In questa pagina si raccolgono i principali materiali di carattere normativo, giurisprudenziale e tecnico-scientifico riguardanti le tematiche di fine vita nei singoli Stati europei (in ordine alfabetico).
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In questa pagina si raccolgono i principali materiali di carattere normativo, giurisprudenziale e tecnico-scientifico riguardanti le tematiche di fine vita nei singoli Stati europei (in ordine alfabetico).
In Austria, a seguito dell’intervento della Corte costituzionale prima (2020) e del legislatore poi (2021), è consentita l’assistenza al suicidio a certe condizioni.
§ 78 StGB (Mitwirkung am Selbstmord, cooperazione al suicidio): «Chiunque istighi un uomo al suicido, ovvero gli offra aiuto, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni»;
§ 77 StGB (Tötung auf Verlangen, omicidio su richiesta): «Chiunque uccida un uomo su sua volontaria e insistente richiesta è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni».
In Belgio è consentita l’assistenza al suicidio e l’eutanasia anche su minori.
Art. 397: «Si definisce avvelenamento l’omicidio commesso mediante sostanze che possono provocare la morte più o meno rapidamente, in qualunque modo tali sostanze siano impiegate o somministrate. Sarà punito con l’ergastolo».
Il caso riguardava la morte di una donna affetta da una grave forma di depressione avvenuta a mezzo di suicidio assistito e il figlio, venuto a conoscenza della morte solo in un momento successivo, lamenta che la legge nazionale sull’eutanasia non è idonea a proteggere la vita dei soggetti fragili. La Corte, tuttavia, conclude che benché non sia possibile enucleare un diritto a morire a partire dall’art. 2, la libertà e la dignità sono principi fondamentali su cui la Convenzione si basa e perciò è ragionevole ritenere che non vi sia un generale divieto alla pratica dell’eutanasia che, a certe condizioni, può essere compatibile con le previsioni della CEDU.
In Belgio c’è stata tutta una serie di casi controversi che ha riproposto al centro del dibattito pubblico la disciplina nazionale sull’eutanasia, tra cui:
In Bulgaria non esistono disposizioni in materia di eutanasia e assistenza al suicidio.
Nel Cipro qualsiasi forma di eutanasia e assistenza al suicidio è vietata e punita con l'ergastolo.
Art. 218 (“Abetting suicide”): «Chiunque (a) procura ad un altro il suicidio; oppure (b) consiglia ad un altro di uccidersi e quindi lo induce a farlo; o aiuta un altro ad uccidersi, è colpevole di un crimine ed è passibile della reclusione a vita».
Janice Hunter, malata terminale di leucemia, chiede più volte a suo marito David Hunter di porre fine alla sua vita. Poiché l’eutanasia non è consentita nel Cipro, suo marito ha obbedito a questa volontà e la donna è morta per asfissia. Il Tribunale distrettuale di Cipro lo ha prosciolto dall’accusa di omicidio premeditato (che comporta l’ergastolo) riconoscendo l’omicidio colposo.
In Croazia è vietata qualsiasi forma di eutanasia ed assistenza al suicidio.
Articolo 112 (“Esecuzione”): «1) Chiunque uccide un altro, portato in uno stato di sofferenza a lungo termine, di forte irritazione o di panico a causa del suo attacco, grave insulto o abuso senza sua colpa, è punito con la reclusione da uno a dieci anni.
(2) Una madre che uccide il suo bambino sotto l'influenza di un grave stress mentale dovuto alla gravidanza o al parto, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
(3) Chiunque uccide un altro su sua espressa e seria richiesta per compassione del suo grave stato di salute, è punito con la reclusione fino a tre anni.»
Articolo 114 (“Partecipazione al suicidio”): (1) Chiunque induce un altro al suicidio o lo aiuta a suicidarsi per motivi vili e ciò viene commesso o tentato, è punito con la reclusione fino a tre anni.
(2) Chiunque commette l'atto di cui al paragrafo 1 del presente articolo nei confronti di un bambino che ha compiuto i quattordici anni o di una persona la cui capacità di comprendere le sue azioni è notevolmente ridotta, è punito con la reclusione da uno a otto anni.»
