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Tribunale federale svizzero, sentenza 8 giugno 2023, causa n. 5A_391/2021: non menzione del genere nei documenti anagrafici
8 giugno 2023

Il Tribunale federale svizzero ha rigettato il ricorso di una persona che chiedeva che il suo genere venisse cancellato dal pubblico registro. Secondo il Tribunale né è possibile elidere l’indicazione del genere dai documenti, né è possibile registrare la persona con il genere neutro, come è invece possibile nell’ordinamento in cui il ricorrente risiede.

Numero
5A_391/2021
Anno
2023

La persona ricorrente, cittadina svizzero residente in Germania, dichiarava all’ufficiale comunale tedesco l’intenzione che il proprio genere fosse cancellato dal pubblico registro, con conseguente assunzione di un nome neutro, in base all’art. 45b della legge sullo stato civile (PStG). A tal fine, il richiedente produceva altresì una certificazione medica attestante una variante nello sviluppo sessuale classificabile nel paradigma dell’intersessualità. Successivamente, si rivolgeva all’autorità diplomatica svizzera, affinché tali modifiche fossero recepite e registrate anche presso l’anagrafe cantonale dello Stato di cittadinanza.
Il dipartimento cantonale di Argovia, pur riconoscendo il diritto all’assunzione del nuovo nome, negava invece la rettificazione del genere, sul presupposto che l’ordinamento federale è imperniato su un rigido paradigma binario M/F e non legittima ulteriori varianti.
Avverso tale determinazione veniva presentato ricorso al Tribunale cantonale. Quest’ultimo, pur rilevando che il diritto svizzero non prevede né un terzo genere, né l’assenza di genere, ha statuito che una tale eventualità non rientra nella definizione di atto contrario all’ordine pubblico (art. 27 cpv. 1 LDIP/IPRG) e, perciò, non osta al riconoscimento dell’atto amministrativo formato all’estero, coerentemente con i principi di diritto internazionale privato.
Viceversa, il Tribunale federale – adito in sede d’appello – ha valorizzato il rilievo secondo cui l’ordinamento civile (art. 30b ZGB; art. 40a IPRG) non prevede né un terzo genere né la possibilità di elidere il relativo campo dai documenti anagrafici. D’altronde, la stessa legislazione sui pubblici registri, recentemente riformata, ha confermato l’assetto tradizionale (art. 40 LDIP) ed anche i lavori parlamentari ribadiscono implicitamente l’intenzione del legislatore di mantenere immutato il paradigma binario del genere: alle mozioni che demandavano al Consiglio federale di studiare l’introduzione di un terzo genere, quest’ultimo ha infatti controdedotto che le condizioni giuridiche e sociali non risultano ancora mature.
La cancellazione del genere dai documenti anagrafici non risulta peraltro imposta dalla giurisprudenza della Corte EDU in merito all’art. 8 della Convenzione, posto che – in tale ambito – la Corte di Strasburgo ha accertato che l’assenza di un generale consenso tra gli Stati aderenti impone accordare un’ampia discrezionalità legislativa ai singoli Paesi (CEDU, 25 marzo 1992, B. contro Francia, ricorso n. 13343/87; 11 luglio 2002, Goodwin contro Regno Unito, ricorso n. 28957/95; 31 gennaio 2023, Y c. Francia, ricorso n. 76888/17).
Ne consegue che, su queste premesse, il Tribunale federale non può sostituirsi al Parlamento nel propugnare una soluzione giuridica che, per ora, è stata espressamente avversata dal legislatore.

Francesco Dalla Balla
Pubblicato il: Giovedì, 08 Giugno 2023 - Ultima modifica: Lunedì, 14 Aprile 2025
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