La Grande Chambre della Corte Europea dei diritti dell’Uomo si è pronunciata in seconda istanza nel caso Paradiso e Campanelli v. Italia, ribaltando la decisione precedente ed escludendo (con una maggioranza di 11 a 6) la violazione dell’art. 8 Cedu da parte dell’Italia.
Corte Europea dei Diritti dell'Uomo - Paradiso e Campanelli c. Italia: maternità surrogata e art. 8 CEDU
24 gennaio 2017
I fatti che hanno originato il ricorso alla Corte di Strasburgo sono riportati nella scheda relativa alla sentenza di primo grado.
La Grande Camera, dopo aver riassunto le circostanze di fatto e diritto a fondamento della prima decisione, sottolinea la distinzione tra il ricorso in esame e le sentenze Mennesson e Labassee, nei quali era ugualmente stata invocata la violazione dell’art. 8 Cedu in relazione alla registrazione dei certificati di nascita di minori nati all’estero con ricorso alle tecniche di maternità surrogata: mentre in questi casi il tema centrale era rappresentato dal problema del riconoscimento della relazione genitoriale tra la coppia committente e i minori, in Paradiso e Campanelli, la violazione dell’art. 8 Cedu viene invocata in relazione alle misure adottate dalle autorità italiane per la tutela del miglior interesse del minore, allontanato dai ricorrenti e dato in affidamento ad un’altra famiglia.
La Corte si chiede, dunque, se l’articolo 8 possa trovare applicazione e, in caso affermativo, se le misure urgenti adottate dal Tribunale dei Minori (l’allontanamento del bambino) possano essere considerate una violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare dei ricorrenti.
Da un lato, la Corte (diversamente dalla decisione di primo grado) ritiene che l’articolo 8 non possa trovare applicazione quanto alla violazione del diritto al rispetto della vita familiare perché, in considerazione delle specifiche circostanze del caso (assenza di un legame biologico tra la coppia e il minore; la breve durata della relazione con il bambino e l’incertezza del quadro giuridico applicabile), non si può concludere che ci sia una de facto family life: «Having regard to the above factors, namely the absence of any biological tie between the child and the intended parents, the short duration of the relationship with the child and the uncertainty of the ties from a legal perspective, and in spite of the existence of a parental project and the quality of the emotional bonds, the Court considers that the conditions enabling it to conclude that there existed a de facto family life have not been met».
Dall’altro lato, invece, la Corte ritiene applicabile l’articolo 8 Cedu quanto alla violazione del diritto al rispetto della vita privata dei ricorrenti, dal momento che il perseguimento di un progetto familiare e genitoriale considerato “genuino” possono rientrare nell’ampia definizione di vita privata contemplata dalla Convenzione: «the Court notes that the applicants had a genuine intention to become parents, initially by attempts to conceive via in vitro fertilisation, then by applying for and obtaining formal approval to adopt, and, lastly, by turning to ova donation and the use of a surrogate mother. A major part of their lives was focused on realising their plan to become parents, in order to love and bring up a child. Accordingly, what is at issue is the right to respect for the applicants’ decision to become parents, and the applicants’ personal development through the role of parents that they wished to assume vis-à-vis the child».
A questo proposito, la Corte osserva che le misure adottate dalle autorità italiane nei confronti del minore e dei ricorrenti costituiscono un’interferenza nella vita privata di questi ultimi e si chiede, pertanto, se tale interferenza possa essere giustificata alla luce dei criteri previsti dal secondo comma dell’art. 8 Cedu. I giudici rilevano che le misure adottate dalle autorità italiane erano conformi alla legge e perseguivano uno scopo legittimo, individuato nella necessità di proteggere il minore.
Quanto al criterio della necessità in una società democratica, le questioni legate all’identità del minore e al suo diritto a conoscere le proprie origini non vengono in gioco nel caso di specie, poiché la posizione del minore non può essere fatta valere in giudizio dai ricorrenti, che agiscono solo in nome proprio. Il bilanciamento attiene, dunque, al possibile contrasto tra il rispetto della vita privata dei ricorrenti e i competing interests che le autorità statali si prefiggono di tutelare (in questo caso, la protezione del minore). In considerazione dell’illegittimità della condotta dei ricorrenti, la Corte, dopo un’approfondita valutazione di tutti gli elementi presi in considerazione dalle autorità italiane al momento della decisione di disporre l’allontanamento del minore dalla coppia, ritiene che il comportamento dello stato sia sostenuto da ragioni rilevanti e sufficienti e che soddisfi il principio di proporzionalità.
Viene pertanto esclusa la violazione del diritto al rispetto della vita privata dei ricorrenti: «The Court does not underestimate the impact which the immediate and irreversible separation from the child must have had on the applicants’ private life. While the Convention does not recognise a right to become a parent, the Court cannot ignore the emotional hardship suffered by those whose desire to become parents has not been or cannot be fulfilled. However, the public interests at stake weigh heavily in the balance, while comparatively less weight is to be attached to the applicants’ interest in their personal development by continuing their relationship with the child. Agreeing to let the child stay with the applicants, possibly with a view to becoming his adoptive parents, would have been tantamount to legalising the situation created by them in breach of important rules of Italian law. The Court accepts that the Italian courts, having assessed that the child would not suffer grave or irreparable harm from the separation, struck a fair balance between the different interests at stake, while remaining within the wide margin of appreciation available to them in the present case».
La sentenza, disponibile nel box download, è completata dalle concurring opinions dei giudici Raimondi, De Gaetano, Pinto de Albuquerque, Wojtyczek e Dedov e dalla joint dissenting opinion dei giudici Lazarova Trajkovska, Bianku, Laffranque, Lemmens e Grozev.