In Danimarca è possibile rifiutare le cure, ma non accedere al suicidio assistito né tantomeno all’eutanasia.
Nel corso del 2023 è stata presentata una proposta di legge ad iniziativa popolare “Legalisering af aktiv dødshjælp” (Legalizzazione dell’eutanasia attiva) che ha riscosso molto successo, raccogliendo 50.000 firme. Il Parlamento danese è attualmente impegnato nella sua discussione ed ha invitato il Consiglio etico nazionale a prendere posizione su tale tema rilasciando un parere da utilizzare nelle future discussioni:
Art. 6.3 – «A meno che non disponga di un’autorizzazione speciale un medico non deve iniziare ad applicare un trattamento sanitario contro la volontà del paziente. Questa disposizione si applica anche quando il paziente ha espresso in un testamento di vita il suo desiderio di essere dispensato da tutti i trattamenti di prolungamento della vita nell’ipotesi di essere morente o quando la sua morte è inevitabile».
Art. 6.4 - «Per trattamento che prolunga la vita si intende un trattamento che non offre alcuna prospettiva di guarigione di miglioramento o sollievo, ma che è finalizzato solamente a prolungare la vita».
Art. 6.5 - «Nei casi in cui il paziente è morente o la sua morte è inevitabile, ma non c’è un suo testamento di vita (ai sensi dell’art. 6a della stessa legge) il medico può esimersi dal cominciare o proseguire delle cure che non possono che ritardare la data del decesso. Nelle stesse circostanze il medico può somministrare degli analgesici, dei calmanti o dei prodotti analoghi che sono necessari per sostenere il paziente anche se una tale azione può condurre a avvicinare il momento del decesso».
Art. 6a - «Tutte le persone maggiorenni possono redigere un testamento di vita. Il testatore esprime la sua volontà in materia di cure mediche se egli dovesse trovarsi in una situazione nella quale non può più esercitare in altro modo il suo diritto di autodeterminazione».
Art. 16 – riprende la stessa formulazione dell’art. 6.5 della Lov om udøvelse af lægegerning.
Art. 17 - «1. Tutti coloro che hanno più di 18 anni, che non sono sotto tutela, che adempiono le proprie condizioni personali e notoriamente quelle di salute, conformemente all’art. 5 della legge sulla tutela, possono redigere un testamento di vita. In un testamento di vita, l’interessato può esprimere la sua volontà in materia di trattamenti medici se dovesse trovarsi in uno stato in cui egli non può più esercitare il suo diritto di autodeterminazione.
2. Un testamento di vita può contenere delle disposizioni secondo le quali:
1. nel caso in cui il testatario è morente o la sua morte è inevitabile, egli non desidera trattamenti di prolungamento della vita;
2. nei casi in cui la malattia, l’estremo indebolimento dovuto alla vecchiaia, un incidente, un arresto cardiaco, o un altro evento suscettibile di creare una invalidità così grave che il te- statore sarà durevolmente incapace di prendersi cura di se stesso psichicamente e mentalmente, il testatore non desideri un trattamento di prolungamento della vita;
3. Per trattamento di prolungamento della vita si intende un trattamento che non offre alcuna prospettiva di guarigione, di miglioramento, o di sollievo ma che serve solamente a prolungare la vita;
4. Nella misura in cui un appartenete al personale curante, di fronte ad un paziente che non ha l’età per esercitare i suoi diritti di autodeterminazione, decida d’iniziare un trattamento di prolungamento della vita di un paziente la cui morte è inevitabile, o decida di proseguire un tale trattamento nei casi previsti al n. 2 alinea 2, questa persona dovrà consultare il registro dei testamenti di vita, conformemente all’art. 18, al fine di verificare se egli ha redatto un testamento di vita;
5. Nei casi previsti al n. 1, alinea 2, il desiderio del testatore ha forza obbligante per il personale curante, mentre nel caso previsto al punto n. 2 dello stesso alinea non ha che un valore indicativo e dovrà dunque essere preso in esame in fase terminale».
