La Court of Protection ha dichiarato l’incapacità di una paziente affetta da grave anoressia nervosa di prendere decisioni riguardo le proprie cure e ha dichiarato essere nel miglior interesse della paziente la sospensione dell’alimentazione forzata, praticata contro la sua volontà, durante i ricoveri ospedalieri.
UK – Court of Protection - Northamptonshire Healthcare NHS Foundation Trust v. AB: miglior interesse e disposizioni anticipate di trattamento di paziente affetta da grave anoressia nervosa
16 agosto 2020
Il caso riguarda una giovane donna di ventotto anni, affetta da grave anoressia nervosa, progredita fino a metterla in pericolo di vita; l’unica opzione terapeutica rimasta per preservare le funzioni vitali è l’alimentazione forzata attraverso un sondino naso-gastrico, eseguita tramite sedazione e in occasione di lunghi ricoveri.
Il centro medico presso il quale è in cura si è rivolto alla Court of Protection per ottenere, ai sensi delle sezioni 4 e 15 del Mental Capacity Act del 2005, una pronuncia che riconoscesse il miglior interesse terapeutico della paziente e ne dichiarasse, al tempo stesso, l’incapacità di prendere decisioni riguardo le proprie cure.
Riguardo la prima questione, sia la paziente, che la sua famiglia, che i suoi medici concordano nell’affermare che il miglior interesse della donna è quello di interrompere ogni ulteriore trattamento, in quanto l’alimentazione forzata costituirebbe una sofferenza aggiuntiva alla sua già grave condizione, la esporrebbe comunque a gravi rischi di infarto e lesioni e non riuscirebbe a curare a lungo termine la sua malattia. La donna conduce nella propria abitazione un’esistenza serena, circondata dai propri cari e senza le sofferenze fisiche ed emotive che i ricoveri e le terapie cui si è sottoposta in passato le hanno causato, pur consapevole del fatto che la sospensione delle cure la porterebbe inevitabilmente alla morte. Per questo la paziente desidera vivere il più a lungo possibile e nelle migliori condizioni possibili e concorda con l’ospedale nel proseguire la terapia con cure palliative.
La seconda questione riguarda la capacità della donna di decidere in merito ai propri trattamenti sanitari ed è fondamentale per poter riconoscere alla paziente la possibilità di sottoscrivere una dichiarazione anticipata di trattamento.
Nella propria vita quotidiana la paziente è perfettamente in grado di prendere decisioni assennate e responsabili, anche in merito al proprio stato di salute, ad esempio recandosi alle visite mediche, dialogando con i terapeuti, accettando la propria condizione e rendendosi conto di essere in pericolo di vita.
Nonostante ciò, lei stessa dichiara di sentirsi sopraffatta dalla malattia e l’opinione del suo medico curante è che la patologia sia progredita a tal punto da pregiudicare la sua abilità di valutare le informazioni e di considerare le opzioni in modo ragionato. È opinione della Corte che la paziente manchi della capacità necessaria per affrontare decisioni riguardo l’assunzione di cibo e il conseguente aumento di peso, in quanto si tratta di aspetti profondamente legati alla sua malattia e quindi sottoposti ad un ormai inevitabile condizionamento.
Per queste ragioni la Corte ha dichiarato la donna incapace di decidere riguardo le proprie disposizioni anticipate di trattamento e ha riconosciuto come miglior interesse per la paziente la sospensione dell’alimentazione forzata: questa infatti non avrebbe consentito alcun miglioramento nelle condizioni cliniche della donna, alla quale si è ritenuto opportuno invece garantire la miglior qualità di vita possibile.
Il testo della sentenza è disponibile nel box download.