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Tribunale di Siena – ordinanza del 27 giugno 2024: PMA, revocabilità del consenso del padre non adeguatamente informato
27 giugno 2024

Il Tribunale di Siena ha riconosciuto che il padre possa revocare il consenso alla procreazione medicalmente assistita precedentemente prestato, qualora non sia stato adeguatamente informato in merito alla possibilità che possa intercorrere un notevole lasso di tempo tra la fecondazione dell’ovulo e il suo impianto.

Numero
504
Anno
2024

La vicenda

Nel 2016 una coppia si sottopose a procreazione medicalmente assistita presso la una clinica dove, in attesa del successivo impianto, venivano crioconservati gli embrioni prodotti.

L'impianto non è, però, mai stato eseguito, a causa del divorzio dei due coniugi nel 2018 e dei loro infruttuosi tentativi di donare gli embrioni.

Nel 2023, la ricorrente comunicava alla clinica la propria volontà di procedere all’impianto degli embrioni alla quale si opponeva, con diffida, l’ex coniuge.

La donna adiva allora il Tribunale di Siena chiedendo, con ricorso d’urgenza, di ordinare alla clinica l’impianto degli embrioni.

Rispetto ai presupposti di legge necessari per l’emanazione del provvedimento, la ricorrente riteneva sussistente il periculum in mora in quanto le tempistiche necessarie alla definizione di un giudizio mediante procedimento ordinario avrebbero diminuito le possibilità di successo del transfer e il fumus bonis iuris, giacché il consenso prestato all’impianto è irrevocabile dopo la fecondazione degli embrioni, anche qualora sia venuto meno il progetto familiare che ne faceva da sfondo e la volontà dell’uomo di divenire padre. 

 La decisione

La giudice di merito ha rilevato che nel lungo periodo di tempo intercorso tra la fecondazione degli embrioni e la richiesta di impianto degli stessi la ricorrente, insieme all'ex coniuge, ha posto in essere comportamenti contrari alla volontà di procedere all’impianto, cercando terzi disposti a ricevere la donazione, e non ha mai tentato di instaurare un giudizio mediante procedimento ordinario per tutelare il diritto vantato. Considerate queste circostanze, il Tribunale ritiene insussistente il periculum in mora, ossia un maggior rischio di insuccesso dell’impianto, in quanto quest’ultimo sarebbe l’eventuale conseguenza di una libera scelta della ricorrente che, nel considerevole arco temporale trascorso, ha agito in senso opposto rispetto a quanto richiesto al Tribunale.

La giudice poi osserva che non sia soddisfatto nemmeno il requisito del fumus bonis iuris, per il difetto di informazione che ha caratterizzato il consenso originariamente prestato dall'uomo, il quale, non è stato adeguatamente informato della possibilità che tra la fecondazione e l’impianto potesse trascorrere un intervallo di tempo così significativo, come risulta dal modulo da esso sottoscritto che non esplicita tale eventualità. 

E, ancorché l’art. 3, comma 6, l. 40/2004 statuisca l’irrevocabilità della volontà di entrambi i soggetti ad accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita dopo la fecondazione dell’ovulo, “il presupposto indefettibile affinché il consenso maschile all’impianto degli embrioni fecondati a seguito di PMA sia irrevocabile è la sua valida ed informata espressione, quale condizione necessaria per garantire una ragionevole tutela della libertà di autodeterminazione rispetto alla genitorialità anche dell’uomo” (ordinanza, pg. 4), come è stato riconosciuto dalla Corte costituzionale nella sentenza 161/2023. In questa pronuncia, infatti, la Corte, pur riconoscendo la conformità costituzionale del bilanciamento di interessi effettuato dal legislatore mediante la previsione della fecondazione come termine ultimo per la revocazione del consenso, sottolinea che “le informazioni che il medico è tenuto a fornire devono pertanto necessariamente investire tutte le conseguenze del vincolo derivante dal consenso espresso, quindi sia la possibilità che si verifichi uno iato temporale (anche significativo) tra fecondazione ed impianto, sia l’eventualità che questo avvenga quando, nelle more, sono venute meno le iniziali condizioni di accesso alla PMA” (par. 11.3).

Il ricorso viene quindi respinto.

Ulteriori pronunce relative allo stesso tema:
- Corte costituzionale sent. 161/2023
- Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ord. 27 gennaio 2021
- Tribunale di Bologna ord. 21 maggio 2014

A questo link il nostro Dossier sulla legge n. 40/2004.

Ilaria Zanotto
Pubblicato il: Giovedì, 27 Giugno 2024 - Ultima modifica: Giovedì, 09 Gennaio 2025
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