Art. 239: «Chiunque uccida un altro su sua specifica richiesta è punito con la reclusione fino a 3 anni».
Art. 240: «Chiunque assiste qualcuno nel togliersi la vita è punito con la multa o con la reclusione fino a 3 anni.»
Il caso riguarda un medico danese che ha pubblicato online una guida contenente l’elenco dei medicinali adatti a commettere suicidio, con indicazioni pratiche e posologia. Oltre a ciò, il medico ha fornito aiuto, in tre casi specifici, a pazienti affetti da gravi patologie, desiderosi di porre fine alla propria vita, aiutandoli ad ottenere i medicinali e dando loro consigli specifici su come agire. In conseguenza di ciò, il medico è stato privato della licenza per esercitare la professione e condannato a 60 giorni di reclusione (anche se la pena è stata sospesa) per il reato di assistenza al suicidio, previsto dalla sezione 240 del codice penale danese. Dopo aver esperito i ricorsi interni, il medico si è rivolto alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sostenendo che la decisione dei giudici danesi fosse contraria all’articolo 10 della CEDU che tutela la libertà di espressione, in quanto egli aveva semplicemente fornito informazioni ai pazienti, facilmente reperibili anche online. Secondo la Corte, invece, è legittimo condannare chi compia specifici atti di assistenza con l’intento concreto di aiutare a commettere suicidio. Nel caso di specie, qualora il medico si fosse limitato a pubblicare la guida informativa su internet, non avrebbe potuto essere punito, ricadendo la sua azione, indirizzata ad un numero indeterminato di persone, nell’alveo protettivo dell’articolo 10 della CEDU; avendo il medico, tuttavia, aiutato i pazienti a procurarsi le medicine e avendo dato consigli assicurando la riuscita dell’azione, egli ha intensificato la volontà dei pazienti di procedere con il suicidio e ha fornito assistenza concreta.
In Estonia qualsiasi forma di eutanasia e assistenza al suicidio è vietata.
Un soggetto è stato indagato per aver costruito e affittato “a scopo di lucro” un dispositivo mediante il quale gli utenti potevano effettuare il proprio suicidio assistito tramite un gas letale. Secondo quanto riferito dal Procuratore estone, due persone si sono tolte la vita a causa dei suoi servizi. Paul ha valutava innanzitutto se lo stato mentale di una persona era sufficientemente adeguato per essere in grado di prendere le proprie decisioni e allo stesso tempo se la salute fisica era sufficientemente incurabile da giustificare la fine della propria vita.
In Francia è vietato l’accanimento terapeutico, è consentita l’interruzione dei trattamenti di sostegno vitale e la sedazione profonda e continua ma non è consentita né l’eutanasia né il suicidio medicalmente assistito.
Articolo L.1110-5 - «Ogni individuo ha, tenuto conto del proprio stato di salute e dell'urgenza degli interventi che esso richiede, il diritto di ricevere le cure più adeguate e di beneficiare di terapie la cui efficacia è riconosciuta e che garantiscono la migliore sicurezza sanitaria alla luce delle comprovate condizioni di salute. Gli atti di prevenzione, indagine o cura non devono, allo stato delle conoscenze mediche, esporre il paziente a rischi sproporzionati rispetto al beneficio atteso.
Questi atti non devono essere perseguiti con irragionevole ostinazione. Quando appaiono inutili, sproporzionati o non aventi altro effetto che il mantenimento artificiale della vita, possono essere sospesi o non intrapresi. In questo caso, il medico salvaguarda la dignità del morente e assicura la qualità della sua vita prestando le cure di cui all'articolo L. 1110-10.
[...]
Ogni individuo ha il diritto di ricevere cure volte ad alleviare il proprio dolore. Ciò deve in ogni caso essere prevenuto, valutato, preso in considerazione e trattato.
Gli operatori sanitari utilizzano tutti i mezzi a loro disposizione per garantire a tutti una vita dignitosa fino alla morte. Se il medico ritiene di poter alleviare le sofferenze di una persona nella fase avanzata o terminale di una malattia grave ed incurabile, qualunque ne sia la causa, applicando cure che possano avere l'effetto secondario di abbreviargli la vita, deve informare il paziente, fatte salve le disposizioni del quarto comma dell'articolo L. 1111-2, la persona di fiducia di cui all'articolo L. 1111-6, la famiglia o, in mancanza, uno dei parenti. La procedura seguita viene registrata nella cartella clinica.»
