È stata pubblicata in data 21 settembre 2018 la relazione della Commissione sull’adeguamento degli Stati membri alla direttiva 2011/24/UE, concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera, introdotta al fine di agevolare l’accesso a un’assistenza sanitaria sicura e di qualità in un altro Stato membro. L’Italia ha recepito la direttiva con decreto legislativo n. 38 del 4 marzo 2014.
UE - Commissione UE: parere sul funzionamento della direttiva 2011/24/UE sull’assistenza sanitaria transfrontaliera
Anno 2018
Come primo punto, la Commissione nota come alcuni ordinamenti prevedano un rimborso dei costi di assistenza transfrontaliera (art. 7 direttiva) più esiguo rispetto alla copertura prevista se tale assistenza fosse stata prestata nello Stato membro di affiliazione. Poiché alcuni Stati non avrebbero espressamente notificato alla Commissione decisioni relative alla limitazione delle norme sul rimborso queste scelte interno potrebbe essere contestate, anche da eventuali future pronunce della Corte di giustizia.
AI sensi dell’art. 8 della direttiva, gli Stati membri possono subordinare il rimborso dei costi dell’assistenza sanitaria ricevuta in un altro Stato membro a un sistema di autorizzazione preventiva, se ritengono che questo sia necessario, ragionevole, proporzionato e non costituisca un mezzo di discriminazione arbitraria o un ostacolo ingiustificato alla libera circolazione dei pazienti. L’utilizzo di tali autorizzazioni è infatti giustificato da esigenze pratiche, qualora l’assistenza sanitaria comporti il ricovero per almeno una notte o richieda l’utilizzo di strutture mediche altamente specializzate.
Gli Stati hanno concordato tra loro le cure soggette a tale autorizzazione inserendole in appositi elenchi, alcuni dei quali sono stati considerati eccessivamente ampi ed inclusivi dalla Commissione, che ha auspicato maggiore trasparenza e tollerabilità.
La Commissione ha espresso perplessità sulle procedure amministrative previste per tali rimborsi in alcuni Stati, che richiedevano una traduzione certificata della documentazione medica o un certificato che attestasse che l’intervento transfrontaliero avrebbe soddisfatto determinati requisiti di sicurezza e qualità. Dopo alcune discussioni, la Commissione ha convenuto con gli Stati membri coinvolti di abolire tali condizioni poiché eccessivamente onerosi, non necessari o discriminatori. Sono preferibili sistemi di informazione preventiva in base ai quali il paziente viene a conoscenza dell’importo che gli sarà rimborsato.
La Commissione non ha constatato violazioni dell’art. 4, comma 3 ai sensi del quale gli Stati non possono stabilire onorari per l’assistenza sanitaria discriminatori tra pazienti di altri Stati membri e pazienti nazionali in una situazione clinica comparabile.
Nella seconda parte del rapporto, la Commissione procede a un’analisi quantitativa, in base ai dati raccolti dalle relazioni annuali compilate dagli Stati relativamente agli anni 2015, 2016, 2017.
La direttiva ha permesso stabili flussi transfrontalieri (prevalentemente in zone di prossimità geografica o culturale), sebbene in numeri poco ampi di casi e senza comportare maggiori oneri di bilancio a carico della sostenibilità dei sistemi sanitari (circa lo 0.004% del bilancio annuale per la sanità a livello dell’Unione).
Le richieste di mobilità soggette ad autorizzazione preventiva presentate nel 2017 sono quasi doppie rispetto alle richieste avanzate nel 2015; mentre il numero di richieste di mobilità non soggette ad autorizzazione preventiva è rimasto stabile ma relativamente basso (194 mila nel 2017). Nel primo caso, il flusso più consistente è stato quello preveniente dalla Francia verso la Spagna; nel secondo, dalla Francia verso la Germania.
Ulteriore oggetto di valutazione sono i siti web dei punti di contatto nazionali (PCN), nati per fornire a pazienti e cittadini informazioni sull’accesso all’assistenza sanitaria transfrontaliera all’interno dell’Unione Europea. Secondo la Commissione questi siti devono essere migliorati, con una raccolta di informazioni più chiara e dettagliata. In particolare, dovrebbero includere informazioni sull’accessibilità agli ospedali per le persone con disabilità ed evidenziare la differenza tra la direttiva in questione e i regolamenti sul coordinamento in materia di sicurezza sociale.
La Commissione riporta il contributo della rete di valutazione delle tecnologie sanitarie (rete HTA , Health Technology Assessment), che collega autorità nazionali e organismi responsabili di tali valutazioni e fornisce linee guida per la cooperazione tecnica e scientifica, anche attraverso la redazione di importanti documenti. Tale cooperazione è rappresentata dalle azioni congiunte EUnetHTA, inaugurate nel 2016 e che proseguiranno fino al 2020. Per quanto riguarda il periodo successivo a tale anno, la Commissione ha adottato il 31 gennaio 2018 una proposta legislativa di un regolamento per incentivare la cooperazione rendendo disponibili tecnologie sanitarie innovative e migliorare la prevedibilità dell’attività economica.
Entro il 2020, inoltre, 20 Stati membri dovrebbero avviare una prima serie di scambi volontari di fascicoli di pazienti e prescrizioni elettroniche tramite la piattaforma eHealth, mentre già dal novembre 2017 sono operative delle reti di riferimento europee (ERN) - a cui partecipano attualmente 165 gruppi – che facilitano il dialogo tra professionisti del settore per diagnosi e cure dei pazienti affetti da malattie rare che richiedono un’assistenza sanitaria altamente specializzata.
La Commissione infine rende noto che ancora molti Stati non hanno dato comunicazione di aver recepito la direttiva 2012/52/UE sul riconoscimento reciproco delle ricette mediche; e rinnova l’importanza di migliorare la collaborazione nelle regioni di confine, secondo quanto già espresso in una sua precedente comunicazione .
Il testo integrale del report è disponibile nel box download e a questo link .
A questo link è disponibile il report con i dati relativi al 2015; qui i dati relativi all’anno 2014.