Il Bundesgerichtshof ha assolto un avvocato imputato per il tentato omicidio di una donna in coma vigile e in seguito deceduta per morte naturale: secondo i giudici, la condotta dell'uomo che, in qualità di avvocato incaricato dai tutori (e figli) della signora, si era impegnato a sostegno dell'interruzione dell'alimentazione artificiale della paziente, non può essere considerata antigiuridica.
Germania - Bundesgerichtshof (II sez. penale) - sent. 25 giugno 2010: disposizioni di fine vita
25 giugno 2010
La signora K. si trovava in coma vigile a seguito di un'emorragia cerebrale dall'ottobre 2002; da allora era assistita in una casa di riposo, non era più possibile comunicare con lei ed era alimentata da una sonda-PEG. Nel settembre 2002, in seguito a un simile episodio clinico registratosi in famiglia, la figlia chiese alla signora K come lei e il fratello avrebbero dovuto comportarsi nel caso in cui alla signora fosse accaduto qualcosa. La signora K rispose che, se fosse rimasta incosciente e non avesse più potuto esprimersi, non avrebbe voluto che le fosse somministrata nessuna forma di prolungamento della vita (comprese alimentazione e respirazione artificiali) e che non avrebbe voluto essere attaccata ad alcun “tubo”.
Nel 2006 la figlia della signora confidò all'amministratrice di sostegno la conversazione avuta con la madre, chiedendo il distacco della sonda-PEG. L'amministratrice rifiutò, sostenendo che non corrispondeva alla volontà dell'assistita.
L'imputato, legale dei figli della donna, si impegnò allora per l'interruzione dell'alimentazione artificiale, ottenendo – nel 2007 – la nomina di questi ad amministratori di sostegno della paziente e incontrando anche il supporto del medico curante. La casa di riposo oppose un netto rifiuto alle richieste della famiglia di interrompere il trattamento; a fronte dell'opposizione dell'avvocato e dei figli, la direzione della casa di cura propose un compromesso (accettato dalla famiglia in seguito ad un colloquio con l'avvocato) per il quale i figli avrebbero interrotto l'alimentazione artificiale e realizzato il trattamento palliativo necessario fino alla morte della signora K. L'alimentazione fu interrotta il 20 dicembre 2007, ma il giorno successivo la direzione della casa di riposo diede ordine di riprendere immediatamente; l'avvocato consigliò dunque ai figli di recidere il tubo della sonda, in mancanza della possibilità di una tutela effettiva contro l'illegittimità dell'azione della casa di riposo e nella convinzione che nessuna clinica avrebbe poi applicato una nuova PEG alla signora K. La figlia (sig.ra G), con l'aiuto del fratello, seguì il consiglio del legale; immediatamente dopo, il personale della casa di riposo, su ordine di un pubblico ministero, fece portare la signora K in un ospedale dove le fu applicata una nuova PEG. La signora K morì il 5 gennaio 2008 per morte naturale.
In primo grado l'imputato era stato giudicato colpevole di tentato omicidio, mentre la signora G era stata assolta poiché si era trovata in una situazione di errore inevitabile sul divieto penale, a seguito del parere del legale.
Con riferimento alla ricostruzione della volontà della paziente, il Bundesgerichtshof, adito su ricorso dell'imputato, ha stabilito che la volontà poteva considerarsi accertata, essendo stata dichiarata in modo esplicito prima della perdita della capacità; vi era inoltre consenso tra gli amministratori e il medico curante sull'interruzione dell'alimentazione nel rispetto della volontà della paziente. Questi presupposti rendono lecito omettere la continuazione dei trattamenti, senza un'autorizzazione del giudice.
Pertanto, la ripresa dell'alimentazione da parte della direzione della casa di riposo ha costituito un'illegittima aggressione nei confronti dell'integrità fisica e del diritto di autodeterminazione della paziente.
Sono state ritenute escluse le cause di giustificazione della legittima difesa (nella forma del soccorso difensivo) e dello stato di necessità; il Bundesgerichtshof si chiede se la giustificazione della condotta possa basarsi sulla volontà della paziente, o comunque dal consenso della stessa ad interrompere l'alimentazione artificiale. Sul punto, la giurisprudenza ha sempre riconosciuto la legittimità di condotte omissive, ma non di quelle attive. Il Collegio prende quindi in considerazione la legge di modifica del diritto tutelare del 29 luglio 2009, che prevede che la volontà, effettiva o presunta, di un paziente incapace circa i trattamenti cui essere sottoposto, debba essere vincolante per l'amministratore di sostegno e per il medico curante; un'autorizzazione giudiziaria è richiesta solo in caso di divergenza tra le opinioni dell'amministratore e del medico. Tale previsione produce i suoi effetti anche sul diritto penale.
Il Collegio dunque conclude che tutte le condotte (omissive o attive) che si trovano in rapporto con l'interruzione di un trattamento medico debbano essere ricondotte al concetto generale di interruzione di trattamento, tale da comprendere oltre agli elementi oggettivi della condotta, anche il fine soggettivo di realizzare la volontà dell'interessato, interrompendo un trattamento medico non voluto. «Ciò in ragione del fatto che, se un paziente può pretendere l'omissione di un trattamento, ciò deve valere allo stesso modo anche per l'interruzione di un trattamento non (più) voluto, senza che rilevi se la realizzazione avvenga mediante l'omissione di ulteriori misure terapeutiche oppure mediante una condotta attiva». In tale contesto, il concetto di aiuto alla morte tramite omissione, riduzione o interruzione di un trattamento presuppone che il paziente sia affetto da una malattia che mette in pericolo la vita e che la misura sia idonea a mantenere o prolungare la vita.
L'applicazione di tali principi non è limitata alla condotta del medico o dell'amministratore di sostegno, ma si estende anche alla condotta di terzi, se coinvolti da tali soggetti: un'interruzione di trattamento non si esaurisce in singole condotte attive od omissive, ma comprende anche un insieme di misure che non devono essere necessariamente realizzate da un medico in prima persona.
Per tali ragioni, la condotta dell'imputato viene giudicata non antigiuridica, la sentenza del Tribunale viene annullata e l'uomo viene assolto.
Il testo integrale della sentenza è disponibile nel box download; una traduzione italiana della stessa, a cura di Francesca Pavesi e Roberto Wenin, è pubblicata in Diritto penale XXI secolo, 1/2011, p. 81 (con nota di Roberto Wenin, Le disposizioni di fine vita secondo una recente sentenza del Bundesgerichtshof).