Art. 221-1 – omicidio volontario: «Uccidere volontariamente un'altra persona costituisce omicidio. Viene punito con trent'anni di reclusione.»
Art. 221-3 – omicidio premeditato: «L'omicidio commesso con premeditazione o agguato costituisce un assassinat. Viene punito con l'ergastolo.»
Art. 221-5 - avvelenamento: «Costituisce avvelenamento l’atto di attentare alla vita altrui mediante l’uso o la somministrazione di sostanze idonee a provocare la morte. L'avvelenamento è punibile con trent'anni di reclusione.».
Art. 223-6, c. 2 – mancata assistenza di persona in pericolo: «È punito con le stesse pene chiunque volontariamente si astiene dal prestare soccorso ad una persona in pericolo che, senza pericolo per sé o per terzi, potrebbe prestarle o con un suo atto personale o provocando soccorso.».
Art. 121-3, c. 3 – omicidio involontario: «[...] le persone fisiche che non hanno causato direttamente il danno, ma che hanno creato o contribuito a creare la situazione che ha consentito il verificarsi del danno o che non hanno adottato le misure per evitarlo, sono penalmente responsabili se è accertato che hanno violato deliberatamente un particolare obbligo di prudenza o di sicurezza previsto da una legge o da un regolamento, ovvero hanno commesso un errore grave che espone altri ad un rischio particolarmente grave che non potevano ignorare».
Art. R. 4127-37 - «In ogni circostanza il medico deve sforzarsi di alleviare le sofferenze del malato con mezzi adeguati al suo stato e assisterlo moralmente. Egli deve astenersi da ogni irragionevole ostinazione e può rifiutarsi di intraprendere o proseguire cure che appaiano inutili, sproporzionate o che non abbiano altro effetto se non il mantenimento artificiale della vita».
[...]
Art. R. 4127-38 - «Il medico deve accompagnare il morente fino agli ultimi istanti, assicurare con cure e misure adeguate la qualità della vita che sta finendo, salvaguardare la dignità del malato e confortare chi gli sta accanto. Non ha il diritto di causare deliberatamente la morte.»
In Germania è punita la condotta di chi cagioni la morte di un soggetto, in seguito alla richiesta espressa di quest’ultimo (la cd. aktive Sterbehilfe - eutanasia attiva).
Quanto alla cd. “Indirekte Sterbehilfe” (eutanasia indiretta), ovvero l’evento morte causato da effetti indiretti di farmaci palliativi, questa non è punibile se corrisponde alla volontà attuale del paziente capace di agire oppure, se incapace, espresso tramite disposizioni precedentemente comunicate.
Infine, la cd. “passive Sterbehilfe” (eutanasia passiva), intesa quale rinuncia ad un trattamento salvavita, è anch’essa penalmente irrilevante laddove corrisponda alle volontà espresse dal paziente capace o incapace, con le stesse modalità previste dai casi di indirekte sterbehilfe.
§ 216 StGB (Tötung auf Verlangen, omicidio del consenziente): «Chiunque uccida su espressa e seria richiesta della persona uccisa, sarà imposta una pena detentiva da sei mesi a cinque anni. Il tentativo è punibile.»
§ 217 StGB (Geschäftsmäßige Förderung der Selbsttötung, favoreggiamento commerciale del suicidio): «Chiunque, con l'intenzione di promuovere il suicidio di un'altra persona, gli conceda o media l'opportunità di farlo per affari, è punito con la reclusione fino a tre anni o con una multa.
Come partecipante, chiunque non agisca in modo commerciale e sia un parente o vicino all'altro di cui al paragrafo 1 rimane esente da punizione.»
Tale norma è stata introdotta dal disegno di legge del 6 novembre 2015.
In Grecia è vietata sia l’eutanasia che l’assistenza al suicidio.
