La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha dichiarato che la Francia non ha violato l’art. 8 CEDU, dal momento che il divieto assoluto di fecondazione post mortem e il divieto di trasferimento transfrontaliero dei gameti del marito defunto sono scelte discrezionali del legislatore che non eccedono il libero apprezzamento riconosciuto agli Stati dalla Convenzione.
Corte Europea dei Diritti dell’Uomo - Baret e Caballero v. Francia: divieto di fecondazione post mortem e di trasferimento dei gameti e degli embrioni
14 settembre 2023
La decisione dei giudici di Strasburgo prende le mosse dai ricorsi presentati da due donne, le quali affermano che il divieto di fecondazione post mortem (art. L. 2141-2 del Codice della sanità pubblica) e il divieto di esportare gameti o embrioni all’estero ai fini vietati dalla legge francese (art. L. 2141-11-1 del Codice della sanità pubblica) sono in contrasto con l’art. 8 CEDU. La prima ricorrente si duole del fatto che antecedentemente alla morte del marito vi fosse un chiaro progetto genitoriale e ribadisce che la libera scelta di procedere alla fecondazione deve quindi prevalere sulle altre considerazioni (per es. il fatto che il nascituro sarà sprovvisto di uno dei genitori fin dalla nascita), mentre la seconda ricorrente lamenta l’impossibilità di trasferire gli embrioni, fecondati quando il marito era ancora in vita, in paesi che consentono la fecondazione post mortem.
Il Governo francese afferma che la ratio della norma che regola la PMA è di aiutare la fertilità della coppia, infatti l’accesso a queste procedure è subordinato al consenso di entrambe le parti della coppia stessa. La fecondazione post mortem sarebbe quindi contraria all’ordine pubblico, in quanto non compatibile con l’idea di famiglia propria dell’ordinamento francese, e poiché in contrasto con la tutela dei diritti e delle libertà altrui, nello specifico la libertà e dignità del marito defunto e gli interessi del nascituro, in particolare quello ad avere un padre. D’altro canto, le ricorrenti sostengono che tali obiezioni non possano sovrastare la volontà dei mariti defunti, che è espressa nell’ambito del progetto genitoriale a cui avevano acconsentito quando ancora erano in vita.
La Corte, in primo luogo, chiarisce che la decisione di diventare genitori, la scelta di ricorrere alla procreazione medicalmente assistita (PMA) e quella relativa alla sorte degli embrioni prodotti, sono tutte forme di autodeterminazione che rientrano nell’ambito della tutela della vita privata e familiare di cui all’art. 8 CEDU. Posto che vi è stata una ingerenza del potere pubblico nella vita privata e familiare delle ricorrenti, i giudici di Strasburgo sottolineano che, nel verificare se tale ingerenza sia o meno in contrasto con la Convenzione, è opportuno tenere in considerazione il fatto che questo tema solleva innumerevoli questioni etiche e morali, che non hanno consentito il formarsi di un consensus europeo omogeneo, e perciò i singoli Stati godono di un ampio margine di apprezzamento in materia.
Nel verificare se l’ingerenza è prevista dalla legge francese, ossia la certezza e prevedibilità nella sua applicazione pratica, la Corte conferma che nel caso di specie il divieto di fecondazione post mortem e di trasferimento dei gameti e degli embrioni sono previsti fin dal 1994 e non sono mutati nemmeno con la più recente novella della legge sulla bioetica del 2021. Inoltre, il giudice nazionale ha operato una interpretazione non arbitraria, avendo anche proceduto ad un controllo di compatibilità della disposizione nazionale con la Convenzione.
Richiamando la precedente giurisprudenza in materia (S.H. e altri v. Austria; Parrillo c. Italia), la Corte ricorda di aver statuito la legittimità della scelta del legislatore nazionale di vietare la fecondazione post mortem. Nel caso in esame, però, tale operazione non solo è vietata sul territorio nazionale, ma è impedito anche il trasferimento di gameti o embrioni verso uno stato diverso (nel caso in oggetto la Spagna), il quale riconosce legalmente il ricorso alla fecondazione post mortem.
Nel considerare il bilanciamento degli interessi in gioco, i giudici di Strasburgo ritengono le ragioni del Governo francese legittime. Posto che, nel caso di specie, l’esistenza di un piano genitoriale comune ai coniugi non è messa in discussione, la Corte nota che il divieto di trasferimento dei gameti e degli embrioni costituisce il corollario necessario del più ampio divieto di fecondazione post mortem, indispensabile per evitare le elusioni al divieto e lo svuotamento della provvisione stessa. La scelta discrezionale del legislatore nazionale, che ha come fine la “protection des droits et libertés d’autrui” e la “la protection de la morale”, appare coerente con il sistema normativo nazionale, e non eccede il margine di apprezzamento di cui lo Stato dispone alla luce della Convenzione.
Pertanto, i divieti posti dalla legge francese non sono in contrasto con l’art. 8 CEDU.
La Corte EDU mette comunque in rilievo l’intervenuta modifica del 2021 della legge francese sulla Bioetica, che estende l’accesso alla PMA alle coppie omosessuali (coppie di donne) e a donne non coniugate. Tale novità, infatti, potrebbe aprire il dibattito sulla tenuta delle argomentazioni del Governo francese circa il mantenimento dei divieti di cui si è fino a qui discusso.
Il testo completo della sentenza è disponibile nel box download.