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Scotland – Court of Session – CSIH 31/2019: aborto tramite farmaci in casa
22 maggio 2019

La Court of Session scozzese ha rigettato il ricorso in appello da parte della Society for the Protection of Unborn Children (SPUC), associazione pro-vita scozzese, che in prima istanza aveva impugnato la decisione del governo scozzese di modificare l’Abortion Act nella parte in cui consente di effettuare in casa l'interruzione di gravidanza  attraverso l’assunzione di farmaci.

Numero
[2019] CSIH 31
Anno
2019

A seguito del rigetto da parte del Lord Ordinary della decisione del governo scozzese di modificare la parte dell’Abortion Act che consentiva l'interruzione di gravidanza in casa, tramite l’assunzione di farmaci, la SPUC (Society for the Protection of Unborn Children) si è appellata alla Court of Session. L'associazione sostiene che il luogo ‘casa’ non sia considerato come appartenente alla categoria di luoghi dove è concesso portare avanti il secondo step del trattamento per l’interruzione di gravidanza (EMT – early medical termination) attraverso l’uso di farmaci, secondo l’Abortion Act del 1967 (section 1(3) e (3A). L'associazione sostiene, inoltre, che l’approvazione di tale decisione sia contraria al requisito che l’aborto debba essere eseguito da un medico (RNP - registered medical practitioner, section 1(1)).

La Corte ha dichiarato che il requisito di trattamento da parte di un medico (RMP) debba essere interpretato in maniera estesa: mentre è necessario che il medico si assuma la responsabilità del trattamento e abbia un certo grado di controllo sulla sua esecuzione, questo non vuol dire che, se la donna assumerà il farmaco in casa, il medico cesserà di essere responsabile del trattamento prescritto. L’approvazione da parte del governo, infatti, si riferisce soltanto al secondo dei due step necessari alla procedura di interruzione di gravidanza attraverso l’uso di farmaci, nel quale i farmaci prescritti dal medico durante il primo step di visita presso una clinica o un ospedale vengono assunti. 

Con riguardo all'introduzione della “casa” nel novero dei luoghi in cui la legge permette di svolgere il secondo step dell’aborto farmacologico, la Corte ritiene che tale modifica sia strettamente legata all'interpretazione fornita sul ruolo del medico: la ‘casa’ non sarebbe un’opzione valida, agli occhi del ricorrente, proprio per l’assenza di un medico. Essa sostiene inoltre che i requisiti di sicurezza e idoneità, necessari per approvare un luogo alla luce delle sezioni 1(3) e (3A) dell’Abortion Act, abbiano un significato relativo, che deve essere valutato alla luce della attività in questione (l’assunzione di farmaci), e non in relazione alla qualità di altri luoghi con diverse caratteristiche. La Corte conclude dichiarando che il ricorrente non è stato in grado di esprimere in maniera convincente il motivo per cui la casa della donna potrebbe essere un luogo meno sicuro e meno idoneo rispetto ad una struttura sanitaria per l’assunzione dei farmaci.

Per queste ragioni la Corte rigetta la richiesta di appello.

Il testo della sentenza è disponibile al link  e nel box download.

Giulia Prior
Pubblicato il: Mercoledì, 22 Maggio 2019 - Ultima modifica: Venerdì, 27 Marzo 2020
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