Art. 299 (Omicidio colposo): «Chiunque uccida un altro è punito con l’ergastolo»
Art. 300 (Omicidio su richiesta): «Chiunque abbia deciso ed eseguito un omicidio dietro grande e insistente richiesta della vittima e per pietà verso colui che era affetto da una malattia incurabile, è punito con la reclusione».
Art. 301 (Istigazione al suicidio): «Chiunque abbia persuaso un altro a suicidarsi, se il suicidio è stato commesso o tentato, nonché chiunque abbia prestato assistenza durante la commissione del suicidio, cosa che altrimenti non sarebbe stata possibile, è punito con la reclusione.»
Art. 29 (Decisioni mediche sul fine vita): «Il medico, in caso di malattia terminale, anche se tutte le opzioni terapeutiche mediche sono esaurite, dovrebbe occuparsi di alleviare il dolore psicosomatico del paziente. Offre cure palliative e collabora in questa direzione con i parenti del paziente. In ogni caso sostiene il paziente fino alla fine della sua vita.
2. Il medico tiene conto dei desideri espressi dal paziente, anche se non in grado di ripeterli.
3. Il medico deve sapere che il desiderio di morire di un malato, se si trova nello stadio ultimo, non costituisce il lasciapassare per il compimento di azioni volte ad accelerarne la morte.»
In Irlanda non é consentita né l'eutanasia né l’assistenza al suicidio, mentre è consentita l’interruzione dei trattamenti di sostegno vitale.
Sezione 2 (2): «1) Il suicidio cessa di essere un crimine.
(2) Una persona che aiuta, incoraggia, consiglia o procura il suicidio di un altro, o un tentativo di suicidio da parte di un altro, sarà colpevole di un reato e sarà passibile di condanna con atto d'accusa alla reclusione per un periodo non superiore a quattordici anni.
[...]
(4) Nessun procedimento potrà essere avviato per un reato ai sensi di questa sezione se non con il consenso del Pubblico Ministero.»
Nel 2012, Marie Fleming, donna affetta da sclerosi multipla e fisicamente incapace di porre fine alla propria vita da sola, ha intrapreso un’azione legale per ottenere il suicidio assistito. Il caso è stato prima trattato presso l’High Court e successivamente in appello presso la Supreme Court.
In Italia non è consentita l'eutanasia, ma è consentita l'assistenza al suicidio solo a certe condizioni dopo l'intervento della Corte costituzionale nel 2019.
Per ulteriori informazioni, consulta "La disciplina del fine vita in Italia".
In Lussemburgo l’eutanasia e il suicidio assistito sono stati legalizzati da una legge del 2009, in vigore dal 17 marzo 2009 e modificata nel 2014 e nel 2021.
La legge consente l’eutanasia e il suicidio assistito al ricorrere dei seguenti presupposti: i) il paziente deve essere cosciente e capace di intendere e di volere al momento della manifestazione del consenso; ii) la richiesta deve essere libera ed informata; iii) la situazione clinica del paziente deve essere irreversibile e causa di intollerabile sofferenza fisica o psicologica; iv) la richiesta deve essere scritta. Accertati i presupposti, il medico deve ottenere l’assenso di un altro professionista e consultarsi, salvo che il paziente si opponga, anche con il soggetto da questo designato come persona di fiducia. La legge consente inoltre la predisposizione di disposizioni anticipate di trattamento, da applicare qualora il paziente si trovi nell’incapacità di intendere e volere.
Art. 397 – 1: «Non si applica la presente sezione all'atto di un medico che risponde a una richiesta di eutanasia o di suicidio assistito nel rispetto delle condizioni sostanziali di cui alla legge del 16 marzo 2009 sull'eutanasia e sul suicidio assistito».
A Malta è vietata sia l’eutanasia che l’assistenza al suicidio. Le cure palliative e l’interruzione dei trattamenti sono invece consentite.
Nei Paesi Bassi l’eutanasia e il suicidio assistito sono stati legalizzati da una Legge del 2001 entrata in vigore nel 2002.
