Il Tribunale di Pisa, in un procedimento penale per alterazione di stato nei confronti di due coniugi, genitori di due bambini nati all’estero da maternità surrogata, ha assolto gli imputati perché il fatto non sussiste.
Tribunale di Pisa - sent. 687/2015: maternità surrogata all’estero e alterazione di stato
10 aprile 2015
Riportiamo di seguito una sintesi della decisione. Il testo completo è disponibile nel box download.
La donna e il marito erano imputati, in concorso, del reato di cui all’art. 567 cp, per aver alterato lo stato civile di due neonate, attestando falsamento all’ufficiale dello stato civile del Comune di residenza che i due bambini, nati a Kiev, erano il frutto del loro matrimonio, mentre erano in realtà nati in Ucraina in seguito al ricorso alla maternità surrogata.
Secondo l’impostazione accusatoria, i due coniugi avevano alterato lo stato civile dei due neonati che, mediante falsa dichiarazione, erano stati fatti risultare figli legittimi e naturali della coppia. Dagli atti del PM risultava infatti che i due coniugi si erano presentati all’ambasciata italiana a Kiev ed avevano chiesto la trasmissione degli atti di nascita al loro Comune di residenza, in modo che potessero essere trascritti nei registri dello stato civile. Il personale dell’ambasciata aveva però informato la Procura della Repubblica competente per territorio, ipotizzando il ricorso alla maternità surrogata, consentita dalla legge in Ucraina.
Dai documenti prodotti durante le indagini risultava che la donna avesse fatto ingresso in Ucraina il giorno successivo alla nascita dei gemelli; dagli esami biologici risultava inoltre che l’imputato è il padre biologico dei gemelli, mentre la donna non aveva alcun legame con i neonati.
In udienza l’imputato aveva poi dichiarato che i minori erano nati in seguito a donazione di ovociti e ricorso alla surrogazione di maternità da parte di un’altra donna.
Rilevato che la surrogazione di maternità – vietata nel nostro ordinamento dalla legge n. 40/2004 – è consentita dalla legge ucraina, il Tribunale ricostruisce la disciplina ucraina sulla procreazione assistita e sulla surrogazione di maternità: in Ucraina, il ricorso alla maternità surrogata è consentito sia nel caso di impianto di embrioni appartenenti unicamente alla coppia (cd. fecondazione omologa) sia nell’eventualità in cui si renda necessario il ricorso alla donazione di ovociti. La legislazione ucraina, inoltre, indica quali siano gli esami medici che la coppia deve produrre e il tipo di negozio giuridico con la madre surrogata, la quale deve impegnarsi a rinunciare a qualsiasi pretesa di genitorialità sul concepito.
Alla luce della ricostruzione del quadro giuridico ucraino, il Tribunale di Pisa afferma che “non è possibile affermare, oltre ogni ragionevole dubbio ed in difetto di risultanze probatorie di segno contrario, che gli atti di nascita dei due minori non siano conformi alla legge del luogo ove gli stessi sono stati formati”.
In base al sistema italiano di diritto nazionale italiano, lo status del figlio deve essere determinato in base alla legge nazionale del figlio al momento della nascita (nel caso di specie, la legge italiana); tuttavia, il certificato di nascita deve essere stilato in base alla lex loci. Ne segue che gli imputati dovevano attenersi alla legge ucraina per la determinazione della genitorialità e sono, per questo motivo, a tutti gli effetti, genitori dei neonati. Gli imputati non avrebbero, quindi, potuto rendere all’ufficiale dello stato civile dell’ambasciata italiana a Kiev dichiarazioni diverse da quelle che hanno reso, poiché è la stessa legge italiana a rinviare alla lex loci.
Inoltre, il reato di alterazione di stato si perfeziona al momento della formazione del certificato di nascita e non è configurabile al momento delle eventuali false dichiarazioni.
Al momento in cui i coniugi si erano recati davanti all'ufficiale dello stato civile di Kiev non avrebbero potuto "proprio secondo la legge italiana, che rinvia a quella ucraina, rendere una dichiarazione diversa da quella effettivamente resa nè avrebbero potuto indicare quale madre colei che aveva portato a termine la gravidanza nè la donatrice degli ovociti perchè ciò avrebbe determinato la violazione della normativa vigente, all'epoca, nel Paese ospitante". Inoltre, “la convinzione dei due coniugi italiani di agire e di dover agire in modo conforme alla vigente legislazione ucraina consentirebbe, in ogni caso, di escludere la sussistenza del prescritto elemento soggettivo del dolo del reato in esame (…) difettando la consapevolezza di trasgredire ad un obbligo di verità”.
Alla luce di queste motivazioni, il Collegio assolve entrambi gli imputati poiché il fatto non sussiste.