Il Tribunale penale di Tivoli ha condannato per violenza privata ai sensi dell’art. 610 c.p. un medico anestesista che ha sottoposto una paziente testimone di Geova ad una trasfusione di sangue, nonostante l’esplicito dissenso manifestato sia dalla paziente nelle d.a.t. che dall’amministratore di sostegno.
Tribunale penale di Tivoli – sent. 1179/2020: condannato per violenza privata il medico che ha effettuato emotrasfusione al paziente testimone di Geova
1 ottobre 2020
Il caso riguarda una paziente testimone di Geova affetta da polmonite atipica bilaterale e insufficienza respiratoria alla quale era stato indotto il coma farmacologico. La paziente, nelle proprie disposizioni anticipate di trattamento, aveva manifestato chiaramente la propria volontà di non essere sottoposta ad alcuna emotrasfusione, in ragione del proprio credo religioso; la donna aveva inoltre comunicato oralmente il proprio dissenso in più occasioni ai familiari e agli amici. Le d.a.t., insieme all’indicazione dell’amministratore di sostegno, erano state inserite nella cartella clinica della paziente ed erano note a tutta l’equipe medica.
Nel momento in cui le condizioni cliniche della donna si sono aggravate, l’anestesista ha contattato d’urgenza l’amministratore di sostegno, il quale ha nuovamente ribadito il dissenso all’emotrasfusione.
L’anestesista, tuttavia, ha effettuato comunque la trasfusione e, per questa ragione, è stato condannato per violenza privata, ai sensi dell’art. 610 c.p., a due mesi di reclusione (con sospensione condizionale della pena e non menzione nel casellario giudiziale) e al pagamento di una provvisionale in vista del risarcimento alle parti civili.
La fattispecie penale, infatti, risulta integrata in quanto il dissenso è stato manifestato in modo attuale ed esplicito e la condotta dell’anestesista ha costituito quindi una compressione della libertà di autodeterminazione della persona offesa che in quel momento si trovava in stato di incoscienza. Per quanto riguarda l’elemento soggettivo del reato, si è ritenuta sufficiente, per integrare il dolo generico, la coscienza e la volontà di porre in essere la condotta costrittiva; non si è ritenuto, inoltre, di poter applicare le scriminanti dello stato di necessità e dell’adempimento di un dovere, in quanto il medico ha agito consapevolmente a fronte di un esplicito dissenso.
Il testo della sentenza è disponibile nel box download, insieme ad una nota di commento redatta dagli avvocati Valentina Celano, Omero Nardi e Laura Mattei.