Sono presenti, inoltre, cinque Comitati regionali per l’eutanasia (RTEs) deputati a valutare se il medico che ha eseguito l’eutanasia o l’assistenza al suicidio ha rispettato tutti i criteri stabiliti nelle leggi (cd. procedura di revisione). Tali Comitati sono composti da un medico, un etico e un avvocato.
Art. 293: «Chiunque pone fine alla vita altrui intenzionalmente, per sua espressa e grave volontà, è punito con la reclusione non superiore a dodici anni o con la multa di quinta categoria.
2. Il reato di cui al primo comma non è punibile se commesso da un medico che soddisfa i dovuti requisiti di diligenza di cui all'articolo 2 della legge sull'interruzione della vita su richiesta e sul suicidio assistito e lo denuncia all'autorità ai sensi dell'articolo 7, comma 2, della legge sui servizi funebri».
Art. 294: «Chiunque inciti intenzionalmente un altro al suicidio, se segue il suicidio, è punito con la reclusione non superiore a tre anni o con la multa di quarta categoria.
2. Chiunque aiuti intenzionalmente un altro a suicidarsi o gli fornisce i mezzi è punito, se segue il suicidio, con la reclusione fino a tre anni o con la multa di quarta categoria. Si applica mutatis mutandis l'articolo 293, comma 2».
Art. 7 co. 2: «Se la morte è stata conseguenza dell'applicazione dell'interruzione della vita su richiesta o del suicidio assistito di cui all'articolo 293, secondo comma, o all'articolo 294, secondo comma, secondo periodo del Codice penale, il medico curante non deve fornire una dichiarazione di morte e comunica immediatamente la causa di tale morte al medico legale comunale o a uno dei medici legali municipali compilando un modulo. Il medico deve allegare alla notifica una relazione motivata relativa al rispetto degli obblighi di diligenza di cui all'articolo 2 della legge sull'interruzione della vita su richiesta e sul suicidio assistito».
Sul nostro sito sono presenti le analisi relative:
In Polonia è vietata l'eutanasia in tutte le sue forme, ma 'in casi eccezionali' il giudice può decidere di mitigare la pena - fino a 5 anni di prigione - o addirittura rinunciare a infliggerla.
Art. 150: «Chiunque uccida un essere umano su sua richiesta perché mosso da compassione nei suoi confronti è soggetto alla reclusione da 3 mesi a 5 anni. In situazioni eccezionali il tribunale può applicare un'attenuazione della pena o addirittura desistere dalla sua esecuzione».
Art. 151: «Chiunque, con la persuasione o con l'aiuto, induce a togliersi la vita, è punito con la reclusione da 3 mesi a 5 anni.»
Art. 32: «1. Nelle condizioni terminali, il medico non è obbligato ad avviare e condurre la rianimazione o terapie persistenti o ad applicare misure di emergenza. 2. La decisione di interrompere la rianimazione spetta al medico ed è legata alla valutazione delle possibilità di trattamento.»
In Portogallo l’eutanasia e il suicidio assistito sono stati legalizzati dalla Legge n. 22/2023 del 22 maggio 2023.
Tale decreto è stato sottoposto dal Presidente della Repubblica portoghese ad un controllo preventivo di costituzionalità il 18 febbraio 2021 (link ad un’analisi di tale richiesta).
Il decreto è stato dichiarato incostituzionale dal Tribunal Constitucional, con sentenza n. 123/2021 del 15 marzo 2021, in quanto in contrasto con il principio nazionale della “determinabilità delle leggi” nella parte in cui la nozione di «lesão definitiva de gravidade extrema de acordo com o consenso cientifico» non delimita in modo sufficientemente rigoroso le situazioni che giustificherebbero il mancato intervento punitivo dello Stato.
Dopo aver ricevuto il decreto per la promulgazione come legge, il Presidente della Repubblica ha scelto di porre il veto, rilevando che i concetti utilizzati non erano sufficientemente chiari nel definire i presupposti per l’accesso alla morte medicalmente assistita.
Dopo aver ricevuto il decreto per la promulgazione come legge, anche questa volta il Presidente della Repubblica ha deciso di sottoporlo ad un controllo preventivo di costituzionalità con la richiesta del 4 gennaio 2023.
