente si oppone all’assegnazione dell’amministratore di sostegno, lamentando il fatto che essa sia diretta solo ad indagare sulle sue precedenti scelte di carattere patrimoniale. Egli al contempo sostiene l’assenza di un pericolo attuale, attestando la propria integrità psico-fisica anche tramite certificati a firma di medici di fiducia.
In base a quanto deciso dalla Corte d’Appello di Venezia, l’amministratore di sostegno era stato assegnato al fine di svolgere un approfondimento per ricostruire il patrimonio del ricorrente e per proteggere la fragilità di quest’ultimo. Con questa finalità, la Corte d’Appello indica all’amministratore di svolgere la propria attività prudenziale e con finalità di monitoraggio; la pronuncia nega che si tratti di un’attività incidente sulle facoltà dell’amministrato. Il provvedimento di primo grado viene quindi considerato rispettoso del principio secondo cui la tutela dell’amministrato debba avvenire limitando il meno possibile la sua capacità di agire.
L’uomo (beneficiario indicato dall’amministratore di sostegno) propone quindi ricorso presso la Corte di cassazione lamentando:
- L’insussistenza di un’infermità o di una menomazione fisica o psichica, in violazione degli artt. 2, 3 e 13 Cost., dell’art. 404 c.c. e dell’art. 8 CEDU;
- L’insussistenza dei presupposti per l’apertura dell’amministrazione di sostegno, in mancanza della sua incapacità di provvedere ai propri interessi. A questo riguardo, il provvedimento impugnato si configurerebbe come “arbitrario e sproporzionato”, in quanto impositivo di misure restrittive della capacità di agire e dell’autodeterminazione del ricorrente: egli sarebbe invece in pieno possesso delle proprie capacità psico-fisiche – la cui fragilità è stata ritenuta sussistente dai giudici senza ulteriori specificazioni e in difetto di qualsiasi riscontro probatorio – e si è fortemente opposto all’assegnazione di un amministratore di sostegno;
- L’assenza di un riscontro in giudizio e l’irrilevanza della vendita di una barchessa e di una villa storica a condizioni asseritamente svantaggiose, sulle quali si sarebbe giustificata l’assegnazione dell’amministratore di sostegno. La Corte d’Appello avrebbe in questo modo violato gli artt. 115 e 116 c.p.c. e l’art. 404 c.c., giustificando l’impossibilità di provvedere ai propri interessi del ricorrente su queste vendite “asseritamente svantaggiose”, quando l’unica impossibilità che può giustificare il ricorso all’amministratore di sostegno ex art. 404 c.c. è quella conseguente a patologia fisica o psichica.
La Corte di cassazione individua un’erronea applicazione del principio secondo cui l’amministrazione di sostegno è una misura di tutela della persona che dovrebbe avvenire limitando il meno possibile la capacità d’agire della stessa. Secondo la Cassazione, l’opinione del beneficiario non può avere un valore minore rispetto ad altre valutazioni solo perché espressa da un soggetto fragile. Il dovere di protezione della persona che sta alla base di questo istituto non deve nascere dalla gravità della malattia o da una menomazione, ma piuttosto dall’idoneità dello strumento ad adeguarsi alle esigenze del soggetto (punto 2.2).
La misura, così come imposta prima dal Giudice Tutelare e poi dalla Corte d’Appello, risulta finalizzata non tanto alla tutela del soggetto, quanto piuttosto a verificare l’inadeguatezza (o meno) del soggetto a provvedere ai propri affari patrimoniali e quale sia l’andamento di tali affari, con finalità di “monitoraggio”. Secondo la Cassazione, le corti inferiori hanno erroneamente sminuito la portata della misura, ritenendola non invasiva dell’autodeterminazione del beneficiario e ha reso il provvedimento impugnato in difformità delle norme e dei principi che disciplinano l’istituto dell’amministrazione di sostegno.
La Corte di cassazione accoglie pertanto il ricorso.
Il testo completo della sentenza è disponibile nel box download.