Il Governo ha presentato davanti alla Corte costituzionale un ricorso per la dichiarazione di incostituzionalità della legge regionale del Friuli Venezia Giulia, n. 4/2015, recante «Istituzione del registro regionale per le libere dichiarazioni anticipata di trattamento sanitario (DAT) e disposizioni per favorire la raccolta delle volontà di donazione degli organi e dei tessuti».
Corte costituzionale - ric. 55/2015: il Governo impugna la legge del Friuli Venezia Giulia sulle disposizioni anticipate di trattamento
26 maggio 2015
Con un ricorso presentato alla Corte costituzionale il 26 maggio 2015 (pubblicato in G.U. n.25 del 24-6-2015), il Governo ha impugnato la legge regionale del Friuli-Venezia Giulia n. 4 del 13 marzo 2015 «Istituzione del registro regionale per le libere dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario (DAT) e disposizioni per favorire la raccolta delle volontà di donazione degli organi e dei tessuti».
La legge garantisce ai residenti nel Friuli Venezia Giulia o a coloro che in essa abbiano eletto domicilio, la possibilità di annotare le DAT sulla propria carta regionale dei servizi nonché sulla tessera sanitaria personale.
Oggetto di tali disposizioni può essere la manifestazione di volontà «di essere o meno sottoposto a trattamenti sanitari in caso di malattia o lesione cerebrale che cagioni una perdita di coscienza e volontà definibile come permanente e irreversibile secondo i protocolli scientifici riconosciuti a livello internazionale» ed anche «in merito alla donazione post mortem di organi del proprio corpo o di tessuti», istituendo a tal fine un registro regionale.
È inoltre possibile «nominare uno o più fiduciari o un amministratore di sostegno ai sensi dell'articolo 408 del codice civile» che controllino il rispetto di quanto espresso nelle DAT .
Secondo il ricorso governativo, la legge invade la competenza statale sotto tre profili principali.
In primo luogo, si ritiene violata la competenza statale in materia dell’ordinamento civile (art. 117, co. 2, lett. l), in cui si ritiene rientrino le «dichiarazioni di volontà concernenti il consenso o dissenso dei cittadini rispetto a determinati trattamenti sanitari».
In secondo luogo, si ritiene violata la competenza statale in materia di salute (art. 117, co. 3), per quanto attiene ai principi fondamentali di tale materia, riservati anch’essi allo Stato. In particolare, si ritiene coinvolto il consenso informato che non tollera, nelle argomentazioni del Governo, una disciplina differenziata sul territorio nazionale. In tal senso si profila anche la rilevanza dell’art. 3 della Costituzione ed è richiamata la sentenza n. 438 del 2008, che ha definito il consenso informato come principio fondamentale.
Il medesimo principio risulterebbe inoltre poco garantito dalla disposizione regionale che prevede che il cittadino possa presentare alle ASL una dichiarazione anticipata di trattamento, «acquisita una compiuta informazione». Tale inciso, nelle argomentazioni del ricorso proposto alla Corte costituzionale, non garantirebbe appieno il rispetto del profilo dell’informazione.
In terzo luogo, si profila il mancato coordinamento con le norme in materia di reato di omicidio, omicidio del consenziente, istigazione o aiuto al suicidio. La materia dell'ordinamento penale (art. 117, co. 2, lett. l), infatti, viene in rilievo poiché le DAT «potrebbero incidere sul bene «vita» e potrebbero richiedere un comportamento «attivo» da parte dei medici chiamati a rispettarle». L’esempio proposto è l’atto di interruzione di idratazione ed alimentazione artificiali.
Profili simili (rilevanza della materia dell’ordinamento civile di competenza statale e necessario coordinamento con la disciplina nazionale in materia di trapianti) sono sollevati con riferimento alle dichiarazioni in tema di donazione degli organi o di tessuti.
Infine, implicando trattamento di dati «personali, comuni e sensibili» è ritenuto necessario l’intervento della legge statale poiché se esso inerisce «allo svolgimento delle funzioni istituzionali delle aziende per l'assistenza sanitaria)», una norme di rango statale deve individuare «le finalità di rilevante interesse pubblico alla base dello stesso, secondo quanto previsto dall'art. 20, comma 1, del Codice» in materia di protezione dei dati personali.
L’assenza di una disciplina statale sulleDAT, pertanto, secondo il Governo non consente di per sè l’intervento delle Regioni in questa materia, considerato che «anche l'inerzia del legislatore statale in ordine ad un determinato settore, può essere espressione di una precisa scelta, nel senso di non consentire determinati atti o rapporti».
Il testo del ricorso del Governo è disponibile nel box download.
Con la sentenza n. 262/2016 la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 4/2015 (Istituzione del registro regionale per le libere dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario (DAT) e disposizioni per favorire la raccolta delle volontà di donazione degli organi e dei tessuti) e della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 16/2015 (Integrazioni e modificazioni alla legge regionale 13 marzo 2015, n. 4).