Il Giudice per le indagini preliminari ha respinto la richiesta di archiviazione, formulata dal Procuratore della Repubblica in data 2 maggio 2017, ordinando al Pubblico Ministero di disporre l’imputazione coatta per il reato di assistenza al suicidio di cui all’art. 580 cod. pen. nei confronti di Marco Cappato per aver rafforzato il proposito suicidario di Antoniano Fabiani.
Tribunale di Milano - sezione GIP - Caso Cappato e Antoniani - ord. 10 luglio 2017: il GIP rigetta la richiesta di archiviazione
10 luglio 2017
Secondo il Gip la condotta posta in essere da Cappato deve essere inquadrata all’interno della fattispecie di cui all’art. 580 cod. pen. in quanto partecipazione materiale al suicidio, perché egli ha rafforzato il proposito suicidario di Fabiano Antoniani, prospettandogli la possibilità di ottenere assistenza al suicidio presso l’associazione svizzera Dignitas, attivandosi per mettere in contatto l’associazione con la famiglia di Antoniani tramite l’invio di materiale informativo e, infine, per aver agevolato il suicidio trasportando fisicamente il malato presso l’associazione.
Nonostante la morte del sign. Antoniani sia stata determinata dall’iniezione di un farmaco letale e quindi sia una diretta conseguenza di un suo autonomo, consapevole e desiderato gesto, il giudice ritiene che la «natura morale […] e materiale dell’ausilio fornito da Cappato […] non solo ha agevolato materialmente l’esecuzione del suicidio, ma anche rafforzato l’altrui proposito». Infatti, il desiderio di morire espresso dal malato era privo di possibilità di attuazione e soltanto grazie all’intervento dell’indagato si è trasformato in una possibilità concreta portando così al rafforzamento e all’evoluzione della decisione del sign. Antoniani.
Il rigetto della richiesta di archiviazione deriva dall’analisi tecnica dell’art. 580 cod. pen. e dal rifiuto dell’interpretazione restrittiva fornita dal Pm definita come «chiaramente contraria allo spirito e al tenore della legislazione penale vigente». Dopo aver analizzato in generale gli artt. 579 e 580 cod. pen., il giudice si sofferma, in particolar modo, sulla portata semantica dell’ultima parte dell’art. 580 cod. pen. («chiunque […] agevola in qualsiasi modo l’esecuzione [del suicidio]»). Egli afferma che il termine agevolare significa aiutare consapevolmente in ogni modo un soggetto nella realizzazione di un proposito già consolidato, dunque il concetto di aiuto riassume in sé ogni condotta compiuta da un soggetto terzo senza il quale l’esito mortale non si sarebbe verificato. Successivamente il giudice si sofferma sulla nozione di esecuzione e afferma che la norma così come formulata comprende «ogni condotta che abbia dato un apporto casualmente apprezzabile ai fini della realizzazione del proposito suicidario». Infatti il Gip dissente dall’interpretazione fornita dal Pm che limita l’esecuzione alla sola fase esecutiva, comprendendo, così, tra le condotte penalmente rilevanti, soltanto l’aiuto reso nella fase che immediatamente precede l’evento morte, perché un’applicazione così restrittiva della norma toglierebbe ogni rilevanza a condotte che hanno agevolato in modo palese la concretizzazione del suicidio.
L’analisi tecnica del precetto in esame prosegue con alcune riflessioni sul nesso di causalità tra l’azione dell’indagato e l’evento morte e sull’elemento soggettivo, e il giudice conclude l’esegesi della norma affermando che «qualsiasi condotta materialmente funzionale al proposito auto-sopressivo, purchè l’agevolatore sia consapevole di tale progetto, è punibile ai sensi dell’art. 580 cod. pen. previa valutazione del nesso di causalità».
A questo punto il Gip, in base alla ricostruzione dei fatti, elenca le condotte tenute da Cappato e dichiara che il suo intervento, pienamente consapevole, nella vicenda di Antoniani è stato determinante in quanto ha rafforzato il proposito suicidario e ha agevolato la sua esecuzione, non solo suggerendo la struttura dove poter realizzare il suicidio ma anche trasportando in concreto il malato stesso. Per questi motivi il Gip non può procedere all’archiviazione del procedimento e ordina al Pm di formulare l’imputazione coatta per il reato di cui all’art. 580 cod. pen. nei confronti di Marco Cappato.
Per quanto riguarda la richiesta di sollevare questione di legittimità costituzionale, auspicata dal Pm nel caso di rigetto dell’interpretazione proposta della norma, il giudice respinge la possibilità di rimettere la questione alla Corte Costituzionale per manifesta infondatezza. Infatti, secondo il Gip, una tale questione di legittimità indurrebbe la Consulta ad una inevitabile pronuncia di inammissibilità poiché la pronuncia additiva invocata dalla parti non è consentita per la presenza di una pluralità di scelte normative possibili (c.d. pronuncia “creativa”).