La Corte si è allora pronunciata con la sentenza n. 5/2023 del 30 gennaio 2023, dichiarando incostituzionale il decreto n. 23/XV nella parte in cui, all’art. 2, lett. f), il legislatore dà una definizione di sofrimento de grande intensidad troppo vaga e che comporta difficoltà applicative.
Anche questa volta, dopo aver ricevuto il decreto per la promulgazione come legge, il Presidente ha posto il veto ma per motivi politici. Di fronte al blocco della quarta iniziativa, dunque, i deputati della maggioranza che hanno permesso l’approvazione di questo decreto si sono avvalsi della prerogativa prevista dall’art. 136 par. 2 della CRP procedendo nuovamente alla conferma del decreto n. 43/XV e non lasciando altra scelta al Presidente che la promulgazione. Il decreto è stato dunque convertito in legge dando origine alla L. n. 22/2023 del 25 maggio 2023.
Si precisa, inoltre, che l’eutanasia è sussidiaria al suicidio medicalmente assistito ovvero la stessa potrà essere compiuta solo quando il suicidio medicalmente assistito è impossibile da compiere per le condizioni fisiche del paziente.
Art. 134 (“Omicidio su richiesta della vittima”): «1. Chiunque uccide un’altra persona determinato da una richiesta grave, immediata ed espressa che questa gli ha rivolto, è punito con la reclusione fino a 3 anni. 2. Il tentativo è punibile. 3. La condotta non è punibile quando posta in essere nel rispetto delle condizioni stabilite dalla Legge n. 22/2023».
Art. 135 (“Incitamento o aiuto al suicidio”): «1. Chiunque istiga un'altra persona al suicidio, o presta aiuto a tal fine, è punito con la reclusione fino a 3 anni, se il suicidio è effettivamente tentato o compiuto. 2. Se la persona che viene istigata o aiutata ha meno di 16 anni o ha, per qualsiasi motivo, la sua capacità di valutazione o di determinazione sensibilmente diminuita, l'agente è punito con la reclusione da 1 a 5 anni. 3. La condotta non è punibile quando posta in essere nel rispetto delle condizioni stabilite dalla Legge n. 22/2023».
Art. 139 (“Propaganda suicida”): «1. Chiunque, in qualsiasi modo, pubblicizza o pubblicizza un prodotto, oggetto o metodo indicato come mezzo idoneo a provocare la morte, con modalità idonee a provocare il suicidio, è punito con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a 240 giorni. 2. Non è punito il medico o l'infermiere che, senza incitamento o pubblicità, si limita a fornire informazioni, su espressa richiesta di un'altra persona, sul suicidio medicalmente assistito, ai sensi del comma 3 dell'articolo 135.»
Nell’ordinamento britannico l’incoraggiamento o l’aiuto al suicidio (assisted suicide) è un reato punibile con una pena detentiva massima di 14 anni. Tuttavia, il Director of Public Prosecutions ha la facoltà di decidere se procedere o meno in sede penale nei singoli casi.
La donna, affetta da una malattia neurodegenerativa, aveva chiesto alla House of Lords (all’epoca la massima corte britannica), il controllo giurisdizionale del rifiuto del Director of Public Prosecutions di impegnarsi a non perseguire penalmente il marito, qualora l’avesse accompagnata a suicidarsi all’estero.
R (on the application of Pretty) v. Director of Public Prosecutions [2002], 1 AC 800, del 29 novembre 2001. La House of Lords respinge la richiesta della ricorrente, sostenendo la ragionevolezza del Suicide Act, pur ritenendo opportuno che il DPP fornisse delle linee guida su come avrebbe esercitato la sua discrezionalità in merito al perseguimento di questi reati.
Corte EDU, ric. n. 2346/2002 del 29 aprile 2002, Pretty c. Regno Unito. La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha respinto il ricorso, ritenendo che la legge inglese (Suicide Act, 1961) sia legittima e proporzionata: in particolare, non si può desumere dal diritto alla vita un diritto alla morte, né ammettere l’obbligazione positiva per lo Stato di garantire gli atti che mirano ad interrompere la vita.
