La Corte Suprema della Norvegia ha rigettato il ricorso di un Comune, in un caso riguardante il licenziamento di un medico, a motivo della sua obiezione di coscienza all’applicazione dei contraccettivi intrauterini (IUD). Secondo la Corte, garantire il diritto all'obiezione di coscienza ad un medico non vuol dire permettere che questi venga meno ai suoi obblighi professionali nei confronti dei pazienti.
Norvegia - Corte Suprema - Norges Kritelige Legeforening v. Sauherad Municipality: obiezione di coscienza
11 ottobre 2018
A è una cittadina polacca che, dopo il trasferimento del marito in Norvegia per ragioni lavorative, nel 2011 viene assunta come medico di base dal comune di Sauherad. Al momento della sua assunzione, A dichiara che, in quanto obiettore di coscienza, non è disposta ad inserire dispositivi contraccettivi intrauterini. La sua richiesta viene accettata e, per garantire ugualmente cure e assistenza necessaria ai pazienti di A che richiedono tale procedura, colleghi non obiettori si prendono carico di questo tipo di operazioni. Nel 2014, tuttavia, la Norwegian Board of Health Supervision (istituzione governativa che fa capo al Ministero della sanità e dei servizi di assistenza), con una lettera, fa presente al comune di Sauherad che il comportamento di A è incompatibile con l’attuale Regolamento Generale dei medici di base e, cosi, il 3 dicembre 2015, mentre A è in permesso per conseguire la specializzazione in psichiatria, il suo contratto di lavoro viene terminato, e lei licenziata.
La donna, attraverso la rappresentanza dell'Associazione Cristiana dei Medici in Norvegia (Norges Kristelige Legeforening) afferma che il suo licenziamento viola la legge norvegese contro la discriminazione (Anti-discrimination Act), nonché gli articoli 9 (Libertà di pensiero, di coscienza e di religione) e 14 (Divieto di discriminazione) della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Il comune di Sauherad contesta invece questa dichiarazione, sostenendo che il comitato di selezione non aveva l’autorità di accettare e concludere l’accordo.
Mentre la Corte Distrettuale rende un giudizio favorevole al comune di Sauherad, la Corte d’Appello (a cui si rivolge A) dichiara illecita la conclusione del contratto, ma esclude la responsabilità del comune per quanto riguarda i danni economici derivanti dal licenziamento. Il comune di Sauherad impugna quindi questa decisione, e il caso viene deciso dalla Corte Suprema.
L’istanza giurisdizionale cui la Corte Suprema si trova a dover rispondere riguarda quindi prevalentemente l’accordo tra il comune di Sauherad ed A al momento dell’assunzione quanto alla possibilità di esercitare un diritto all’obiezione di coscienza. La Corte considera prima di tutto se tale accordo possa essere considerato giuridicamente valido e, poi, se il diritto ad astenersi da alcune pratiche mediche per ragioni di coscienza vada o meno contro il regolamento vigente (che impone l'obbligo per ogni medico di base di garantire le cure necessarie ai propri pazienti) oltre che contro le leggi applicabili in materia.
È evidente che il contratto scritto di assunzione non contiene clausole che riconoscano esplicitamente un diritto all’obiezione di coscienza. Tuttavia, sia le testimonianze raccolte che gli stessi membri del comitato di selezione confermano la presenza di un accordo orale, secondo il quale l’autorità responsabile riconosce ad A il diritto ad astenersi dalle operazioni di inserimento di dispositivi intrauterini. Tale accordo può quindi essere considerato giuridicamente valido in quanto il comitato di selezione agisce in questa circostanza come autorità rappresentante il Comune.
A questo punto quindi la Corte Suprema esamina il Regolamento dei medici di base così come altre leggi rilevanti nel 2011, al momento dell’assunzione. Tuttavia, né il Regolamento Generale vigente, né altri atti legislativi come il Municipal Health Services Act o il Health Personnel Act contengono disposizioni esplicite riguardo il diritto all’obiezione. Altri atti legislativi che regolano aree simili, quali la cessazione della gravidanza o i diritti delle coppie omosessuali, menzionano questioni relative all’obiezione di coscienza, ma non posso essere usate come basi per trarre conclusioni nel caso corrente. Una stessa circolare del Ministero della Salute mette in luce che non esiste alcun riconoscimento de iure per i medici di base ad esercitare l’obiezione di coscienza, ma che talvolta essa può essere garantita de facto, sulla base di accordi individuali. Il giudice quindi stabilisce che l’accordo orale non era contrario a nessun atto legislativo applicabile al momento dell’assunzione.
Tale ragionamento può essere esteso anche all’esame della situazione giuridica al momento del licenziamento: nonostante alcune chiarificazioni siano emerse in materia, né il nuovo Regolamento Generale, né le circolari del Ministero della Salute o l’attività deliberativa del Parlamento posso essere interpretate come favorevoli all’adozione di un divieto di esercitare il diritto all’obiezione di coscienza. I medici di base sono obbligati a rendere le cure e l’assistenza necessaria ad i propri pazienti, ma l’astenersi da alcune pratiche mediche per ragioni di coscienza non determina automaticamente una violazione degli obblighi cui essi sono chiamati a rispondere nei confronti dei propri pazienti.
Una volta quindi stabilito che la conclusione del contratto lavorativo di A non è giustificata, ma è basata su un'incorretta interpretazione del regolamento vigente, la Corte Suprema sancisce la responsabilità oggettiva del comune di Sauherad per i danni economici subiti da A e lo condanna al pagamento delle spese legali per tutti e tre i gradi di giudizio, per un totale di 2 500 000 corone.
Il testo della sentenza è disponibile a questo link e nel box download.