Il TAR Piemonte ha accolto il ricorso di un Agente della Polizia Penitenziaria condannando il Ministero della Giustizia al pagamento di un risarcimento nei suoi confronti per averlo sottoposto senza ragione ad accertamenti psichiatrici volti all’accertamento della sua omosessualità.
TAR Piemonte (Sez. III) – sent. 353/2024: condannato il Ministero per aver sottoposto un agente di polizia ad accertamenti psichiatrici a causa del suo orientamento sessuale
9 aprile 2024
La vicenda
La vicenda che ha occasionato la pronuncia del TAR Piemonte riguarda il caso di un agente di Polizia Penitenziaria nei confronti del quale veniva instaurato dall’amministrazione un procedimento disciplinare sulla base di dichiarazioni spontanee di due detenuti che sostenevano di aver ricevuto delle avances sessuali dall’agente.
Durante questo procedimento disciplinare l’agente veniva sottoposto ad invasivi controlli psichiatrici volti all’accertamento della propria omosessualità.
A causa di tale condotta con cui l’amministrazione «aveva messo alla gogna il ricorrente, sottoponendolo a penetranti controlli psichiatrici», si determinava uno stato di grave sofferenza nell’agente anche tenuto conto della diffusione, all’interno dell’ambiente di lavoro, di informazioni relative alla propria vicenda personale (pag. 3 della parte in fatto).
Il ricorrente, pertanto, adiva il TAR Piemonte per ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale subito per tale condotta dell’amministrazione.
La decisione.
Il Tribunale accoglie il ricorso ritenendo fondati i motivi avanzati dal ricorrente.
In particolare, il Tribunale ritiene che la decisione dell’amministrazione di sottoporre l’agente a tali tipi di controlli sia arbitraria e priva di un valido supporto giuridico, oltreché tecnico-scientifico, atteso che l'amministrazione indebitamente ha operato una sovrapposizione tra l'orientamento sessuale del ricorrente e la necessità di "fare chiarezza sulla personalità" di quest'ultimo sul versante psichiatrico, operando un'illegittima inferenza tra la presunta omosessualità dell'Agente e l'esistenza di un disturbo della personalità (pag. 5 della parte in diritto).
Secondo il Tribunale, dunque, una simile condotta è idonea ad arrecare una lesione non patrimoniale, sotto forma di danno c.d. morale, in quanto può ritenersi che il ricorrente abbia patito una sofferenza interiore derivante dall'essersi visto attribuire lo "stigma" di un disturbo della personalità da parte dei superiori gerarchici (con la conseguente sottoposizione a visita psichiatrica) senza che sussistesse alcun elemento indiziario che deponesse in tale direzione e suggerisse l'opportunità di espletare approfondimenti medico-legali.
Sotto il profilo dell'elemento soggettivo, secondo i giudici la condotta dell'amministrazione deve ritenersi quantomeno connotata da colpa in quanto posta in violazione di regole cautelari di condotta di diligenza e prudenza che devono ispirare l'amministrazione nella sottoposizione dei propri dipendenti a valutazioni mediche connotate da elevato grado di "invasività", quali quelle che attengono alla sfera della personalità e dell'orientamento sessuale.
Per tutti i motivi così riassunti, il TAR Piemonte ha accolto il ricorso dell’Agente e ha condannato il Ministero della Giustizia al pagamento in favore del ricorrente della somma di € 10.000.-
Il testo della sentenza è disponibile a questo link nel box download.