Documento di sintesi del gruppo di lavoro in materia di aiuto medico a morire.
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Online first: 11 settembre 2019
Presentazione del documento
1. Il 24 ottobre 2018, la Corte costituzionale ha riconosciuto come il divieto assoluto di aiuto al suicidio, previsto all’art. 580 del codice penale, presenti alcuni profili di illegittimità. Da un lato, la disposizione è «funzionale alla protezione di interessi meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento» (p. 6), come il bene della vita e la protezione delle persone più deboli e vulnerabili. Dall’altro, in presenza di situazioni specifiche come quelle in cui versava DJ Fabo, l’aiuto a morire «può presentarsi al malato come l’unica via d’uscita per sottrarsi, nel rispetto del proprio concetto di dignità della persona, a un mantenimento artificiale in vita non più voluto e che egli ha il diritto di rifiutare» (p. 8). La Corte in particolare, indica quattro condizioni concrete in presenza delle quali il divieto assoluto di aiuto a morire pone problemi di incostituzionalità. Si tratta dei casi in cui la persona sia «(a) affetta da una patologia irreversibile e (b) fonte di sofferenze fisiche o psicologiche, che trova assolutamente intollerabili, la quale sia (c) tenuta in vita a mezzo di trattamenti di sostegno vitale, ma resti (d) capace di prendere decisioni libere e consapevoli». Di fronte a tale situazione, il divieto assoluto di aiuto al suicidio «costringe il paziente a subire un processo più lento, in ipotesi meno corrispondente alla propria visione della dignità nel morire e più carico di sofferenze per le persone che gli sono care» (p. 8).
2. Consapevole della portata complessiva delle proprie considerazioni e dei valori in gioco, la Corte ha, tuttavia, deciso di non dichiarare subito l’incostituzionalità dell’art. 580 cp., ma di rinviare la trattazione delle questioni di legittimità costituzionale all’udienza del 24 settembre 2019. In questo modo, i giudici hanno invitato il Parlamento, in una logica di leale e dialettica collaborazione, a intervenire su una materia posta all’incrocio «di valori di primario rilievo, il cui compiuto bilanciamento presuppone, in via diretta ed immediata, scelte che anzitutto il legislatore è abilitato a compiere» (p. 11). Com’è noto, il Parlamento non ha adottato alcuna disciplina dell’aiuto al suicidio; la Corte si ritroverà, quindi, all’udienza del 24 settembre a decidere come intervenire su una normativa già espressamente riconosciuta «non conforme a Costituzione» (p. 11).
3. A fronte di tale situazione, e nel solco di quanto sostenuto dalla Corte, nel dicembre del 2018, gli autori di questo documento, accademici e professionisti esperti di tali tematiche, hanno deciso di avviare un percorso di riflessione sulle principali questioni giuridiche del fine-vita. Partendo dall’ordinanza ma non limitandosi ad essa, il gruppo di lavoro si è riunito con cadenza mensile presso l’Università degli Studi di Trento, con il sostegno del progetto Jean Monnet BioTell, affrontando e approfondendo i numerosi snodi dell’ordinanza della Corte costituzionale e dell’eventuale intervento delle Camere. I risultati di tali riflessioni sono stati quindi raccolti ed elaborati, insieme ad alcune proposte operative, nel documento, che offre una lettura costituzionalmente orientata e scientificamente fondata delle problematiche che si pongono nelle fasi finali dell’esistenza. Si è voluto così dare un contributo al dibattito pubblico auspicato dalla Corte; dibattito che, accompagnando le scelte che verranno fatte nelle diverse sedi istituzionali coinvolte, dovrà essere quanto più consapevole e plurale possibile.
Il testo completo del documento è disponibile nel box download.
Il documento è stato pubblicato anche sulla Rivista Recenti Progressi in Medicina 2019;110(10):462-472 .
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