Purdy v. Director of Public Prosecutions [2009] UKHL 45, del 30 luglio 2009. Debbie Purdy, affetta da sclerosi multipla, desiderava porre fine alla propria vita con l'aiuto del marito, ma senza che quest'ultimo fosse perseguito legalmente. A differenza di Diane Pretty, non cercò l'immunità per il marito, ma chiese che il Director of Public Prosecutor (DPP) adottasse delle linee guida chiare che stabilissero in quali casi sarebbe stata giustificata un'azione penale per aiuto al suicidio, ai sensi della Sezione 2(1) del Suicide Act del 1961. La House of Lords, accogliendo il ricorso, stabilì infatti che il rifiuto del Director of Public Prosecutions di pubblicare le linee guida sulla perseguibilità del reato costituivano una violazione dell’art. 8 Cedu. Secondo la House of Lords, infatti, le disposizioni del prosecutorial code non erano abbastanza precise e accessibili da permettere agli individui di comprendere se un loro eventuale aiuto ad una persona nelle fasi finali dell’esistenza costituisse reato oppure no. Alla sentenza Purdy ha fatto seguito, nel 2010, la pubblicazione delle linee guida del DPP sull’assistenza al suicidio.
L’eutanasia e il suicidio assistito sono stati legalizzati da una Legge del 18 marzo 2021.
In Svizzera non c’è una legge specifica che consente il suicidio assistito.
L’art. 114 del Codice penale punisce l’omicidio su richiesta della vittima, quindi la cd. l’eutanasia attiva è vietata, anche se praticata per motivi onorevoli, come la compassione per la condizione del paziente.
L’art. 115, invece, punisce l’assistenza al suicidio ma solo se commessa per motivi egoistici (ad es., per motivi economici), dunque se non sorretta da motivi egoistici l’assistenza al suicidio è consentita dal 1942.
È consentito, dunque, ai medici fornire a chi lo desideri i farmaci letali per porre fine alla propria esistenza, senza tuttavia poterglieli somministrare direttamente: è il paziente a dover assumere autonomamente il farmaco senza alcun aiuto.
Art. 7 (Dignità umana): «La dignità umana deve essere rispettata e protetta»
Art. 10 (Diritto alla vita e alla libertà personale): «Ogni persona ha diritto alla vita. La pena di morte è proibita.
Ogni persona ha il diritto alla libertà personale e in particolare all’integrità fisica e mentale e alla libertà di movimento.
[...]»
Art. 13 (Diritto alla libertà privata): «Ogni persona ha diritto alla privacy nella sua vita privata e familiare e in casa sua e in relazione alle sue mail e telecomunicazioni».
Art. 114 (“Omicidio su richiesta della vittima”): «Chiunque per motivi lodevoli, e in particolare mosso da compassione per la vittima, cagiona la morte di una persona su sua richiesta sincera e insistente, è punito con una pena detentiva sino a tre anni o con una pena pecuniaria».
Art. 115 (“Istigazione e assistenza al suicidio”): «Chiunque per motivi egoistici incita o aiuta un altro al suicidio o tenta il suicidio, è punito con una pena detentiva sino a cinque anni o con una pena pecuniaria, se successivamente questi si suicida o tenta di suicidarsi».
In Ungheria non è consentita né l’eutanasia né l’assistenza al suicidio, ma è possibile rifiutare le cure. Attualmente è pendente dinnanzi alla Corte EDU un caso sul fine vita che vede coinvolta l’Ungheria.
Sezione 162 dell’Act C del 2012 (“Aiuto e istigazione al suicidio”): «(1) Chiunque persuade un altro a suicidarsi o fornisce aiuto al suicidio è colpevole di un crimine punito con la reclusione da uno a cinque anni, se il suicidio è tentato o commesso. (2) Qualsiasi persona di età superiore ai diciotto anni che persuade un'altra persona di età inferiore ai diciotto anni a farlo suicidarsi o prestare aiuto al suicidio è punito con la reclusione da due a otto anni, se il suicidio è tentato o commesso».